Sergio Ermotti: «Sul capitale decide il Governo, ma noi restiamo contrari»

Sergio Ermotti, CEO di UBS Group, ha fatto il punto della situazione intervenendo a Zurigo a un evento organizzato in occasione dell’Assemblea generale della Camera di commercio italiana per la Svizzera (CCIS). Tra i capitoli toccati, quello della strategia di fondo del maggior gruppo bancario elvetico. «Possiamo dire di essere realmente globali e di essere molto diversificati - afferma Ermotti - e continuiamo a lavorare senza dubbio su questi due elementi di forza».
«La nostra leadership internazionale - aggiunge Ermotti - è chiara in particolare nel wealth management e intendiamo mantenere e ampliare questa leadership. Al tempo stesso vogliamo conservare la leadership come banca universale sul mercato svizzero. Abbiamo poi altre attività, tra le quali l’investment banking. Siamo un gruppo vasto e articolato, che ora sta portando avanti l’integrazione del Credit Suisse, una sfida non facile che possiamo affrontare e vincere, anche perché la lunga storia di UBS è fatta pure di molte acquisizioni e fusioni nel corso del tempo».
«Non è un negoziato»
Ermotti e il gruppo UBS stanno affrontando anche la partita complessa della volontà del Consiglio federale di inserire nuove norme che porterebbero a una imposizione di capitale aggiuntivo. «È il Governo che decide, non è un negoziato - dice a questo proposito il CEO di UBS Group -, noi possiamo solo ricevere ciò che viene stabilito. Vedremo il testo, lo analizzeremo. Quello delle nuove norme sarà in ogni caso un processo lungo. Confermo però che siamo molto preoccupati, sulla base di quello che è emerso sin qui. Le nuove regole di cui si parla possono mettere in difficoltà la nostra strategia, la nostra concorrenzialità».
Il Consiglio federale, sembra in sintonia con l’autorità di vigilanza Finma, pare voler tirar dritto verso nuove norme che imporrebbero al maggior gruppo bancario rossocrociato ulteriori mezzi propri fino a 25 miliardi, di dollari o di franchi a seconda delle versioni. UBS dal canto suo afferma di disporre già ampiamente del capitale necessario a coprire attività e rischi e indica come sbagliata la linea del Governo, che pubblicherà a inizio giugno il progetto per le nuove regole. Progetto, appunto, che poi dovrà avere una serie di altri passaggi. Secondo UBS, se applicato l’attuale progetto dell’Esecutivo non avrà vincitori in Svizzera, i vincitori saranno invece i concorrenti all’estero.
Tornando all’integrazione del Credit Suisse, caduto in crisi e acquisito da UBS nel 2023, la marcia prosegue. Si è trattato di un’operazione di emergenza e oggettivamente complicata (il CS era la seconda banca elvetica per dimensioni), che però sta andando avanti passo dopo passo come previsto. «Per quel che riguarda l’integrazione del Credit Suisse - afferma Ermotti - tutto quello che è nel nostro controllo sta andando bene». Per le strutture del gruppo l’integrazione UBS-CS sta portando cambiamenti su più versanti, compreso quello degli organici, che sono in via di alleggerimento. «La riduzione del numero degli addetti - dice Ermotti - riguarda le attività in tutto il mondo. Sono passaggi certo non facili, ma è importante sottolineare che in questo modo stiamo creando le basi per poter investire nel futuro».
Quanto alla piazza bancaria elvetica nel suo insieme, il top manager ticinese rileva sia il permanere di aspetti positivi sia l’esistenza di ritardi. «La Svizzera - spiega Ermotti - resta la piazza più importante nella gestione di capitali internazionali, però la concorrenza è molto cresciuta, basti pensare alle piazze asiatiche, che sono già salite e che saranno più grandi. Il futuro è da giocare, bisogna essere consapevoli del fatto che niente è scontato. La piazza finanziaria svizzera è arrivata ad alti livelli grazie al lavoro di generazioni e a valori condivisi da privati e Stato. Dobbiamo stare attenti, non dobbiamo perdere le nostre caratteristiche, non dobbiamo essere troppo simili ad altri. Qualche preoccupazione ce l’ho, anche se va detto che la piazza svizzera rimane importante».