Mercati

Sprint della Borsa svizzera, ma i rischi non sono scomparsi

Ottima performance dell'indice SMI, che in due mesi è salito oltre l'8% grazie alla qualità dei titoli elvetici – Mario Cribari (BlueStar): «Il listino beneficia di una inflazione e di tassi d'interesse più bassi rispetto al resto del mondo»
© CdT/Gabriele Putzu
Roberto Giannetti
10.05.2023 22:46

La Borsa svizzera ha messo a segno un balzo notevole negli ultimi due mesi, salendo da circa circa 10.600 punti a metà marzo fino a oltre 11.400 punti in questi giorni, anche se l’SMI ha perso lo 0,86% a 11.447,23 punti. L’andamento da inizio anno è stato piuttosto altalenante, ma comunque finora il rialzo è stato di oltre l’8%: un dato non trascurabile. E questo andamento è stato seguito, anche se in forma meno accentuata, anche dagli altri listini dei principali Paesi industrializzati.

A influenzare gli indici in questo periodo sono soprattutto gli aumenti dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, e dalle relative aspettative da parte degli operatori, che cercano di prevedere l’evoluzione dell’inflazione sulla fase di numerosi fattori, dai costi energetici all’evoluzione congiunturale.

Come valutare quanto è successo nella prima parte dell’anno? E come possono evolvere i mercati in futuro? Lo abbiamo chiesto a Mario Cribari, partner e responsabile della strategia di investimento di BlueStar Investment Managers a Lugano. «Il mercato svizzero - afferma - dopo un inizio d’anno a “rilento”, ha finalmente recuperato terreno dai minimi di marzo, surclassando sia l’Eurostoxx che l’S&P500, per non parlare dei mercati emergenti ancora deludenti».

Bene le società svizzere

«Ci aspettavamo questo rimbalzo - prosegue - guidato in particolare da qualche titolo, dopo una sottoperformance relativa alquanto significativa. Fermo restando l’ottima qualità delle società svizzere, non solo delle multinazionali ma anche di molte piccole e medie aziende (tra le migliori nel panorama mondiale), l’intero listino è ovviamente trainato dalle condizioni quadro globali che restano quanto mai assolutamente incerte».

«Se fino ai primi due mesi dell’anno sembrava chiara la tendenza alla crescita dell’ economia globale ancora sostenuta, di un’inflazione in discesa e di un picco nei tassi di interesse, negli ultimi due mesi tale trend è andato man mano deteriorandosi».

Rincaro resistente al ribasso

«Infatti l’inflazione - sottolinea - pur in discesa dai massimi, si sta dimostrando alquanto resistente al ribasso, l’economia per forza di cose va rallentando ma non così tanto da giustificare, ancora, una pausa nei rialzi dei tassi di interesse o addirittura di una inversione ad U. Non meraviglia quindi l’andamento laterale dei mercati, la volatilità, l’incertezza e l’impressione che lo scenario possa volgere al peggio da un momento all’altro».

«Vero è, d’altra parte - evidenzia Mario Cribari - che gli utili societari restano buoni, grazie soprattutto alla strenua difesa dei margini delle aziende che ribaltano al consumatore l’aumento dei costi, e che il consumo soprattutto di servizi resta molto sostenuto. Inoltre la strisciante crisi di parte del sistema finanziario dovrà essere tenuta in conto da parte delle banche centrali, mentre gli incrementi mensili dell’inflazione dovranno diventare negativi, anche solo per effetto base».

«Per quanto - nota - risulti dunque irrealistico attendersi, da questi livelli, grossi potenziali di apprezzamento abbiamo altresì difficoltà ad immaginarci crolli clamorosi, molto al di sotto dei minimi di marzo. Solo una grave recessione, molto improbabile in ogni caso quest’anno, giustificherebbe il ritorno ai livelli dello scorso ottobre».

«Tra i mercati con maggiore potenziale - precisa - non si possono non citare i mercati emergenti, beneficiari di valutazioni in alcuni casi ridicole, alcuni settori specifici e in misura minore anche la Svizzera che gode tra l’altro di tassi di interesse e di inflazione ancora molto favorevoli rispetto al resto del mondo. Nella speranza che la BNS, ingiustificatamente, non voglia rovinare la “festa”…».

L’oro resta sopra i 2000 dollari

Nel panorama degli investimenti, l’oro merita una menzione particolare. Infatti il metallo giallo ha superato quota 2.000 dollari dall’inizio del mese di aprile, dopo una lunga fase di oscillazione fra i 1700 e i 2000 dollari l’oncia, che durava circa da metà 2020. Oggi quotava attorno a 2040 dollari l’oncia. Il bene rifugio per eccellenza ha beneficiato della congiunzione di alcuni fattori che ne hanno spinto il corso, fra cui citiamo l’alta inflazione, l’indebolimento del dollaro, le notizie di difficoltà del settore bancario negli Stati Uniti e gli acquisti di metallo giallo da parte delle banche centrali.