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Addio già a un terzo dei risparmi: «Più di così non si deve scendere»

Il Consiglio degli Stati ha ridimensionato del 65% il pacchetto di sgravi proposto dal Consiglio federale - Jakob Stark (UDC): «Il risultato è appena accettabile» - Baptiste Hurni (PS): «Questo piano non è necessario»
©PETER SCHNEIDER
Luca Faranda
18.12.2025 23:22

«Karin Keller-Sutter non sarà contenta». Le parole di Fabio Regazzi, al termine dell’infinito dibattito sulle «misure di sgravio applicabili dal 2027», sono chiare: la «ministra» delle Finanze non può essere soddisfatta del risultato partorito dall’aula del Consiglio degli Stati. Il pacchetto da 57 misure elaborato dalla presidente della Confederazione ha infatti subito una pesante cura dimagrante.

Lo ricordiamo: il Consiglio federale aveva proposto un pacchetto di misure per 8,543 miliardi di franchi per gli anni dal 2027 al 2029. Il piano di Karin Keller-Sutter, però, era già stato sfoltito dalla Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati, che per i tre anni in esame aveva ridotto i tagli fino a un totale di 6,616 miliardi di franchi.

La Camera dei Cantoni, tra mercoledì e oggi, ha ulteriormente ridimensionato il pacchetto: ha approvato misure di sgravio per un totale di 5,558 miliardi di franchi. Ovvero, di quasi tre miliardi rispetto al progetto originale del Consiglio federale. Si tratta del 35% in meno. Oltre un terzo.

Diamo i numeri

Ecco, però, alcune cifre che offrono una panoramica del lavoro svolto: i «senatori», dopo undici ore complessive di dibattiti, si sono allineati alle decisioni del Consiglio federale per 27 delle 57 misure proposte. In altre 27 occasioni hanno invece deciso di risparmiare meno di quanto prevedeva il Governo. Ci sono stati però anche singoli casi (tre in totale), in cui il Consiglio degli Stati è andato oltre quanto chiedeva l’Esecutivo. In ogni caso, i «senatori» hanno confermato - in moltissimi punti - quanto già stabilito dalla commissione preparatoria.

Si può evitare il referendum

«Non sono del tutto soddisfatto. Il risultato, per me, è appena accettabile», ci spiega il «senatore» Jakob Stark (UDC/TG), relatore della commissione. «Volevo sottolineare maggiormente il concetto di simmetria dei sacrifici, ovvero che tutti noi dobbiamo fare tagli in tutti gli ambiti. Ma è stato difficile: i singoli settori sono stati difesi con forza», spiega il consigliere agli Stati, aggiungendo che sia in commissione, sia in aula è emersa la divisione tra i partiti borghesi e il campo rossoverde. «Abbiamo una valutazione diversa della situazione», tiene a sottolineare. Stark, ora, auspica che il Nazionale faccia il suo lavoro. Il 65% di quanto proposto dal Governo è, di nuovo, «appena accettabile», ribadisce Stark. Il democentrista, tuttavia, riconosce che «con un pacchetto di queste dimensioni (alleggerito di tre miliardi di franchi, ndr), diminuisce anche il rischio di un referendum». Ma è davvero così? «Penso che non sia così facile indire un referendum in questo caso, poiché anche la popolazione capisce che dobbiamo rispettare il freno all’indebitamento. E senza un pacchetto di sgravi, sarà difficile per tutti. È quindi importante che questo piano sia equilibrato».

Il messaggio non è passato

Dall’altro lato dello scacchiere politico, il socialista neocastellano Baptiste Hurni, condivide solo parzialmente le osservazioni di Stark. «È chiaro che il programma previsto dal Consiglio federale avrebbe portato al lancio di un referendum. Ora dipende dal pacchetto che uscirà dalle Camere federali anche dopo il passaggio al Nazionale», sottolinea Hurni. A suo avviso, però, non è necessario un piano d’austerità. «Ma non siamo riusciti a far passare il messaggio. Il piano di risparmio si è comunque ridotto ed è una cosa positiva: i colleghi a destra affermano che è necessario risparmiare, ma quando si entra nel merito delle misure spesso cambiano idea. Bisogna ricordare che dietro questi sgravi ci sono servizi, ci sono persone, ci sono aiuti finanziari che sono importanti per la popolazione».

Il risultato finale? «Non bene, ma neanche drammatico», commenta Hurni, che però auspica un passo indietro su una particolare misura: quella che riguarda il grado di copertura dei costi nel traffico regionale viaggiatori (la riduzione per il periodo 2027-2029 ammonta a 178 milioni di franchi). «È del tutto incomprensibile», ci spiega, ricordando che questi fondi permettono ai Cantoni di avere un servizio di trasporto per i passeggeri nelle regioni periferiche.

Un passo importante

Per il «senatore» ticinese Fabio Regazzi (Centro), «il risultato va valutato positivamente. In aula si sono visti tutti i punti di vista. C’erano pressioni da vari fronti per una misura o per l’altra, ma credo che sia stato fatto un passo importante. Per la presidente della Confederazione non è sufficiente, di sicuro non sarà soddisfatta, ma è il Parlamento che deve prendere decisioni».

Per Regazzi, un aspetto da sottolineare è anche la rinuncia a intervenire sulle entrate, tramite un’imposizione più elevata dei prelievi di capitale dal 2. e 3. pilastro. «Era profondamente sbagliata e iniqua. Abbiamo un problema di uscite, che in alcuni casi hanno preso l’ascensore, non di entrate».

Lontani dall’obiettivo

Ora, il malloppo passa alla Commissione delle finanze del Consiglio nazionale. Per Alex Farinelli (PLR), il ridimensionamento del pacchetto «rientra in quello che ci si poteva aspettare». Il ticinese ricorda però che già il progetto governativo non includeva circa un terzo delle proposte formulate dal gruppo di lavoro all’origine del pacchetto. «Lo scopo è anche quello di avere un pacchetto che sia sostenibile davanti alla maggioranza della popolazione, però bisogna essere consapevoli che siamo lontani dall’obiettivo. La Commissione delle finanze del Nazionale si deve porre come obiettivo di arrivare con una soluzione che non vada ancora oltre quanto stabilito dagli Stati. Più di così non si deve scendere»

L’obiettivo è che il pacchetto arrivi al Nazionale a marzo, in modo da garantire l’entrata in vigore (referendum permettendo) entro l’inizio del 2027. Farinelli, dal canto suo, tiene a precisare che non si tratta di un piano di risparmi. «Le spese aumenteranno, ma in alcuni settori non potranno crescere allo stesso ritmo».