Domande e risposte

Che cosa cambia con la 13. AVS: è utile o dannosa?

Una rendita supplementare nel primo pilastro previdenziale? L’iniziativa dell’USS su cui si voterà il 3 marzo vuole compensare la perdita del potere d’acquisto e lottare contro la povertà fra gli anziani – Ma gli avversari replicano: è ingiusta e troppo cara
©Chiara Zocchetti

Che cosa chiede l’iniziativa 13. AVS e perché?

L’iniziativa popolare «Vivere meglio la pensione (Iniziativa per una 13. mensilità AVS)» è stata lanciata dall’Unione sindacale svizzera e depositata il 28 maggio 2021, con 101.793 firme valide. L’iniziativa chiede di introdurre, al più tardi nel 2026, una tredicesima mensilità per tutti i beneficiari di rendite AVS. Questo supplemento corrisponde a un aumento della rendita annuale dell’8,3%. Le prestazioni complementari non dovranno essere ridotte. Lo scopo ufficiale della 13. è di contrastare la diminuzione del tasso di sostituzione AVS (il rapporto tra le rendite e l’ultimo salario percepito) e la paventata pressione sulle rendite della previdenza professionale. Con i rincari intervenuti nel frattempo nel settore dell’assicurazione malattia, dell’energia e dell’alloggio, la 13. mensilità viene anche considerata un mezzo per compensare la perdita del potere d’acquisto dei pensionati.

In concreto, che cosa cambierebbe per i beneficiari?

La rendita di vecchiaia massima annua passerebbe, per le persone singole, a 31.850 franchi (+ 2.450) e per i coniugi a 47.775 (+ 3.675 ). La rendita minima intera per le persone sole aumenterebbe a 15.925 franchi annui (+1.225). 

Qual è l’impatto finanziario dell’iniziativa?

Il costo della rendita supplementare è stimato, il primo anno, a circa 4,1 miliardi di franchi, di cui circa 800 milioni a carico della Confederazione (quest’ultima finanzia il primo pilastro con una quota fissa del 20,2%), che si aggiungerebbero agli attuali dieci miliardi. Le spese, comunque, continuerebbero a crescere a causa dell’aumento dei pensionati (cfr. colonna a sinistra). Cinque anni dopo l’introduzione della 13., i costi ammonterebbero a circa 5 miliardi di franchi all’anno. Oggi le uscite (rendite) dell’AVS ammontano a 50 miliardi di franchi. Entro il 2030, con l’approvazione dell’iniziativa, le uscite ammonterebbero a 64 miliardi (59,6 se si restasse al regime attuale).

Come verrebbe finanziata la 13. AVS?

L’iniziativa non dice come finanziare il supplemento. I sindacati, che inizialmente avevano lanciato un’iniziativa (poi ritirata) per destinare all’AVS parte degli utili della Banca nazionale, parlano di un aumento dei contributi (non necessariamente da subito). Per raccogliere cinque miliardi di franchi in più i contributi degli attivi e dei datori di lavoro dovrebbero essere aumentati di 0,4 punti ciascuno (dall’attuale 8,7% al 9,4% circa). C’è, in teoria, anche la possibilità di aumentare l’IVA di 1 punto percentuale (dall’attuale 8,1 al 9,1%). In questo caso tutti, anche i pensionati, contribuirebbero al finanziamento. Si possono ipotizzare anche una combinazione di contributi salariali e IVA, un maggior apporto da parte della Confederazione o un aumento dell’età pensionabile. Il contributo federale, anche senza 13., dovrebbe passare a 16 miliardi di franchi nel 2035. La «ministra» delle Finanze Karin Keller-Sutter ha detto che, in caso di approvazione dell’iniziativa, difficilmente si riuscirà a evitare un aumento delle imposte. In caso di approvazione popolare, spetterà a Governo e Parlamento decidere come procedere (è possibile che la decisione venga sottoposta a sua volta al voto popolare).

Come si evolverebbe la situazione dell’AVS in caso di sì?

Secondo i sindacati, l’AVS è in buona salute e gli scenari pessimistici dipinti in passato dalle autorità federali non si sono mai avverati. Il Fondo di compensazione dispone attualmente di 50 miliardi di franchi, che con i parametri attuali diventerebbero quasi 68 nel 2030. Grazie alla riforma fiscale introdotta nel 2020 (che tra le altre cose ha portato a un aumento dei contributi salariali di 0,3 punti in totale) e ad AVS 21, il primo pilastro beneficia di nuove entrate che lo stabilizzano fino al 2030. Questo però varrebbe solo senza  la 13. AVS. Con il supplemento (senza i finanziamenti aggiuntivi per pagarlo) il patrimonio nel 2030 tornerebbe agli attuali 50 miliardi, per poi scendere a 32 miliardi nel 2033. Per legge, il fondo deve avere soldi a sufficienza per coprire le uscite di un anno. Nel 2030 ci sarebbero 50 miliardi nel fondo e uscite per 64 miliardi.

Quale l’impatto dei maggiori contributi per i salariati?

