Investimenti

Se le obbligazioni fanno concorrenza alle azioni

L’inasprimento della politica monetaria ha fatto salire i rendimenti dei bond, rendendoli più attrattivi – Da febbraio i corsi hanno perso il 20% e ora c’è spazio per un recupero – Kever: «Occorre tenere d’occhio anche l’inflazione»
© CdT/Gabriele Putzu
Roberto Giannetti
09.12.2022 20:35

«TINA». Questo è stato il mantra che è circolato per anni nel settore degli investimenti finanziari. L’acronimo sta per la frase inglese «There is no alternative», ossia, non si sono alternative. Chiaramente, ci si riferiva agli investimenti nelle azioni. Infatti praticamente la «costellazione» finanziaria non permetteva molte altre scelte: le obbligazioni avevano un rendimento negativo, e l’oro era praticamente fermo al palo. Tutto questo, chiaramente, era il risultato delle politiche ultraespansive delle banche centrali, che con la «stampa» di moneta avevano inondato i mercati finanziari, facendo scendere ai minimi i rendimenti obbligazionari e spingendo invece i corsi delle azioni. In Svizzera per esempio era dall’inizio del 2015, quando la Banca Nazionale Svizzera aveva abbandonato la soglia di cambio di 1,20 con l’euro, che le obbligazioni con scadenze inferiori ai 10 anni in franchi svizzeri emesse dalla Confederazione non offrivano più un rendimento positivo.

E in Svizzera e a livello internazionale oggi la situazione è cambiata e il «principio TINA» non vale più. Così le obbligazioni sono ridiventate interessanti. Anche perché il punto di entrata è abbastanza favorevole, visto che i corsi dei bond in media hanno perso il 20% da inizioanno.

Ma come considerare l’investimento in azioni? Oggi è veramente così interessante? Ne abbiamo parlato con Sascha Kever, gestore patrimoniale di PKB. «Effettivamente - spiega - i rendimenti obbligazionari sono tornati in positivo, come mostra il livello in area 1% che si ottiene attualmente in Svizzera sulle emissioni con scadenza fra 5 e 10 anni. Indubbiamente il ritorno dell’inflazione, a lungo sottovalutata dalle banche centrali, ha avuto un effetto dirompente sul mercato obbligazionario, confrontato ad una serie di rialzi dei tassi. Ciò ha logicamente portato ad un chiaro rialzo delle curve dei rendimenti che oggi offrono un valore positivo praticamente ovunque».

Maggiore incentivo

Questo si traduce, per chi investe sul mercato in franchi svizzeri, in una reale opportunità? «I rendimenti attesi più alti e positivi - risponde - sono sicuramente un maggiore incentivo all’investimento obbligazionario, anche se al momento, alla luce dell’inflazione ancora superiore al 3%, il rendimento reale rimane negativo».

Ma, cosa succederà ai rendimenti? Continueranno a salire, spinti dalla Banca nazionale svizzera e dall’inflazione? «Solitamente - sottolinea - le decisioni delle banche centrali incidono sulla parte a breve della curva dei rendimenti, mentre la parte a lungo (ossia il decennale) è maggiormente guidata dalle aspettative sull’inflazione. Per chi investe su scadenze medie e lunghe è più indicato prestare attenzione all’andamento dei prezzi che non necessariamente alla banca centrale. In merito all’inflazione credo che, seppur non si possano escludere dei numeri momentaneamente più alti anche in Svizzera, se le tensioni presenti nei Paesi limitrofi non si placherà, dal 2024 torneremo entro l’obiettivo della BNS (ossia 2%). Per quanto attiene invece i tassi della BNS, settimana prossima conosceremo la sua decisione; penso avremo un ulteriore rialzo di 50 punti base che sarà seguito da uno o due ulteriori rialzi di 25 punti base nel primo semestre del 2023».

Ora è meglio scegliere obbligazioni emesse dalla Confederazione o piuttosto emissioni di singole società? «Questo dipende - commenta - innanzitutto dalla propensione al rischio di ogni singolo investitore. Pertanto non si può dare una risposta definitiva. L’esperienza insegna che un’adeguata diversificazione fra le due soluzioni è un buon compromesso. Pensando che il 2023 possa offrire spazio ad una recessione in alcune parti del mondo (anche se non in Svizzera) è possibile che le obbligazioni societarie possano avere maggiori momenti di volatilità se paragonate a quelle emesse dalla Confederazione, oscillazioni delle quali gli investitori devono essere consapevoli e in grado di tollerare».

Meglio i bond statali

«Di principio - conclude Sascha Kever - favorirei le obbligazioni governative per le scadenze più lunghe e quelle societarie di buona qualità per le scadenze medie; questo per il logico fatto che è più difficile prevedere l’evoluzione della situazione finanziaria –e dunque della capacità di onorare i propri impegni - di singole società che di uno Stato solido come la Svizzera nel lungo periodo».