«Se passi sotto l’arco la sfortuna ti seguirà»

Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere del Ticino del 10 marzo 2017 e a abbiamo deciso di riproporvelo in forma integrale.Provate a fermarvi nei pressi dell’entrata Est del Maghetti, quella che dà su corso Pestalozzi, osservate i passanti per qualche minuto e noterete qualcosa di insolito. In pochi, quantomeno tra i luganesi dai trent’anni in su, osano camminare sotto l’arco in pietra che delimita l’accesso del quartiere, preferendo schivarlo all’ultimo con una mossa repentina. Il motivo? Porta una sfortuna immane.



La credenza risale alla fine degli anni Ottanta quando tra gli studenti liceali che si recavano alle lezioni aveva cominciato a diffondersi la convinzione che, passando sotto l’arco, la giornata si sarebbe tinta di nero, che un esame sarebbe andato storto o che qualcosa di brutto e inaspettato sarebbe accaduto. Col tempo quello che di fatto era partito come un atto scaramantico, assimilabile al passare sotto una scala, è diventato un’abitudine e ancora oggi coloro che nel frattempo sono divenuti professionisti affermati o donne in carriera preferiscono evitare l’arco della sventura. Un arco in cui si annida solo una delle tante leggende metropolitane che punteggiano la geografia cittadina e che – senza particolari pretese di esaustività storica – abbiamo raccolto in questo approfondimento.

ABBIAMO FATTO UN RAPIDO TEST
L’ASTRONAVE DI MOLINO NUOVO

Uno dei luoghi più «misteriosi» di Lugano sembrerebbe essere la fontana di Molino Nuovo, che per la sua forma alcuni chiamano «il sombrero» . Tre le storielle che ci hanno affascinato. La prima sostiene che, se vista dall’alto, la fontana si rivelerebbe essere in realtà una gigantesca stella di Davide. Una sorta di grande monumento ebraico in città. Effettivamente osservando con un mappatore satellitare la forma del manufatto è proprio quella.


Nel quartiere si dice poi che la fontana – in particolare la zona delle toilette – è un ritrovo per fugaci rapporti sentimentali tra sconosciuti. Un luogo di adescamento, insomma. Ed in Internet, abbiamo trovato che non manca chi si dà appuntamento lì proponendo pratiche sessuali fuori dagli schemi.


Quel che più ci ha colpito riguarda però la leggenda secondo cui la fontana sarebbe in realtà un’astronave extraterrestre. Un UFO camuffato nel pieno centro di Lugano. Il giornalista Giorgio Passera, nel libro «Altre memorie» (Fontana Edizioni), ci ha addirittura scritto un racconto. Le prove? Nel testo si legge che l’iPod del protagonista si spegne (o subisce misteriose interferenze) ogni volta che passa di lì, e questo nonostante l’apparecchio sia stato più e più volte controllato da un tecnico. Elettromagnetismo? Emissioni di raggi cosmici? Abbiamo testato il fenomeno, ma i nostri iPod non ci hanno creato problemi. Forse però dipende dal modello e, in definitiva, non possiamo escludere che a Molino Nuovo sia effettivamente presente un UFO a forma di sombrero.

I FANTASMI DEL TASSINO
Un angolo di natura nel pieno della città. Viene così descritto su alcuni siti dedicati alle escursioni il sentiero che – sotto il parco del Tassino – conduce da Loreto a Besso. Il percorso fiancheggia un ruscello e si snoda all’ombra della vegetazione lungo la cosiddetta «valle del Tassino». Ma attenzione. Tra coloro che han passato l’infanzia in quei dintorni è ancora vivo il ricordo del monito lanciato dai più grandi.

