Svizzera
Sudan
Dopo il rientro a Berna dell'ambasciata svizzera in Sudan, il consigliere federale Ignazio Cassis e l'ambasciatore Christian Winter hanno aggiornato la stampa – «Diversi elvetici hanno la doppia cittadinanza, per questo è difficile evacuarli» – Ancora 45 persone del personale locale bloccate nel Paese
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12:38
12:38
Occupato un laboratorio di virologia: «Rischio biologico»
L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha reso noto che i combattenti nel Sudan devastato dal conflitto hanno occupato un laboratorio pubblico centrale che contiene campioni di malattie, tra cui la polio e il morbillo, creando una situazione «estremamente, estremamente pericolosa».
«C'è un enorme rischio biologico associato all'occupazione del laboratorio centrale di sanità pubblica (...) di una delle parti in guerra», ha dichiarato Nima Saeed Abid, rappresentante dell'OMS in Sudan, ai giornalisti a Ginevra in collegamento video.
«Ho ricevuto ieri una telefonata dal capo del laboratorio centrale di sanità pubblica. È occupato da una delle parti in lotta», ha dichiarato Nima Saeed Abid. «Hanno rimosso tutti i tecnici dal laboratorio che ora è completamente sotto il controllo di una delle parti in lotta come base militare», ha aggiunto.
Egli ha sottolineato che la situazione è «estremamente pericolosa» perché il laboratorio contiene campioni di patogeni del morbillo, del colera e della poliomielite. Questa occupazione presenta quindi un «enorme rischio biologico», ha insistito.
Il colera è una malattia diarroica acuta che può uccidere in poche ore se non trattata. Il morbillo è una malattia virale altamente contagiosa, così come la poliomielite, che colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni.
L'OMS ha finora potuto verificare 14 attacchi al settore sanitario in Sudan dall'inizio delle violenze, i quali hanno causato 8 morti e 2 feriti.
12:11
12:11
«In 270.000 potrebbero fuggire in Ciad e Sud Sudan»
Secondo le Nazioni Unite fino a 270.000 persone potrebbero fuggire in Ciad e Sud Sudan dalla guerra che sta sconvolgendo il Sudan.
09:57
09:57
Ucciso un dipendente dell'ambasciata egiziana
Un dipendente dell'ambasciata egiziana a Khartum, il «vice addetto amministrativo» Mohamed Al-Gharawi, «è morto oggi mentre si recava da casa sua alla sede» della missione diplomatica «per seguire le procedure di evacuazione dei cittadini egiziani in Sudan»: lo annuncia il ministero degli esteri egiziano su Facebook senza fornire dettagli dell'uccisione.
Il dicastero conferma comunque che «la missione egiziana in Sudan continuerà ad assumersi le proprie responsabilità nel seguire i compiti di evacuazione dei cittadini egiziani» e «garantire il loro ritorno sicuro in patria».
Ieri era stato annunciato che un dipendente dell'ambasciata egiziana a Khartum era stato ferito da un colpo di arma da fuoco.
L'Egitto, confinante col Sudan, sostiene l'esercito sudanese ed è uno dei paesi sotto osservazione per il rischio di un suo coinvolgimento nel conflitto.
09:50
09:50
Evacuati 45 cittadini giapponesi
Il Giappone ha evacuato 45 cittadini dal Sudan e ha temporaneamente chiuso la sua ambasciata. Lo ha annunciato il primo ministro nipponico Fumio Kishida.
«Un totale di 45 persone sono decollate dal Sudan orientale per Gibuti con l'aereo da trasporto C2 inviato» dalle truppe giapponesi, ha detto Kishida. Altri quattro giapponesi sono stati trasferiti dal Sudan a Gibuti e in Etiopia con l'aiuto della Francia e delle organizzazioni internazionali. L'ambasciata è stata temporaneamente chiusa.
Il Giappone aveva dichiarato di avere circa 60 cittadini in Sudan. Il ministero degli esteri istituirà un ufficio di collegamento a Gibuti per continuare ad aiutare l'evacuazione dei giapponesi rimasti nel paese africano.
08:52
08:52
«L'evacuazione ha richiesto un lavoro di squadra di alto livello»
A seguito della conferenza stampa, il consigliere federale Cassis ha postato sul suo profilo Twitter un video dell'incontro con l'ambasciatore svizzero in Sudan, Christian Winter. «L'evacuazione da Khartoum ha richiesto un alto livello di lavoro di squadra e preparazione».
08:35
08:35
Iniziata l'evacuazione dei cittadini britannici
La Gran Bretagna ha reso noto di avere avviato l'evacuazione dei suoi cittadini intrappolati in Sudan, dove 10 giorni di combattimenti urbani hanno causato centinaia di morti.
«I voli militari britannici partiranno da un aeroporto fuori Khartum», spiega una nota del governo. «I voli saranno aperti a coloro che hanno il passaporto britannico e sarà data priorità ai gruppi familiari con bambini e anziani o a persone con problemi di salute».
I cittadini britannici presenti in Sudan, il contingente più rilevante fra le comunità legate in loco a paesi europei, sono al momento circa 4'000, in larga maggioranza sudanesi con doppio passaporto. E oltre 2'000 di loro risultano aver fatto sapere di voler essere portati via, stando a stime diffuse da Andrew Mitchell, viceministro degli esteri nel governo di Rishi Sunak.
Dopo l'evacuazione iniziale limitata al personale diplomatico, alcuni di loro avevano fatto sapere negli ultimi giorni di essersi sentiti «abbandonati». Mentre i giornali denunciavano casi come quelli di 71 medici britannici inviati in missione di assistenza a rischio di rimanere «intrappolati» fra i combattimenti dello scontro tra fazioni in corso nel paese africano.
