Berna apre al partenariato militare con l’UE

L'Unione europea (UE) offre a paesi terzi la possibilità di aderire a partenariati di sicurezza e difesa su misura, volti in particolare a facilitare l'acquisto congiunto di armi. Alla fine di giugno, il Consiglio federale ha indicato di voler esaminare un'intesa di questo tipo. Negli ultimi tempi Berna ha già sottoscritto vari accordi militari con l'UE.
A maggio l'UE ha concluso un Partenariato in materia di sicurezza e di difesa (SDP, per Security and Defence Partnership) con il Regno Unito e in giugno col Canda. A luglio, durante una visita in Islanda, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l'avvio di discussioni in vista di un partenariato di questo tipo con Reykjavík. Oltre che con Londra e Ottawa, Bruxelles ha raggiunto accordi dello stesso tipo con Norvegia, Albania, Moldavia, Macedonia del Nord, Giappone e Corea del Sud.
L'UE sostiene di stringere questi partenariati solo con paesi che condividono valori come lo Stato di diritto e i diritti dell'uomo. Come annunciato dall'esecutivo comunitario in aprile, la Confederazione soddisfa questi requisiti. Gli accordi non sono giuridicamente vincolanti e sono adattati alle esigenze dei paesi partner.
Secondo la Commissione europea, il partenariato è un prerequisito per la partecipazione a SAFE (Security Action for Europe, letteralmente Azione di sicurezza per l'Europa; l'acronimo safe corrisponde all'aggettivo sicuro in inglese). Inoltre, è necessario un accordo di associazione supplementare.
SAFE è uno strumento dell'esecutivo di palazzo Berlaymont concepito per sostenere i paesi dell'UE nel campo degli armamenti e della difesa. In pratica, la Commissione mette a disposizione 150 miliardi di euro (140 miliardi di franchi al cambio attuale) sotto «forma di prestiti a lungo termine a prezzi competitivi», si legge sul sito del Consiglio dell'UE.
«Per garantire economie di scala e interoperabilità (...), gli Stati membri beneficiari dovranno, in linea di principio, realizzare appalti comuni che coinvolgano almeno due paesi partecipanti per poter beneficiare dei prestiti».
Senza l'accordo supplementare, la Svizzera non potrebbe partecipare a SAFE, ma Berna potrebbe acquistare equipaggiamenti militari prodotti nell'ambito di questo strumento finanziario.
Da parte elvetica, per il momento, il 25 giugno scorso il Consiglio federale, facendo proprie le argomentazioni di una mozione della Commissione della politica di sicurezza della Camera del popolo (approvata dai commissari con quindici voti contro dieci, ma non ancora trattata dal plenum), ha indicato di aver deciso di avviare colloqui esplorativi con Bruxelles su un SDP. Dopo la loro conclusione, l'esecutivo deciderà sugli ulteriori passi da compiere.
Secondo il governo, Berna «ha interesse ad approfondire la cooperazione con l'UE, in particolare nel settore degli armamenti». Questa cooperazione permette di partecipare a progetti comuni per l'acquisto di equipaggiamenti militari, offrendo al tempo stesso condizioni migliori alle industrie svizzere coinvolte. Grazie a questi accordi, la Svizzera potrebbe accedere a strumenti europei più recenti: con il piano ReArm Europe, che finanzia il riarmo, i paesi che hanno concluso un SDP possono beneficiare del fondo europeo SAFE.
Il partenariato in materia di sicurezza e di difesa, precisa poi l'esecutivo, «è una dichiarazione di intenti non vincolante sul piano giuridico e compatibile con il principio di neutralità». Non comporta obblighi giuridici o finanziari né dipendenze per la Svizzera.
Due settimane prima della decisione del governo, il capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) Martin Pfister, dopo un incontro con partner dell'UE e della NATO a Bruxelles, aveva già manifestato l'auspicio di ulteriormente estendere le collaborazioni internazionali. Nella politica di difesa e sicurezza, la Svizzera deve coordinarsi con i paesi vicini, aveva detto. Bisogna in questo senso valutare collaborazioni, sempre tenendo presente la neutralità.
Negli ultimi tempi, sono state sancite altre collaborazioni tra Berna e l'Europa in materia di difesa. Il 20 maggio il Consiglio dell'UE ha approvato l'adesione della Confederazione al progetto Cyber Ranges Federation (CRF), che mette in rete le infrastrutture nazionali di addestramento informatico di diversi stati europei al fine di svolgere congiuntamente esercitazioni, corsi di formazione e ricerca nel campo della ciberdifesa.
In gennaio gli stati membri dell'Unione hanno approvato la partecipazione di Berna a Military Mobility (MM), strumento volto ad agevolare i trasporti militari transfrontalieri. L'adesione svizzera ai progetti CRF e MM era stata chiesta dal Consiglio federale nell'agosto del 2024.
Dopo il nullaosta degli stati membri a una richiesta elvetica, la Confederazione lo scorso mese di ottobre ha firmato sia il Memorandum d'intesa che la dichiarazione di adesione unilaterale all'iniziativa European Sky Shield (ESSI), che consente un miglior coordinamento dei progetti di acquisto, della formazione e degli aspetti logistici nel campo della difesa terra-aria.
È nell'ambito di ESSI, che Berna pochi giorni fa ha annunciato l'acquisto, per 500 milioni di franchi, di cinque sistemi IRIS-T SLM prodotti dall'azienda tedesca Diehl Defence. L'intesa è stata sottoscritta dall'azienda produttrice, dall'esercito tedesco e dall'Ufficio federale dell'armamento (armasuisse).