Se il prodotto tecnologico è inutile

Lucenti e accattivanti, i prodotti tecnologici catturano la nostra attenzione, suscitando in noi il desiderio di possesso. Ma, insieme alle innovazioni che hanno rivoluzionato le nostre vite, ce ne sono altre che invece non solo non sono indispensabili, ma si rivelano ingombranti, appesantendoci. Quella tecnologia che dovrebbe migliorare la vita dell'uomo, riducendo il suo impatto sul pianeta, risulta invece «ridondante, complicata, diseducativa, inutile e addirittura dannosa». Parola del geologo, ambientalista e divulgatore scientifico Mario Tozzi, ricercatore presso il Consiglio nazionale delle ricerche, conduttore di programmi televisivi di successo e autore di numerosi saggi sul declino della terra a causa dell'inquinamento atmosferico. Il colpo di grazia al pianeta stremato potrebbe arrivare dall'eccesso di tecnologia che anziché risolvere i problemi gravi e urgenti, secondo Tozzi «ne introduce altri, spesso più insidiosi. La tecnologia moderna cronicizza quei problemi che una volta erano acuti e la sua apparente semplicità li nasconde rendendoli addirittura più difficili da diagnosticare». Autore de «L'era del Tecnobarocco» (Einaudi,192 pp.), gli abbiamo rivolto alcune domande sul tema, di sempre più viva attualità.
Mario Tozzi, perché «Tecnobarocco»?
«Amo la tecnologia basilare, semplice e che ci rende alta la vita, ma ho sempre maggiori difficoltà a riconoscerla nel mondo contemporaneo squassato da una tecnologia inutile, complessa e ad alto impatto ambientale. La tecnologia, al di là della sua utilità e dei suoi impatti, che diventano sempre più gravi, è un rischio per la terra, e il titolo del libro "Tecnobarocco", si riferisce proprio a questo eccesso di tecnologia che ormai è diventata di maniera, non più utile, non necessariamente solo utile e alla fine non indispensabile. Abbiamo già raggiunto nei decenni passati il livello tecnologico sufficiente per vivere tranquilli, comodi e in pace, ma non siamo mai contenti, anche se spingersi al di là di questo significa inoltrarci in campi in cui l'utilità delle nuove scoperte è dubbia e l'impatto ambientale è certo».
Quali le tecnologie inutili e quelle assolutamente indispensabili?
«Sono di più quelle inutili che quelle necessarie. Quelle indispensabili l'uomo le aveva già scoperte molto presto: il vino, l'olio e la birra, si fanno oggi come si facevano cinquemila anni fa. A parte il fatto che la macina è stata meccanizzata anziché essere trascinata dal somaro o spinta dagli uomini, si tratta sempre della stessa tecnologia. Così il telaio, è meccanizzato ma il principio è sempre lo stesso, la lama è una lama, il coltello è sempre lo stesso, un'ascia è un'ascia, un martello pure: il livello tecnologico basilare è immutato da secoli. Quello che è successo dopo è un'altra cosa, e la esemplifico nello sciacquone del WC giapponese. Quando si inventa un WC elettronico e quindi si cerca di modificare un meccanismo già perfetto (catenella, sciacquone, galleggiante) che andava benissimo, significa complicarsi l'esistenza per perfezionare un meccanismo che è già perfetto di suo».
Lei asserisce nel libro che la tecnologia moderna spesso è creata per rimediare a problemi che altra tecnologia ha creato in passato. Un esempio?
«L'esempio tipico è quello del petrolio che produce un sacco di danni quando viene sparso in mare. Il petrolio è un prodotto tecnologico dell'uomo, non esiste in natura in superficie e in quelle quantità: dobbiamo tirarlo fuori noi, ma poi, quando si sparge in mare, siamo costretti a inventarci dei solventi chimici per dissipare l'effetto dannoso degli idrocarburi. Ogni invenzione ha una controindicazione. Si inventa la lampadina elettrica per supplire alla mancanza di luce, però nelle lampadine con il filamento il 97% dell'energia finisce in calore, e solo il 3% in luce. Ha senso questo? Un'autovettura ci permette di muoverci più rapidamente che non con il carro trainato dai cavalli, ma non nelle città perché a causa del traffico la velocità media è la stessa delle carrozze del 1850. Tutto questo con un sistema che deve spostare duemila chilogrammi di plastica e di metallo per muovere ottanta chili di ciccia. Non so se è un sistema efficiente: dal punto di vista tecnologico non lo è. Però sembra che sia un gran successo».