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Stoltenberg : «Ogni tipo di violenza in Kosovo è inammissibile»

Il segretario generale della NATO ha avuto un colloquio con il presidente serbo Aleksandar Vucic oggi a Belgrado
© KEYSTONE (EPA/ANDREJ CUKIC)
Ats
21.11.2023 14:18

Ogni tipo di violenza in Kosovo è inammissibile, e la Kfor intende continuare nella sua missione per garantire la sicurezza e la libertà di movimento per tutte le persone in Kosovo. Lo ha detto il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg al termine del suo colloquio con il presidente serbo Aleksandar Vucic oggi a Belgrado nell'ambito di un suo tour nei Balcani occidentali.

A suo dire la creazione della Comunità delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo è cruciale per la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina. Stoltenberg ha quindi fatto appello alle parti a proseguire il dialogo sotto l'egida dell'Ue, unico modo per garantire la pace.

«Abbiamo parlato delle tensioni nel nord del Kosovo e dell'importante missione della Kfor che da decenni garantisce la sicurezza, intendiamo continuare in tale azione», ha detto Stoltenberg. «I soldati della Nato - ha aggiunto - sono stati attaccati (nei disordini di maggio nel nord del Kosovo, ndr), abbiamo assistito a disordini e scontri in settembre (a Banjska, ndr), i responsabili vanno individuati e portati dinanzi ai giudici».

Per questo, ha osservato, Kfor è stata rafforzata con ulteriori 1'500 effettivi, l'aumento di uomini più significativo nell'ultimo decennio. «Contiamo sull'impegno di tutte le parti per la riduzione delle tensioni e per una de-escalation generale. Il dispiegamento di truppe serbe a ridosso della linea di confine non andrebbe in questa direzione», ha affermato Stoltenberg, che si è riferito al tempo stesso alla «ottima collaborazione» fra Nato e Serbia nell'ambito del programma di Partnership per la pace.

«Tenere esercitazioni militari congiunte non significa violare la neutralità della Serbia. Belgrado ha messo in chiaro che conferma la sua neutralità, che noi rispettiamo assolutamente», ha affermato Stoltenberg. Rispondendo ai giornalisti sul ruolo della Kfor nell'eventuale cattura dei responsabili di violenze e disordini, il segretario generale ha detto che la Kfor non è una forza di polizia ma un contingente militare e che la sua presenza in Kosovo si basa sul mandato ricevuto dalle Nazioni Unite (con la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza nel 1999, ndr).

«È importante considerare il ruolo della Forza Nato. In prima istanza (in caso di disordini e in fatto di ordine pubblico, ndr) deve reagire la polizia kosovara, poi tocca alla missione europea Eulex, mentre Kfor è terza nella scala di tali competenze, con il ruolo di garantire stabilità, sicurezza e libertà di movimento per tutti», ha spiegato Stoltenberg.

Da parte sua Vucic ha assicurato che i responsabili delle violenze e degli scontri del 24 settembre a Banjska dovranno risponderne in base alle leggi e alla normativa vigente in Serbia. Egli è tornato al tempo stesso ad accusare pesantemente la dirigenza di Pristina del clima di insoddisfazione e sfiducia che permane in Kosovo dove, ha sottolineato, prosegue e si rafforza la politica ostile e discriminatoria nei confronti della locale popolazione serba. E il responsabile principale, ha osservato, resta il premier Albin Kurti.

«In Kosovo vige ormai il diritto di opprimere e di sparare ai serbi», ha detto Vucic. I serbi locali vengono perseguitati, maltrattati, oppressi, minacciati, arrestati senza motivo. «Se questa non è violenza, ditemi voi cos'è», ha detto sottolineando come in conseguenza di tale politica ostile, solo nell'ultimo anno il 13% dei serbi ha lasciato il nord del Kosovo.

«Devo dire che noi e la Nato abbiamo una visione differente di quello che avviene nel nord del Kosovo, anche se capisco bene quali sono le richieste dell'Occidente e della Nato».

Tutto ciò, ha osservato il presidente, non ha nulla a che vedere con Stoltenberg, non è compito della Nato condurre indagini su violenze e illegalità, che competono invece alla polizia kosovara e a Eulex. «Noi con la Nato abbiamo sempre avuto una buona e corretta collaborazione. La Serbia ha interesse a mantenere pace e stabilità, e facciamo tutto il possibile nel processo di dialogo per pervenire a una soluzione di compromesso che consenta la normalizzazione dei rapporti. Purtroppo la Comunità delle municipalità serbe in Kosovo non verrà creata fino a quando al potere ci sarà Albin Kurti», ha affermato Vucic.

Il presidente serbo ha quindi sottolineato che, pur nella corretta collaborazione con la Nato e la Kfor, spetta a Belgrado disporre delle sue Forze armate e decidere come e quando dislocare i suoi reparti militari. «È impensabile che sia Pristina a dirci come dobbiamo disporre le nostre Forze militari. L'Esercito serbo ha un'ottima collaborazione con la Kfor e con la Nato, si comporta in modo professionale, non ha mai oltrepassato le sue competenze né abusato dei suoi compiti», ha osservato Vucic ribadendo come a suo avviso la comunità internazionale nei confronti della Serbia ponga l'asticella sempre più in alto, dal momento che l'unico suo obiettivo (della comunità internazionale) è vedere quando Belgrado riconoscerà l'indipendenza del Kosovo.

Vucic si è anche detto convinto che ai serbi del Kosovo verrà nuovamente impedito di votare nelle elezioni parlamentari in programma in Serbia il 17 dicembre.

«I serbi verranno nuovamente privati del loro diritto di votare, un diritto garantito dalla Carta dei diritti umani e dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. So già quello che avverrà. Il premier kosovaro Albin Kurti dirà che non si terranno elezioni per i serbi né al nord né al sud del Kosovo», ha detto Vucic. Per il presidente, a ciò seguirà «una dichiarazione di condanna da parte dei paesi del Quint, e la cosa si chiuderà lì. I serbi non potranno votare in Kosovo».

Rispondendo ai giornalisti, Vucic ha osservato che i serbi che vivono in Australia, negli Stati Uniti e nei Paesi europei hanno il diritto di votare nelle elezioni di dicembre, mentre ciò è in dubbio per i serbi del Kosovo. «Perché? - si è chiesto. Semplicemente perché sono serbi», ha affermato, ricordando il divieto opposto ai serbi in precedenti consultazioni.

Belgrado ha chiesto alla missione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) a Pristina di collaborare per consentire ai serbi del Kosovo di poter votare come avvenuto in precedenti occasioni negli anni scorsi, con la distribuzione delle schede, l'allestimento dei seggi, la raccolta dei voti e il trasporto in località nel sud della Serbia. L'Osce ha fatto sapere di essere disponibile, ma Kurti ha messo in chiaro che per consentire alla popolazione serba in Kosovo di votare il 17 dicembre serve un accordo fra Belgrado e Pristina, accordo che dovrà essere proposto da Belgrado quale parte interessata, e che dovrà basarsi sulla «sovranità e indipendenza del Kosovo».

L'ultima volta che i serbi del Kosovo hanno potuto votare in elezioni serbe è stato il 21 giugno 2020, anche in quell'occasione con il sostegno e l'assistenza della missione Osce a Pristina. Successivamente tuttavia la dirigenza kosovara non ha consentito ai serbi locali di votare a un referendum sulla riforma della giustizia nel gennaio 2022, né alle ultime elezioni parlamentari e presidenziali dell'aprile successivo.