Storia

«Se l'Unione Europea è nata è stato grazie al Patto di Locarno del 1925»

Cento anni dopo gli Accordi, Locarno celebra lo «spirito europeo» nato sulle rive del Lago Maggiore - Lo storico Francesco Mismirigo: «Furono brindisi e passeggiate a trasformare la diplomazia in pace»
©Locarno Città della Pace 2025
21.09.2025 16:00

Un secolo dopo, Locarno torna al centro d’Europa. Non per un nuovo trattato diplomatico, ma per il centenario di quell’accordo che, nell’ottobre 1925, trasformò la città sul Lago Maggiore in un nome conosciuto in tutto il mondo come simbolo di riconciliazione. Oggi, la Locarno Città della Pace è un progetto che intreccia memoria e attualità: un percorso in undici tappe tra Locarno, Ascona, Minusio, Orselina e Muralto, installazioni multimediali, mostre e conferenze che riportano nei luoghi reali i dialoghi e le prospettive di allora.

Il clima internazionale non potrebbe rendere più urgente questo anniversario. L’Europa di oggi sembra fragile quanto quella di allora. Cento anni fa, in una città del Canton Ticino, la diplomazia trovò un linguaggio nuovo. Per comprendere da dove nasce lo «spirito di Locarno» e perché ancora ci riguarda, ci affidiamo alle parole dello storico e giornalista Francesco Mismirigo, che ha ricostruito quei giorni.

«Mercoledì 7 ottobre 1925 era una giornata d’autunno limpidissima. Il clima e il paesaggio del Locarnese ispiravano i delegati, dando loro un senso di pace. In questo contesto Briand decise di proporre al cancelliere tedesco Hans Luther di salire su una limousine per recarsi en cachette ad Ascona. Sedettero sotto la pergola dell’Albergo Elvezia sulla piazza del villaggio, in riva al lago».

Per lo storico, non fu un dettaglio pittoresco ma il cuore stesso della diplomazia: «L’atmosfera rilassata, attorno a un tavolo e senza collaboratori, portò i due statisti ad avere discussioni molto informali sui loro Paesi, sui loro destini, sulla Grande Guerra, sui rapporti internazionali e sul futuro del Vecchio continente. Alla fine dell’incontro si chiamarono mio caro amico».

Tra le rievocazioni di oggi torna in primo piano ciò che rese possibile lo «spirito di Locarno»: non solo le sedute ufficiali, ma i gesti simbolici che seppero cambiare il clima tra i delegati. Lo ricorda Mismirigo. «Un’altra conversazione rimasta famosa fu quella del 10 ottobre. Quel giorno, per il compleanno di Madame Chamberlain, moglie del capo della delegazione inglese, i signori decisero di organizzare una gita sul Lago Maggiore con un battello che si chiamava Fiori d’arancio. Tout un symbole! Durante l’escursione, in uno scenario incantevole, Briand si mise a convincere anche Gustav Stresemann. E prima di sbarcare a Locarno i politici delle tre potenze europee brindarono alla Pace, alla riconciliazione dei popoli e all’Europa unita».

E non furono solo i brindisi. Anche una semplice camminata lungo il lago ebbe un valore politico. «Uno di questi incontri si svolse a Rivapiana il 13 ottobre. Briand e Stresemann si incamminarono in compagnia dei loro interpreti lungo la riva di Muralto, verso quella torre che vedevano lontana. Pochi pescatori intenti a ritirare le reti li osservavano con indifferenza. Solo il sibilo del treno a vapore rompeva il dolce suono delle onde. Una passeggiata che permise ai due futuri Premi Nobel per la Pace di capirsi ancora meglio e di sciogliere così le tensioni».

Fu quello il momento in cui la diplomazia si trasformò in entusiasmo popolare. Come riporta Mismirigo. «In breve tempo i punti di vista si avvicinarono tanto fra i delegati che, pochi giorni dopo, il 16 ottobre 1925, con l’adesione di italiani, belgi, polacchi e cecoslovacchi, si poté giungere alla firma degli Accordi di Locarno. Quel pomeriggio una folla di cittadini, locarnesi e non, si appostò in Via delle Palme, davanti al Pretorio, in attesa dell’annuncio della firma. Poi la folla si spostò in Piazza Grande dove il sindaco di Locarno Giovan Battista Rusca, accompagnato da Briand, diede l’annuncio ufficiale. E dalla piazza salì un boato liberatorio di applausi e di abbracci pieni di speranza».

E quella sera la città cambiò volto. Ancora lo storico: «Quella notte la città fece festa fino all’alba. Un vortice di benessere, di sogni e di speranze avvolse Locarno e i suoi abitanti come poi non successe mai più. Mentre ovunque ci si scatenava a ritmo di charleston, Locarno entrava finalmente nel Ventesimo secolo e nella modernità. Il suo nome fece il giro del mondo come sinonimo di Pace, Peace, Frieden, Paix».

L’energia di quei giorni era reale, ma non immune dalla fragilità della Storia. Come racconta il giornalista «Tutti ballano su un vulcano. Pura illusione. Ma che faceva bene».

Ma nelle sue parole c’è anche l’altro lato della medaglia, quello che oggi il centenario vuole ricordare: «A Locarno è l’avventura europea che inizia. L’idea di una integrazione economica europea portò alla conclusione, nel 1926, di un accordo volto a creare una intesa internazionale dell’acciaio fra produttori francesi, tedeschi, belgi e lussemburghesi. Una CECA ante tempo. Una federazione fondata sull’unione e non sull’unità, abbastanza flessibile per rispettare l’indipendenza di ogni Stato pur garantendo una solidarietà collettiva».

Nel 2025 Locarno rilancia quello spirito con progetti che parlano al presente: il Percorso della Pace, l’installazione al PalaCinema sull’attivismo pacifista tra XX e XXI secolo, le attività didattiche con le scuole. Non una semplice commemorazione, ma un laboratorio che interroga il futuro.

Ed è Briand, nelle parole riportate da Mismirigo, a ricordarci quanto quell’eredità resti attuale: «Nous tous, bons Anglais, bons Allemands, bon Français, il nous faut tout d’abord être des bon Européens. Et apprendre à parler cette langue nouvelle. C’est maintenant que les États-Unis d’Europe commencent».

Il Patto di Locarno non salvò l’Europa, ma cambiò il modo di pensare la politica internazionale. È questo il lascito che, nel 2025, il centenario rinnova: ricordarci che un trattato vale quanto la fiducia che lo sostiene, che lo trasforma in storia viva. Un secolo dopo, quella lezione continua a chiedere ascolto.

Perché — come ben ricorda lo storico — «a Locarno è l’avventura europea che inizia». E quell’avventura, fragile e incompiuta, ci riguarda ancora tutti.