Cavie, «senza test addio nuovi farmaci»

Stop alla ricerca fatta con esperimenti sugli animali e sugli esseri umani. Stop all’importazione e al commercio di nuovi farmaci sviluppati sperimentando su topi, conigli o cavie da laboratorio. Solo i medicinali che sono già in uso e per i quali la sperimentazione animale non è più necessaria devono essere ancora permessi. È quanto chiede l’iniziativa popolare «Sì al divieto degli esperimenti sugli animali e sugli esseri umani», in votazione il 13 febbraio e respinta da Consiglio federale e Parlamento.
Per gli iniziativisti nessun animale o essere umano può fornire previsioni attendibili per un altro essere vivente. I ricercatori potrebbero raggiungere i risultati sperati anche con approcci che non comportano sofferenze. «La Svizzera ha già regole fra le più severe sugli esperimenti sugli animali al mondo», ha replicato il consigliere federale Alain Berset in conferenza stampa a Berna. Gli esperimenti sugli animali sono approvati solo se i risultati non possono essere ottenuti con altri mezzi. I ricercatori possono lavorare solo con il numero di animali assolutamente necessario, e devono badaredi arrecare loro la minore sofferenza possibile.
Cosa si è fatto fino a qui?
Inoltre, ha sottolineato Berset, il Consiglio federale si sta già dando da fare per ridurre ulteriormente gli esperimenti fatti sugli animali con un nuovo programma dotato di 20 milioni di franchi, lanciato a febbraio per una durata di cinque anni. Si chiama «Advancing 3R – animali, ricerca e società» (dove le 3R stanno per «replace, reduce, refine», ovvero «sostituisci, riduci, perfeziona») e ha vari obiettivi: sostituire il più possibile gli esperimenti sugli animali con metodi sperimentali alternativi («replacement»), ridurre il numero totale di esperimenti e di animali per esperimento («reduction»), limitare lo stress sugli animali attraverso migliori condizioni sperimentali e di detenzione («refinement») e aumentare il profitto complessivo in termini di conoscenze acquisite per ogni animale impiegato.
Da 2 milioni a 550 mila vite coinvolte
Secondo cifre fornite dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, da vari decenni l’industria farmaceutica, i ricercatori, gli esperti di animali da laboratorio, la Confederazione, la protezione degli animali e la politica si impegnano a favore dell’impiego del principio delle 3R e hanno ottenuto così nel frattempo un enorme calo del numero di animali impiegati. Se nel 1983 sono stati utilizzati 2 milioni di animali da laboratorio, nel 2010 erano 761.675. Nel 2020 erano circa 550 mila. Anche per quanto riguarda i test su persone, esistono norme «molto severe per tutelare la dignità e la salute umana», ha aggiunto Berset.
Per l’Esecutivo, in caso di un sì all’iniziativa (che chiede anche che la ricerca condotta senza impiegare animali riceva almeno lo stesso sostegno statale accordato oggi alla ricerca che se ne avvale) il polo scientifico elvetico ne risentirebbe e molti nuovi farmaci (inclusi quelli necessari in ambito veterinario) non potrebbero più essere importati. «Pensiamo ai vaccini, che devono passare da test clinici», ha sottollineato il «ministro» della sanità.
A respingere l’iniziativa è anche il Fondo nazionale svizzero (FNS), che sostiene la ricerca scientifica nel nostro Paese. Un sì all’iniziativa per il FNS «limiterebbe parecchio la ricerca in Svizzera, compresa quella sulla COVID-19», ci dice Florian Fisch, portavoce del Fondo. «Il divieto riguarderebbe anche gli studi clinici, psicologici e di scienza dello sport». Gli esperimenti sugli animali sono molto importanti per la ricerca sui coronavirus». Sui 29 progetti di ricerca sulla COVID-19 svolti nell’ambito del programma nazionale di ricerca, otto prevedono l’uso di animali. Secondo dati federali citati dal «Tages-Anzeiger», nel 2020, nel quadro della ricerca sul coronavirus, sono stati fatti test su 1.328 animali. Quasi tre quarti di questi (fra cui figurano topi, cavie e conigli) sono stati sottoposti a procedure che hanno causato dolore o danni lievi a breve termine.
Gli svizzeri si sono già pronunciati a più riprese sul tema, respingendo ogni volta le proposte in votazione. L’ultima risale al 1993.