L'analisi

Appuntamento al prossimo vertice: ma dove, e quando?

La pace, al termine della due giorni sul Bürgenstock, rimane lontana – Ma Viola Amherd si dice soddisfatta mentre Volodymyr Zelensky afferma: «Pronti a negoziare già ora se la Russia se ne va dall'Ucraina»
© MICHAEL BUHOLZER
Luca Faranda
16.06.2024 20:00

Doveva essere solo un primo passo. Invece, in vetta al Bürgenstock, ne sono stati fatti molti di più. Nei due giorni della Conferenza, incentrata sui temi della sicurezza nucleare, della sicurezza alimentare e degli aspetti umanitari, l’attenzione si è spostata sulla necessità di garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina.

Il tema non è stato affrontato direttamente nei due giorni del vertice, ma quasi ogni delegazione che ha preso la parola ha voluto sottolineare questo aspetto imprescindibile «per una pace giusta e duratura». La soluzione, anche ovvia agli occhi di Kiev e dei suoi alleati, è che i principi fondamentali del diritto internazionale e della carta dell’Onu siano al centro del processo di pace.

Questo passo, sulla montagna del Bürgenstock, per alcuni Paesi è però stato troppo lungo: solo 83 Paesi e istituzioni, sulle 101 delegazioni presenti, hanno sostenuto il «comunicato congiunto».

Chi manca all’appello? I più significativi sono India, Sudafrica, Emirati Arabi Uniti, mentre il Brasile era al Bürgenstock solo come osservatore. Una brutta notizia, poiché sono quelli che formano i cosiddetti Paesi BRICS (che contano anche Russia e Cina) ed essendo i più vicini a Mosca avrebbero potuto lanciare un chiaro messaggio. Alla fine, l’occidente si è mostrato compatto (sui 25 che oggi hanno preso la parola durante la sessione plenaria, solo quattro non erano occidentali) nel ribadire il sostegno a Kiev. La pace, tuttavia, non sembra essere molto più vicina di quanto non lo fosse venerdì. «La strada, è ancora lunga e impegnativa, ma è comunque un buon risultato. Abbiamo ottenuto ciò che era possibile fare, considerando le circostanze. Per la prima volta abbiamo discusso al più alto livello riguardo alla pace in Ucraina e non sulle armi o sulla guerra. Questa conferenza ha quindi dato nuovo slancio, un momentum positivo», ha spiegato la presidente della Confederazione Viola Amherd, ammettendo tuttavia che ci sono «punti di vista» molto differenti.

Ogni parola conta

Stando ad alcune fonti, a far storcere il naso sono stati determinati termini utilizzati nella dichiarazione finale. In realtà, non si tratta di una dichiarazione, ma di un «joint-statement», che ne ridimensiona enormemente la portata. Gli 83 Paesi infatti lo hanno sostenuto, non firmato.

«Nella diplomazia ogni parola conta. Il comunicato congiunto ha un valore meno vincolante rispetto a una dichiarazione», ha spiegato Ignazio Cassis, aggiungendo che ciò ha permesso di avere a bordo un maggior numero di Paesi. Tuttavia, ha poi sottolineato il consigliere federale, non tutti i Paesi che hanno scelto di tirarsi indietro hanno reso noto i motivi per il quale si sono astenuti.

Ancora tanti punti in sospeso

Una cosa è chiara: il processo di pace durerà molto a più a lungo di quanto auspicava Dmytro Kuleba. Per il ministro degli esteri ucraino «il prossimo summit dovrebbe portare alla fine della guerra e abbiamo bisogno che l’altra parte sia al tavolo». Il compito, per la delegazione di Kiev, era chiaro: «Portare l’Ucraina a quel tavolo nella posizione più forte possibile». Detto, fatto.

Nonostante il freno di Viola Amherd e Ignazio Cassis, che hanno a più riprese parlato dell’importanza di ispirare un processo di pace, Volodymyr Zelensky sin dalla sua prima apparizione sul Bürgenstock ha voluto fare concreti passi avanti: «In questo vertice si scrive la storia», ha sostenuto sabato. E oggi, in chiusura, ha ribadito: «Questa Conferenza mostra che il sostegno internazionale non si è indebolito. È forte. Tutti i partecipanti del vertice sostengono la nostra integrità territoriale. E senza questa, non ci sarà pace», ha voluto sottolineare Zelensky, ripetendo che la causa di tutto è Putin. «Non vuole la pace, ma ora sente di essere isolato da una parte del mondo». Il presidente ucraino è pronto a sedersi a un tavolo con la Russia: «Possiamo iniziare i negoziati domani, a condizioni che i russi lascino il nostro territorio».

Serve la partecipazione di tutti

E ora? L’obiettivo era di annunciare già oggi il luogo del futuro vertice, ma per Amherd «è ancora prematuro», anche se diversi Stati hanno mostrato interesse a riprendere il testimone dalla Confederazione. Resta da chiarire soprattutto una questione centrale: come e quando coinvolgere il Cremlino in questo processo. Anche perché quasi tutte i punti comuni trovati nel corso del vertice (vedi articolo a lato) non possono essere realizzati senza la Russia.

Quel che è certo, al termine dell’incontro sul Bürgenstock, è che nessun piano di piace finora elaborato riesce a fare l’unanimità. Sul tavolo, ora, c’è anche la proposta di Cina e Brasile. «In linea di principio, ogni iniziativa di pace, per la Svizzera, è ben accetta», ha affermato Cassis, tornando a ribadire che Berna anche in futuro continuerà a essere attiva per trovare la pace. Ma a una condizione: deve basarsi sul diritto internazionale e sulla Carta dell’ONU.