Sentenza

Sì, aveva un coltello ma non fu tentato omicidio

Caduto il principale capo d’imputazione a carico del cittadino srilankese coinvolto nel pestaggio di un anno fa nella Rotonda di piazza Castello a Locarno – La Corte delle Assise criminali lo ha condannato a 16 mesi di detenzione per rissa e all’obbligo di seguire un trattamento stazionario
© CdT/Chiara Zocchetti
Irene Solari
05.10.2023 18:46

«Sì, aveva il coltello. Sì, ha tirato almeno un fendente. Ma non è stato possibile definire con certezza a che distanza sia stato sferrato questo colpo e contro chi». È sostanzialmente con questa motivazione che il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte delle Assise criminali, ha prosciolto dal reato di tentato omicidio intenzionale (e da quelli subordinati di tentate lesioni gravi ripetute e ripetuta esposizione a pericolo della vita altrui) il 27.enne srilankese coinvolto nel pestaggio alla Rotonda di Locarno. L’uomo è stato riconosciuto unicamente colpevole di rissa e condannato a una pena detentiva di 16 mesi. La Corte ha anche ordinato un trattamento stazionario nei confronti del 27.enne srilankese, necessario per curare il disturbo psichico da cui è affetto e la sua dipendenza dall’alcol.

Nel motivare il verdetto emesso dalla Corte, Ermani (affiancato dai giudici a latere Siro Quadri e Giovanna Canepa Meuli) ha innanzitutto ripercorso i momenti del violento pestaggio avvenuto a Locarno l’8 ottobre 2022. Quella sera, lo ricordiamo, un gruppo di quattro giovani (già comparsi in giudizio nei mesi scorsi) picchiò violentemente il 27.enne srilankese dopo che quest’ultimo li aveva minacciati e provocati brandendo un coltello.

Distanze e visuale

Secondo il giudice Ermani, non è tuttavia stato possibile per la Corte determinare con certezza assoluta l’effettiva pericolosità dei colpi sferrati quella notte dall’imputato armato di coltello (circostanza accertata grazie alla testimonianza «in diretta» di chi stava filmando l’aggressione con il telefono cellulare) verso i giovani del gruppo. La Corte ha quindi potuto verificare che è stato sferrato «almeno un fendente dall’alto verso il basso», ma non si è potuto determinare contro chi e a che distanza sia stato tirato rispetto ai «contendenti» dello srilankese: «Un pilastro copriva la visuale nelle riprese», ha spiegato ancora Ermani. «Non è quindi stato possibile chiarire l’effettiva pericolosità dell’agire dell’imputato».

«Fare minaccioso»

«Abbiamo potuto unicamente accertare che l’imputato aveva sì un coltello e ha sì minacciato il gruppo più volte, ma ciò non basta per dire che ha messo in atto un tentativo di nuocere o di mettere in pericolo la vita di qualcuno. Manca la variabile della distanza per determinare la pericolosità effettiva di quel gesto», ha proseguito il presidente della Corte. Concludendo, quindi, che sia configurabile soltanto il reato di rissa nei confronti dell’uomo. Inoltre, ha sottolineato Ermani, «bisogna fare attenzione alle testimonianze di quegli attimi concitati e confusi, rese dai giovani. Anche perché i ragazzi del gruppo si trovavano (come l’imputato) sotto l’effetto di alcol e anche di stupefacenti». Difficile, quindi, determinare esattamente la dinamica dell’aggressione da parte del 27.enne.

«Doveva succedere qualcosa»

Nonostante le testimonianze imprecise, «è sicuro che l’imputato abbia cercato la rissa con i suoi antagonisti», ha precisato Ermani. «Aveva il coltello non ha esitato a mostrarlo in più occasioni». Non solo: «Lo ha puntato verso il gruppo e affrontando i ragazzi nonostante la sua manifesta inferiorità numerica». È poi vero, ha ammesso il giudice, che l’imputato ha subito le conseguenze più pesanti dello scontro fisico, ma «lui rimane il principale responsabile di quanto accaduto, anche perché la rissa ha avuto origine ben prima dell’effettivo scontro fisico», quando cioè l’imputato incrociò per la prima volta il gruppo. «Nella sua testa quella sera qualcosa doveva succedere e poteva capitare con chiunque».

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