Il caso

Assorbenti, spesa discriminante: Giura e Vaud segnano la strada

Ogni anno per i tamponi si spendono 128 milioni di franchi - In altri Paesi si è provveduto a esentare questi prodotti dall’IVA, la Scozia li ha resi gratuiti - Due Cantoni e alcuni Comuni svizzeri hanno deciso di risparmiare la spesa alle allieve - Dibattito in corso in Ticino
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È stata una prima mondiale che ha fatto molto discutere: il Parlamento scozzese a novembre ha infatti approvato (all’unanimità) una legge che impone a enti locali come farmacie o centri giovanili di assicurare l’accesso gratuito ad assorbenti e tamponi per combattere la cosiddetta «povertà mestruale», l’impossibilità di acquistare prodotti per l’igiene femminile da parte di chi è in condizioni economiche svantaggiate. Del tema si parla sempre di più anche nel nostro Paese. Il Gran Consiglio giurassiano ha deciso a fine marzo di installare distributori gratuiti di assorbenti nelle scuole. È il primo Cantone a farlo, seguito recentemente dal Canton Vaud. Sul piano comunale, a Tavannes (BE) questo è invece già realtà dallo scorso autunno. Delémont (sempre nel Giura) l’anno scorso aveva deciso di offrire assorbenti gratuiti in vari luoghi pubblici. Nella Berna federale, invece, vari atti parlamentari sono pendenti alle Camere. In particolare, una mozione chiede di ridurre l’aliquota IVA per assorbenti interni ed esterni e proteggi-slip. Adottata dal Nazionale nel marzo 2019, deve essere ancora trattata dagli Stati. E anche in Ticino si discute della possibilità di distribuire gratuitamente prodotti igienici femminili.

Quei 6,6 milioni di troppo

Il 14 giugno 2019, durante lo sciopero femminile nazionale, era stata una vera attrazione: stiamo parlando del tampone gigante portato davanti a Palazzo federale per chiedere una riduzione dell’aliquota IVA sui prodotti per l’igiene femminile dal 7,7% al 2,5%. Una richiesta formalizzata attraverso la petizione «Bloody Unfair» («maledettamente ingiusto», secondo un gioco di parole che riprende la parola inglese «blood», «sangue»). «Non si tratta necessariamente di una riduzione del costo, ma di un equo adeguamento del prezzo di un articolo che non può essere visto come un prodotto di lusso. Questa tassa è ingiustificata», tiene a precisare Angelina Dobler di Campax, l’organizzazione che ha lanciato la petizione. Una mozione depositata dall’ex deputato Jacques-André Maire (PS/NE) e cofirmata da una dozzina di parlamentari (PS e Verdi) chiede la stessa cosa. Se prodotti quali fiori recisi o strame per animali beneficiano di un’aliquota ridotta (2,5%) in quanto beni di prima necessità, perché - si chiede nell’atto parlamentare - i prodotti per l’igiene intima femminile sono invece tassati come se non facessero parte della stessa categoria (7,7%)? «Un cambio di aliquota in questo senso - cita il testo - avrebbe conseguenze limitate sulle entrate globali provenienti dall’IVA: dai 10 ai 15 milioni di franchi su un totale di 22 miliardi, dunque si avrebbe solo una diminuzione pari allo 0,5 per mille delle suddette entrate». «Prendendo la società nel suo complesso, le persone con mestruazioni pagano attualmente circa 127,6 milioni di franchi», spiega ancora Dobler. «Aliquota IVA del 7,7%? Parliamo di 9,83 milioni di franchi. Aliquota IVA del 2,5%? Scendiamo a 3,19 milioni di franchi all’anno. Ciò significa che chi ha le mestruazioni paga 6,6 milioni di franchi di IVA di troppo».

Paesi come l’Australia, il Canada e la Tanzania hanno esentato del tutto dall’IVA gli assorbenti e i tamponi. L’Unione Europea ha allentato le regole in materia per consentire agli Stati membri di introdurre un’aliquota IVA ridotta o di eliminarla, ricorda Dobler. ​Prima della sua decisione la Scozia proponeva già prodotti igienici femminili gratuiti nelle scuole e negli atenei. In Nuova Zelanda e nella città di New York un simile servizio è offerto dal 2018.

