Se la parrocchia rimane al verde

Parrocchie in crisi finanziaria: un tema diventato pressante con la fase più acuta della pandemia. Il progressivo ritorno dei fedeli nelle chiese sembra aver alleviato il problema, ma non per tutti. Ne avevamo parlato lo scorso luglio raccontando la situazione di Sonvico, con l’allora presidente del Consiglio parrocchiale Lorenzo Bignasca che non aveva nascosto la sua preoccupazione. «Riusciremo a pagare il parroco ancora questo mese, e forse anche il prossimo, poi non ce la faremo più» aveva scritto in una lettera a tutti i fuochi. Il rischio, nel frattempo, sembra essere stato scongiurato.
Francesco Fierli, divenuto presidente dopo che Bignasca ha dovuto lasciare la carica in seguito a un cambio di domicilio, è cauto ma fiducioso: «È vero, il lockdown aveva causato un calo delle donazioni. Sia quelle fatte in chiesa, sia quelle esterne. Come si usa dire: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. La situazione a un certo punto si era fatta delicata, ma grazie alla risposta della popolazione, delle istituzioni e di fondazioni amiche, e anche a una serie d’interventi da parte della Parrocchia, alcuni dei quali effettuati già dal consiglio precedente, ora siamo più tranquilli».
Non troppo tranquilli comunque, perché i recenti aumenti del costo dell’elettricità e del riscaldamento si stanno già facendo sentire. «Basti pensare che la nostra Parrocchia ha cinque chiese: sono edifici che comportano delle spese e che hanno bisogno di manutenzione».
A proposito di edifici, Fierli esclude per il momento di vendere alcune proprietà per sanare i conti. «Ci sono piuttosto progetti, come delle ristrutturazioni, che ci permetteranno di far rendere di più il nostro patrimonio immobiliare». Dovrebbe essere «salvo» anche il prevosto: «Non riesco a immaginare una Parrocchia senza un sacerdote» conclude il presidente.
Tanti lavori, poche risorse
Se Sonvico vede la luce, lo stesso non si può dire di altre realtà della regione. Commentando il nostro articolo di luglio, il presidente del Consiglio parrocchiale di Cademario Antonio Rezzonico aveva parlato di una situazione «analoga, se non peggiore» nel villaggio malcantonese.
«Le presenze alla messa vanno da un minimo di sei a un massimo di venti persone» raccontava Rezzonico, lasciando intendere che dalle donazioni non si può ricavare più di tanto. Un’entrata fissa è il contributo annuo del Comune, pari a 27 mila franchi, ma di analoga entità è la spesa per avere un prete. In più, la Parrocchia di Cademario sta restituendo un credito federale ottenuto per il restauro della Chiesa di Sant’Ambrogio, monumento d’importanza nazionale. Resta da saldare una decina di rate annue da 15 mila franchi l’una:un debito che il Consiglio parrocchiale ha chiesto invano a Berna di trasformare, vista la situazione, in un contributo a fondo perso. A quattro mesi di distanza, le cose non sono migliorate. «Anzi...» commenta sconsolato Rezzonico.
«La Chiesa parrocchiale di Santa Maria è in uno stato di degrado allucinante: serve un nuovo restauro dopo quello del 1965, fatto decisamente male; inoltre il sistema di riscaldamento non è più attuale e il tetto fa acqua. Dobbiamo ridare dignità a questo edificio, ma per farlo servono tanti soldi. Solo per sistemare il tetto saremmo sui 150 mila franchi. Come possiamo fare?».
Ben 248
La Diocesi conosce le difficoltà delle parrocchie e da tempo sta valutando due strumenti che potrebbero risolvere le situazioni più delicate: la perequazione e le aggregazioni. Circa tre anni fa, in un’intervista sulla complicata situazione finanziaria della Curia stessa, il vicario generale Nicola Zanini ci parlava di un sistema di solidarietà interparrocchiale che, da facoltativo, come è tuttora, potrebbe diventare obbligatorio. In parole povere: le parrocchie più abbienti potrebbero essere chiamate ad aiutare le meno fortunate. Ma tre anni dopo, a che punto siamo? «Alcune proposte per un meccanismo perequativo obbligatorio sono in discussione – fa sapere sempre monsignor Zanini – ma non si è ancora giunti all’elaborazione di una bozza definitiva che la nostra Commissione finanziaria dovrà poi sottoporre all’approvazione dell’Ordinario e dell’Assemblea diocesana dei Delegati». Anche perché «negli ultimi due anni la situazione è mutata più volte e rapidamente, e a questo si è aggiunto il cambio di legislatura con le elezioni parrocchiali dell’aprile 2021». Da notare che già oggi lo Statuto diocesano prevede un fondo di «compensazione finanziaria interparrocchiale» alimentato da contributi delle parrocchie, a cui quelle più bisognose possono chiedere di attingere per sostenere «investimenti e servizi essenziali». Come detto, però, i versamenti non sono obbligatori. Non ancora. Renderli tali, tuttavia, potrebbe non bastare.
«Affinché un tale strumento possa raggiungere in modo più efficace il suo scopo – continua il vicario generale – dev’essere integrato con alcune misure supplementari legate a una migliore e più attuale ripartizione territoriale delle parrocchie, che sono ancora ben 248». Un argomento che ci porta dritto al secondo tema citato in apertura: quello delle fusioni, anch’esso sul tavolo della Curia. A che punto siamo? «Nel 2021 è stato portato a termine il processo aggregativo tra le parrocchie di Agra e Gentilino-Montagnola con il coinvolgimento positivo e propositivo delle rispettive comunità e dei due esecutivi parrocchiali: un esperimento di successo che fa ben sperare per il futuro. L’auspicio è che nasca una più ampia consapevolezza a questo riguardo e che si uniscano le forze laddove si denota un’endemica mancanza di personale, di risorse finanziarie o di interesse». Don Zanini sa che in certi casi non sarà un discorso facile da portare avanti. Come in certi Comuni, del resto. «Le aggregazioni fra parrocchie – conclude il vicario generale – hanno anche il vantaggio di garantire la trasparenza e le forme partecipative previste dalla Legge sulla Chiesa cattolica. A questo riguardo vi sono già alcune interessanti e concrete proposte che meritano di essere presto sviluppate».