Si ammala di tumore per il cellulare, condannato l'Inail

Un cancro al cervello per aver usato il telefono sul lavoro per 15 anni, almeno quattro 4 ore al giorno - L'istituto italiano dovrà corrispondergli un vitalizio da malattia professionale
Ats
20.04.2017 18:40

TORINO - Stare attaccati al cellulare per troppo tempo, e senza utilizzare precauzioni, provoca il tumore al cervello. O almeno questo è quello che è successo a Roberto Romeo, 57 anni, dipendente di una grande azienda italiana, a cui, nel 2010, è stato diagnosticato un neurinoma dell'acustico all'orecchio destro. Il danno oncologico è stato causato dalla prolungata esposizione lavorativa alle frequenze emesse dal telefonino: a stabilirlo è una sentenza di primo grado, del 30 marzo scorso, del Tribunale di Ivrea, che ha condannato l'Inail (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le malattie professionali) a corrispondergli una rendita vitalizia da malattia professionale.

Secondo quanto ricostruito nel ricorso, Romeo ha utilizzato per 15 anni, almeno quattro ore al giorno, quindi per oltre 12mila ore complessive, il cellulare: sempre senza auricolare, sempre all'orecchio destro. Questo gli ha causato gravi e irreversibili menomazioni.

"Un verdetto storico, destinato a fare riflettere", spiegano gli avvocati dell'uomo, Stefano Bertone e Renato Ambrosio, che, durante il procedimento, hanno presentato una consulenza tecnica. "Le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l'uomo", scrive il professor Angelo Levis nella memoria presentata al giudice, dove richiama le conclusioni di numerosi autori tra cui Lennart Hardell e la sua squadra di collaboratori del dipartimento di oncologia dell'Università di Orebro, in Svezia.

"I risultati delle indagini - continua Levis - non lasciano dubbi circa l'esistenza di un rapporto causa effetto tra l'esposizione abituale per lungo tempo ai cellulari e il rischio, almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità, di tumori alla testa". Ma in Italia, secondo Bertone e Ambrosio, il pericolo non viene considerato. "Al contrario", denuncia Levis nel documento, "i nostri specialisti continuano a sostenere l'innocuità delle radiazioni".

Per questo lo studio torinese "Ambrosio e Commodo" ha lanciato in rete il sito www.neurinomi.info: una raccolta di studi scientifici sull'argomento e un decalogo di cautele da utilizzare nell'uso del cellulare. Come non caricarlo vicino al letto, non fare telefonate troppo lunghe, utilizzare l'auricolare o il viva voce, non usare i telefonini negli ospedali e non lasciarli ai bambini.

Legislazioni cautelative sono state approvate in tutto il mondo: dall'America alla Russia, dall'Australia alla Corea, dal Canada al Regno Unito, dal Giappone al Tagikistan. E in India è addirittura vietato l'uso dei cellulari ai ragazzini sotto i 16 anni e la vendita a bimbi e donne incinte.

E proprio per sollecitare una campagna di sensibilizzazione e informazione sul tema, l'avvocato Ambrosio ha depositato alcuni anni fa un ricorso al Tar di Roma. "Non bisogna demonizzare i telefonini. Ma chiediamo che lo Stato italiano dia indicazioni sull'uso, proprio come accade per il fumo".

Su un caso simile a quello di Ivrea si pronunciò, nel 2009, la Corte d'Appello di Brescia, che accolse il ricorso dell'impiegato di una ditta colpito da un tumore per le quindicimila ore passate al telefonino sul lavoro. La sentenza dei giudici lombardi, che condannarono l'Inail a corrispondere una rendita per malattia professionale, venne confermata dalla Cassazione.

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