Senatrici caute

Angelina Dobler è fiduciosa: la mozione dovrebbe essere accettata a Berna. Dopo la Camera bassa anche quella alta dovrebbe dare il suo via libera alla proposta, sostenuta anche dal Consiglio federale (che sul tema in passato si era espresso negativamente). Per ora però il dossier non è ancora stato messo in agenda presso la Commissione competente della Camera alta. «Difficile fare una previsione. Diciamo che il Consiglio degli Stati non è noto per essere molto progressista sulle questioni femminili», afferma dal canto suo il membro della Commissione, e cofirmataria dell’atto parlamentare, Adèle Thorens Goumaz (Verdi/VD). A spuntarla potrebbe essere l’argomento dei contrari, per cui varrebbe piuttosto la pena pensare a un abbassamento generale dell’IVA, senza creare nuove eccezioni. Intanto, a dicembre, anche l’ecologista Léonore Porchet (VD) ha depositato un postulato per chiedere al Governo un rapporto sulla povertà mestruale in Svizzera e di studiare delle misure per garantire l’accessibilità a tamponi e assorbenti per tutte le persone che ne hanno bisogno.

Posando lo sguardo sul resto del Paese, il 25 aprile il Governo del Canton Vaud ha annunciato il lancio di progetti pilota in decine di scuole per munirle di distributori gratuiti di assorbenti, seguendo così le orme del Canton Giura. A novembre, invece, il Gran Consiglio di Basilea-Città ha approvato un postulato che chiede che venga studiata la possibilità di distribuire gratuitamente assorbenti a tutte le allieve del cantone.

E se a Berna, a Lucerna e in Vallese simili proposte sono state bocciate, altri tentativi simili sono ora in corso in vari cantoni, tra cui il Ticino. Qui una mozione dell’MPS chiede, fra le altre cose, di mettere a disposizione gratuitamente prodotti igienici femminili. La proposta è in discussione presso la Commissione sanità e sicurezza sociale.

L’Intervista a Noemi Grütter, co-presidente di Salute sessuale Svizzera: «Anche nel nostro Paese esiste la povertà mestruale»

Salute sessuale Svizzera è per una distribuzione gratuita di prodotti igienici femminili, o perlomeno per un ribasso del loro prezzo. Può aiutarci a definire la questione?

«I prodotti per le mestruazioni sono costosi, ma per chi ha le mestruazioni sono una necessità fondamentale quanto la carta igienica. Se tamponi o assorbenti fossero più economici, se non gratuiti, ciò dimostrerebbe che è normale avere un ciclo mestruale. Stiamo parlando di un fenomeno vissuto da oltre la metà della popolazione».

Misure necessarie anche nella ricca Svizzera?

«Proprio in Svizzera sono necessarie. Secondo Caritas, già prima della pandemia, nel nostro Paese 1,2 milioni di persone vivevano a livello di sussistenza. La pandemia ha aggravato la situazione. Chi non può permettersi i prodotti necessari, durante le mestruazioni rimane a casa, quindi non va a scuola e non va al lavoro. È un’esclusione dalla vita sociale, e quindi di fatto una discriminazione».

In altri Paesi, ad esempio nel Regno Unito, si parla appunto di ragazze che non vanno a scuola quando hanno le mestruazioni perché non possono permettersi degli assorbenti. Un tema di cui non si sente mai parlare in Svizzera. Un silenzio dovuto al fatto che il problema da noi non esiste o al fatto che semplicemente non viene percepito?

«La vergogna nel parlarne è enorme. Proprio perché il tenore di vita è elevato e la povertà è appena percepita».

Quindi la povertà mestruale è una realtà anche da noi?

«Qui la povertà è una realtà più grande di quanto non si supponga. Anche quella mestruale. Per questo motivo sono necessarie misure a sostegno di coloro che ne sono colpite. Anche per quanto riguarda prodotti per il ciclo mestruale. Per inciso, questo vale anche per i contraccettivi».

Ma quante sono le persone colpite dal fenomeno?

«Mancano veri e propri dati statistici. Ma le cifre di Caritas danno alcuni indizi, così come alcuni progetti nel campo della salute sessuale. La crisi attuale non ha alleviato la situazione. Pertanto, la discussione e l’adozione di misure sono estremamente importanti in questo momento».

Come affrontano il tema i giovani?

«Si parla finalmente di povertà mestruale proprio perché giovani attiviste hanno evidenziato il fenomeno, e poi perché è stato un tema centrale durante lo sciopero delle donne. Ma ci sono anche giovani che ancora non osano chiedere un tampone. Se la Svizzera vuole prendere sul serio il suo mandato educativo, deve almeno garantire che tutti possano frequentare la scuola o la formazione. Ecco perché le misure nelle scuole e nei centri di formazione sono urgenti. Inoltre, il tema deve essere affrontato anche nell’ambito dell’educazione sessuale, in modo che tutti capiscano che le mestruazioni non sono nulla di cui vergognarsi».