Stangata dei dazi: «Trump irritato dalla telefonata con Keller-Sutter»

La stangata dei dazi al 39%, annunciata dal presidente USA Donald Trump, ha mandato di traverso la Festa nazionale agli svizzeri. La misura economica, che dovrebbe scattare il prossimo 7 agosto, ha creato malumori in molti settori elvetici e, secondo gli esperti, potrebbe avere un forte impatto sui posti di lavoro. Una beffa vera e propria, dopo che l’UE è riuscita a contrattare con gli USA dazi del 15% , mentre la Svizzera, almeno in via ufficiosa, pensava di strappare un accordo per tariffe del 10%.
I riflettori oggi sono tutti puntati sulla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, la quale nelle scorse settimane aveva mostrato ottimismo rispetto alle politiche economiche di Washington. Ottimismo che presto ha dovuto fare i conti con la realtà: ma perché questa duro colpo alla Svizzera? Secondo il SonntagsBlick, giovedì scorso, durante una telefonata tra il capo della Casa Bianca e Keller-Sutter, il tycoon avrebbe chiesto «concessioni significative sulle barriere commerciali», altrimenti non ci sarebbe stato alcun accordo per un «Paese molto ricco». La consigliera federale avrebbe quindi cercato di trovare una soluzione migliore, facendo irritare il suo interlocutore, a tal punto da spingerlo a punire la Svizzera con dazi arbitrari del 39%.
Stando a una fonte vicina alla presidente della Confederazione, citata dal SonntagsBlick , durante la sua conversazione telefonica di 35 minuti con Trump, Keller-Sutter avrebbe voluto discutere di un accordo con gli Stati Uniti già negoziato da tempo: un aliquota del 10%. Trump però avrebbe subito chiarito di volere dazi più elevati, superiori al 30%, in quanto il surplus commerciale della Svizzera, secondo il tycoon, è decisamente troppo elevato. Keller-Sutter avrebbe quindi cercato di insistere sull'importanza della Svizzera come partner commerciale degli Stati Uniti, senza, evidentemente, smuovere di un centimetro la posizione del leader americano. Anzi, sentendo pure bollare il suo tono come «pedante». Il team del presidente USA avrebbe poi inviato un SMS alla segretaria di Stato Helene Budliger Artieda, direttrice della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), suggerendo che sarebbe stato meglio chiudere la chiamata tra i due leader.
Keller-Sutter, in pratica, si sarebbe trovata di fronte al fatto compiuto, perché se anche Trump fosse stato disposto a negoziare, la presidente della Confederazione in quel momento non avrebbe potuto offrirgli nulla di interessante, visto che prima sarebbe stata necessaria una consultazione con il Consiglio federale o con il Parlamento. La politica in Svizzera, d’altronde, è molto lenta, specialmente se rapportata agli sbalzi di umore trumpiani.
Qualche settimana prima, evidenzia ancora il domenicale, la «ministra» delle finanze elvetica si era detta ottimista, in quanto convinta di aver domato Trump: era stata lei a mantenere i contatti con lui, a parlargli al telefono e, successivamente, a informare l'opinione pubblica. Per Keller-Sutter il dossier sui dazi rappresentava una priorità assoluta, visto che gli Stati Uniti sono tra i principali partner commerciali della Svizzera, secondi solo all'UE.
Keller-Sutter, in ogni caso, non ha mai agito da sola. Lontano dai riflettori, a Palazzo Federale un team impegnato sul dossier americano anti-dazi da mesi era al lavoro per difendere gli interessi svizzeri. La direttrice della SECO Budliger Artieda si è recata numerose volte negli Stati Uniti per colloqui esplorativi, mentre Keller-Sutter è stata tra i primi capi di Stato a parlare telefonicamente con Trump ad aprile, per 25 minuti. Una strategia volta a trovare un accordo commerciale il prima possibile.
Dopo la senztenza del 39%, Karin Keller-Sutter ha riconosciuto pubblicamente il fallimento dei negoziati su X: «Oggi ho avuto un'ultima conversazione con il presidente degli Stati Uniti Trump, prima della scadenza dei dazi doganali. La priorità del presidente è il deficit commerciale. Non è stato possibile raggiungere un accordo sul memorandum d'intesa negoziato tra Svizzera e Stati Uniti».
Che la presidente della Confederazione abbia sbagliato il suo approccio con Trump? Di questo è convito il politologo Michael Hermann, che ieri, in una intervista alla Aargauer Zeitung, ha sottolineato come per il presidente USA la Svizzera sia «irrilevante»: «È un grave errore da parte della Svizzera credere di essere vista dall'esterno grande e importante quanto si considera all'interno. Per Trump conta solo la grandezza, non ha alcun rispetto per i piccoli stati». Per il 53.enne, «non si può combattere contro l’arbitrarietà di Trump. Nessuno sarebbe stato immune da questo disastro e penso che il tentativo di trattare fosse giusto. Gli Stati Uniti sono troppo importanti per voltar loro le spalle con orgoglio e testardaggine. Errore è stato invece il sopravvalutarsi e l'orientamento completamente sbagliato di Karin Keller-Sutter. Lei vedeva una vicinanza tra la Svizzera e l'attuale governo statunitense. Nutriva simpatia per le critiche mosse all'Europa dal vicepresidente americano J. D. Vance. Considerando questo martello doganale puramente arbitrario e antiliberale, è una beffa».