“Suicidio assistito in Svizzera con documenti falsi”

Secondo Le Iene, l'uomo avrebbe presentato un certificato fasullo che attestava una grave patologia - La denuncia: "Non hanno controllato il suo stato di salute"
Red. Online
23.10.2017 09:24

BASILEA - Ha falsificato la sua cartella clinica per poter morire in Svizzera. È il caso portato alla luce dal programma di Italia 1 Le Iene, andato in onda domenica 22 ottobre. Nella trasmissione Mediaset si è cercato di far luce sulla vicenda di Pietro D'Amico, un italiano morto 4 anni fa a Basilea attraverso il suicido assistito. L'uomo avrebbe presentato un certificato medico che attestava una grave patologia, mentre il paziente in realtà avrebbe sofferto di una grave forma di depressione, che lo spinse appunto ad ottenere la "dolce morte" in una struttura di Basilea. A portare la storia sotto i riflettori è la figlia stessa di Pietro D'amico, che denuncia come l'istituto elvetico non abbia compiuto gli esami necessari per controllare lo stato di salute dell'uomo. Nel servizio de Le Iene, inoltre, la donna racconta di esser stata all'oscuro di tutto fino alla morte del padre, e di esser stata avvisata per telefono solo dopo la sua dipartita. "Avrei provato a convincerlo a non uccidersi. Non mi è stata data questa possibilità. Mi chiamano e mi dicono che mio padre è morto, non me lo hanno fatto aiutare", denuncia la figlia di D'Amico.

In seguito a tali affermazioni l'inviata Nadia Toffa si è recata a Basilea per intervistare la dottoressa responsabile del trattamento, la quale si è mostrata ben disposta a parlare del suo mestiere. "Ho visto persone morire soffrendo, è successo anche a mio padre. Mio padre ha tentato il suicidio, quindi ho deciso di aiutarlo a morire. La morte può essere accettata, non la sofferenza. Ho aiutato 500 persone a morire. Dubbi? Mai. Le persone quando vengono qui sono sicure, perché hanno già provato tutto". Sul caso specifico di Pietro D'Amico, la dottoressa non ha invece voluto parlare: "Ho il numero della figlia, non sono mai riuscita a parlarci. Può venire qui a Basilea e parlare con me, ma non voglio che questa storia venga nuovamente fuori", ha spiegato la donna prima di andarsene. Un caso che farà sicuramente discutere oltre confine, soprattutto dopo il boom mediatico sul suicidio assistito esploso in seguito all'eclatante caso di dj Fabo (Vedi Suggeriti).

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