Mai affrontare la via dopo l’imbrunire, quando le ombre si allungano e la fantasia prende il sopravvento. Il luogo era infatti stato funestato da un oscuro fatto di sangue che aveva vivamente colpito l’immaginario dei più. «Noi, ragazzi di Loreto e Casserina – scriveva sul CdT Alcide Bernasconi in uno dei suoi giri della Lüzina (27 settembre 2008) – scarpinando nei lontani anni Cinquanta dal Tassino verso la torretta Enderlin che ancora svetta, di rosa dipinta, in cima alla salita, evitavamo le ore del crepuscolo». Tra le vecchie cronache abbiamo scovato l’evento che diede forse forma ai fantasmi della «valle del Tassino». «La sera del 9 luglio 1926 – riferiva il Corriere del Ticino – la cittadinanza luganese era messa a rumore per una notizia diffusasi dopo le 23 (...). Alcune detonazioni e invocazioni di soccorso facevano accorrere la gente per la oscura strada della valle ove i primi intervenuti si trovarono davanti un 26.enne ferito a un braccio. Poco distante, tra gli arbusti, fu rinvenuto il cadavere di una giovinetta. Interrogato mentre veniva medicato, il ragazzo, sconvolto dal dolore, avrebbe raccontato che la vittima, con cui intratteneva un legame affettivo, lo avrebbe dapprima ferito con un colpo d’arma da fuoco per poi sparare a se stessa all’altezza del cuore. Una tesi, quella del suicidio, che non convinse gli inquirenti. E così, dopo ulteriori accertamenti e a un mese esatto dalla misteriosa morte, il nostro giornale anticipò la notizia dell’arresto del 26.enne. Messo sotto torchio, sostenne dapprima che il colpo era partito accidentalmente, per poi confessare. Il 26.enne (che sarebbe stato condannato a 11 anni di carcere) ammise così di aver ucciso la ragazza simulandone il suicidio e mettendole la pistola in mano dopo essersi ferito. Il movente? Le scenate di gelosia a cui l’amante lo sottoponeva.
UN VULCANO DORMIENTE

«Il San Salvatore è un vulcano spento». Alzi la mano chi non ha mai sentito questa storia. Molti luganesi sono ancora oggi convinti che la montagna sia una sorta di Stromboli ticinese («E un giorno potrebbe tornare a eruttare»). In realtà gli studi geologici dicono che non è vero, anche se la zona è stata interessata da un’eruzione vulcanica (ma circa 250 milioni di anni fa).
Il San Salvatore è anche teatro di un’altra leggenda, legata a un tesoro. E in effetti l’esistenza di una grotta con questo nome (il «tesuron», a circa 600 metri di quota) spiega come mai questa credenza si sia diffusa fino ai giorni nostri. Pare tra l’altro che nell’Ottocento due cacciatori di tesori persero la vita tentando di accaparrarsi il pregiato bottino. All’origine della credenza vi è una favola secondo cui due ragazzi poveri aiutarono una creatura che viveva nella grotta e che li ricompensò con dell’oro.
LA NAPOLI CITTADINA

Tra i ragazzi di Lugano (anni Sessanta-Settanta) quando si incontrava un personaggio dall’aria poco raccomandabile e trascurato nell’aspetto si usava bisbigliare «el vien dal Sassel», viene dal Sassello. Un modo di dire che trova radici in un passato non troppo remoto: abitato per lo più da famiglie di ceto popolare, il rione del Sassello venne raso al suolo nel 1939 per fare spazio a piazze, nuovi edifici e a una strada, la via Motta.


Soprannominato la «Piccola Napoli luganese», veniva descritto come «un covo di briganti e prostitute», un quartiere «scomodo» in una città che ambiva a diventare meta turistica. Oggi di quel groviglio di vicoli stretti, con modeste case addossate le une alle altre, non resta che il nome inciso su una targa di marmo. Il suo ricordo continua tuttavia a vivere nella mente dei più come dimostrato dal volume, curato dallo storico Carlo Agliati, intitolato «Sassello, il quartiere frainteso» (Edizioni del Cantonetto). Senza dimenticare infine il controverso nome con cui è stata battezzata la rinnovata funicolare che porta dalla stazione a piazza Cioccaro: «Sassellina».