Ancora ieri il ministro degli esteri James Cleverly aveva evocato la possibilità di evacuazioni solo limitate, a causa dei combattimenti. Ma il cessate il fuoco poi annunciato dalle parti per tre giorni ha consentito oggi di rilanciare le operazioni di soccorso attraverso un ponte aereo affidato alla Raf, l'aeronautica militare di Sua Maestà.
In una nota il Foreign Office ha precisato che alcune centinaia di persone sono in via di trasporto in queste ore, con un ordine di priorità che prevede di far partire prima «bambini, anziani e malati». L'imbarco può al momento essere garantito - ha avvertito il ministero di Londra - «solo alle persone in possesso di passaporto britannico».
07:30
07:30
«Il primo obiettivo è far tacere le armi»
«Il primo obiettivo è far tacere le armi, come sempre quando ci sono armi che sparano, e ci impegneremo sicuramente su questo fronte», conferma Ignazio Cassis. «Lo faremo sia a livello regionale, sia a livello multilaterale, anche in seno all'ONU, che ha trattato questa situazione qualche giorno fa. Faremo tutto il necessario affinché si riesca ad arrivare in fretta a un armistizio, con tutte le difficoltà che questo comporta». La seconda preoccupazione evidenziata da Cassis riguarda invece il personale locale, la terza invece il rientro al lavoro. «Appena la situazione si tranquillizza naturalmente l'intenzione è di riprendere possesso dei nostri edifici e di continuare il lavoro».
07:15
07:15
«Stiamo collaborando con la Svezia per un volo di rientro»
In merito ai cittadini rimasti ancora in Sudan, Ignazio Cassis specifica: «La situazione evolve di ora in ora, quella trentina di persone interessata a lasciare il Paese riceve informazioni regolari su quali voli di quali stati militari possono prendere. Nelle ultime ore stiamo collaborando con la Svezia per un volo di rientro». Tuttavia, Cassis evidenzia come l'impegno dei cittadini, in prima persona, sia fondamentale. «Spetta a loro arrivare all'aeroporto, che non è quello di Khartoum, ma una piazza militare di partenza per veicoli militari. Purtroppo, non è un affare così semplice: possono arrivare in ritardo, o non trovare più posti liberi. Ciononostante, abbiamo la possibilità - pur con vie di comunicazione che non sempre funzionano come dovrebbero - di far sapere quando e dove è possibile partire».
Il consigliere federale ha inoltre specificato che in molti casi, procedere con l'evacuazione può essere complicato, dal momento che molti elvetici ancora bloccati nel Paese possiedono anche la doppia cittadinanza con il Sudan e pertanto, in quanto sudanesi, non è loro concesso lasciare il Paese liberamente.
07:04
07:04
«Le ultime settimane sono state difficili, tra le vittime anche tanti bambini»
Dopo Ignazio Cassis, è il turno dell'ambasciatore svizzero in Sudan, Christian Winter. «Le ultime settimane sono state particolarmente difficili. Inizialmente, gli obiettivi erano strategici, ma ben presto si sono estesi anche alle zone abitate. Per questo motivo, tra le vittime ci sono stati purtroppo anche tanti bambini». La rete mobile, inoltre, non funzionava: «L'unica alternativa che avevamo per comunicare era attraverso walkie-talkie o telefono satellitare». Particolarmente difficili, quindi, anche le interazioni tra il personale dell'Ambasciata. «Nessuno avrebbe mai pensato che i combattimenti potessero raggiungere questa intensità».
La residenza dell'ambasciatore, così come diverse altre sedi diplomatiche di Khartoum è rimasta danneggiata, trovandosi al centro dei combattimenti.
07:00
07:00
Circa 45 elvetici ancora in Sudan: «Cerchiamo di sostenerli»
Questa mattina, poco prima delle 6.00, i dipendenti dell'Ambasciata svizzera in Sudan hanno fatto ritorno nella Confederazione, atterrando a Berna-Belp. Come spiegato da Ignazio Cassis, l'evacuazione è stata possibile con un aereo della Lufwaffe tedesca, partito da Gibuti. «È un sollievo essere qui questa mattina. Voglio ringraziare l'ambasciatore Winter per aver condotto in sicurezza l'operazione in un contesto così difficile». Oltre ad aver ringraziato Berna per aver coordinato egregiamente il lavoro, il consigliere federale ha in seguito ringraziato anche Francia, Gibuti per il sostegno e l'Italia, per essersi messa «a disposizione».
A seguire, il consigliere federale ha ricordato che la situazione in Sudan resta complicata. «Abbiamo ancora del personale locale che è rimasto nel Paese, si tratta di circa 45 persone. Il nostro pensiero va a loro e alle loro famiglie. Cerchiamo di sostenerli per quanto possibile».
06:47
06:47
Cassis accoglie Winter
Alcuni scatti dell'incontro all'aeroporto di Berna-Belp tra il consigliere federale Ignazio Cassis e Christian Winter, ambasciatore svizzero in Sudan.
06:46
06:46
La diretta in streaming
Dopo gli aggiornamenti di ieri pomeriggio da parte di Serge Bavaud, capo della gestione delle crisi in seno al Dipartimento, questa mattina la parola passa al consigliere federale Ignazio Cassis e all'ambasciatore Christian Winter.
In Sudan, ricordiamo, reparti dell'esercito e delle forze paramilitari di supporto rapido (RSF) stanno combattendo da più di una settimana. Numerosi Paesi, di conseguenza, si sono adoperati per portare in salvo i propri cittadini provenienti dal Paese africano.
I dipendenti dell'ambasciata svizzera a Khartoum e i loro accompagnatori sono stati evacuati la sera del 23 aprile.