Ambiente

Storica sentenza in Brasile: «Le terre degli indigeni non si toccano»

La Corte Suprema si è pronunciata contro il tentativo di limitare i diritti dei popoli nativi alle riserve protette – «Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra»
© KEYSTONE (EPA/Andre Borges)
Red. Online
22.09.2023 12:47

La Corte Suprema brasiliana si è pronunciata contro il tentativo di limitare i diritti dei popoli nativi alle riserve protette nelle loro terre, con una vittoria per gli indigeni e per la lotta al cambiamento climatico. Una sentenza storica, con cui è stato liquidato il tentativo dello Stato di Santa Catarina – spalleggiato dalle compagnie agricole – di bloccare l'espansione dell'area territoriale reclamata da un gruppo indigeno. Ma che può avere importanti implicazioni anche sul destino della foresta amazzonica.

L'azione legale dello Stato di Santa Catarina poggiava su una teoria giuridica elaborata dai gruppi di interesse che contrastano le rivendicazioni territoriali degli indigeni. Teoria secondo la quale la data di promulgazione della Costituzione brasiliana, il 5 ottobre 1988, fisserebbe anche un punto temporale oltre il quale non si sarebbe più dovuto consentire agli indios di occupare terre o di rivendicarne il diritto a una futura occupazione. Con l'obiettivo, tra gli altri, di garantire certezza legale ai proprietari terrieri: i popoli indigeni non hanno diritto alle riserve protette su terre dove non erano presenti nel 1988, quando fu ratificata l'attuale costituzione del Paese.

I ricorrenti sostenevano invece che ciò violava i loro diritti, dato che molti gruppi nativi furono costretti ad abbandonare le loro terre ancestrali, anche durante la dittatura militare che ha governato il Brasile dagli anni Sessanta agli anni Ottanta.

Il risultato? Un 9-2 dei giudici della Corte a favore degli indigeni. Corte che ha polverizzato la teoria con il verdetto: «Le aree occupate dagli indigeni e le aree riconducibili ai loro ascendenti e alle loro tradizioni devono godere di protezione costituzionale, anche se non sono delimitate», ha affermato il giudice Luiz Fux. Un dettaglio? I due giudici a favore di Santa Catarina erano stati nominati dall'ex presidente Jair Bolsonaro, deciso a contrastare i reclami degli indios e a spingere per una loro assimilazione. Sebbene il caso coinvolgesse un unico gruppo, la Corte Costituzionale ha voluto caratterizzare il verdetto come portatore di «ripercussioni generali», un «precedente» con cui si dovranno misurare le cause concernenti il popolo indigeno, come le iniziative in corso per portare al Congresso una proposta che dia valore di legge a quel termine temporale del 1988. Tuttavia, da simili iniziative legislative derivano altre minacce per la popolazione indigena: l'alleggerimento delle restrizioni allo sfruttamento minerario, la costruzione di dighe, progetti agricoli e di trasporti attraverso le loro terre.

Leader indigeni sono esplosi in festa fuori dall'edificio dell'Alta Corte di Brasilia: «La giustizia è dalla parte dei popoli indigeni», ha affermato Joenia Wapichana, capo dell'agenzia governativa per gli affari indigeni, FUNAI. Gli attivisti avevano soprannominato il caso il «processo del secolo». «Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra», ha realisticamente commentato il coordinatore esecutivo di un gruppo di attivisti, APIB, «continueremo a combattere finché i territori indigeni non saranno finalmente delimitati, di modo che i diritti del popolo indigeno siano salvaguardati e protetti».

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