Secondo i promotori dell’iniziativa, il grosso dei lavoratori potrà ricevere di più al momento del pensionamento. I sindacati fanno l’esempio di una venditrice con un salario mensile di 3.300 franchi. Questa persona pagherebbe 13 franchi al mese per poi riceverne 142 in più sulla rendita al momento del pensionamento. Per chi guadagna 6 mila franchi la trattenuta sarebbe di 24 franchi al mese, ma l’aumento della rendita di 186. Quanto a chi ha salari molto alti, un domani riceverà sì la 13., ma da attivo la finanzierà anche per molti altri lavoratori. Viceversa, i contrari sostengono che la 13. AVS inciderebbe negativamente sul potere d’acquisto degli attivi. «Se i contributi salariali aumentano, i dipendenti ricevono uno stipendio minore. Se l’IVA aumenta, i consumatori devono pagare di più per i prodotti e i servizi. Quindi il loro potere d’acquisto diminuisce», dice il comitato del no, che ha pubblicato sul suo sito un calcolatore dei costi a seconda del reddito.

La 13. AVS vale anche per le altre rendite?

No, chi riceve una rendita d’invalidità o per vedove continuerà a ricevere dodici mensilità. 

Quali sono gli argomenti dei favorevoli?

Oltre ai sindacati (USS, Travail.Suisse e OCST) sostengono l’iniziativa il PS, I Verdi e anche alcune sezioni locali dell’UDC (in Ticino il partito lascia libertà di voto). Gli affitti, i premi delle casse malati, l’elettricità e i generi alimentari diventano sempre più cari, dice il comitato d’iniziativa. Il crescente costo della vita divora un intero mese di pensione. Inoltre, da anni le rendite delle casse pensioni sono in calo. Occorre dunque aumentare quanto prima le rendite di vecchiaia per i pensionati di oggi e di domani.

E quali, invece, gli argomenti dei contrari?

Sono contrari Governo, Parlamento, UDC, PLR, Centro, Verdi liberali e ambienti economici (Economiesuisse, USAM e imprenditori). Secondo Governo e Parlamento, la 13. aggraverebbe i problemi di finanziamento dell’AVS. Per finanziarla occorrerebbe aumentare le deduzioni salariali oppure l’imposta sul valore aggiunto, il che graverebbe sui lavoratori e sui datori di lavoro e causerebbe un aumento dei prezzi al consumo. La 13. AVS avrebbe inoltre ripercussioni negative sulle finanze federali. Oltre ai già citati timori per la perdita del potere d’acquisto del ceto medio, i contrari sostengono che la 13. penalizzerebbe i giovani, che per tutta o quasi la loro vita professionale dovranno versare un contributo maggiorato in favore dei beneficiari. Inoltre, l’aumento progressivo del numero dei pensionati (in dieci anni lasceranno la vita attiva 500 mila lavoratori) aggraverà i problemi di finanziamento del primo pilastro. In terzo luogo, si afferma che il supplemento è ingiusto e inaccettabile perché, tra tutte le persone, sarebbero quelle che già ricevono una pensione elevata (e che magari dispongono anche di un patrimonio importante) a beneficiarne maggiormente. La 13. andrebbe all’88% dei beneficiari di rendite che non ricevono le prestazioni complementari. Oggi la vecchiaia, in generale, non costituisce un rischio di povertà. Questa va combattuta semmai con misure mirate e non a innaffiatoio.  

L’altra contesa: lavorare tutti fino a 66 anni

1) Il 3 marzo si voterà anche  sull’Iniziativa popolare «Per una previdenza vecchiaia sicura e sostenibile». Di cosa di tratta?

L’iniziativa sulle pensioni, lanciata dai Giovani PLR, chiede di aumentare gradualmente l’età di pensionamento per entrambi i sessi da 65 a 66 anni entro il 2033. In seguito, di adeguare l’età di riferimento in base alla speranza di vita media: stando ai calcoli attuali, i promotori stimano che salirà a 67 anni nel 2043 e a 68 anni nel 2056.

2) In che modo verrà innalzata l’età di riferimento?

In seguito al sì popolare all’AVS 21, dal 2025 al 2028 verrà progressivamente innalzata l’età di riferimento delle donne, da 64 a 65 anni. A partire dal 2028, donne e uomini andranno in pensione alla stessa età. L’iniziativa chiede che proprio a partire dal 2028 - e per i successivi sei anni - l’età di pensionamento venga gradualmente aumentata di due mesi all’anno, da 65 a 66 anni, per tutti. Dal 2033 verrà poi adeguata alla speranza di vita, con uno scatto di massimo due mesi all’anno. Nelle intenzioni dei promotori, se la speranza di vita cresce di un mese, l’età di pensionamento aumenterebbe di 0,8 mesi. In ogni caso, i dettagli di questo meccanismo saranno stabiliti dal Consiglio federale e dal Parlamento e inoltre ciascun adeguamento deve essere comunicato agli interessati cinque anni prima del raggiungimento dell’età di pensionamento.

3) Cosa cambierebbe a livello finanziario?

La proposta, con un primo innalzamento dell’età pensionabile a 66 anni, permetterebbe di ridurre le uscite dell’AVS di circa due miliardi di franchi all’anno, secondo i promotori. In futuro aumenterà la prospettiva di vita, ma anche il numero di pensionati (in particolare la generazione del baby boom). L’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aumento dell’aspettativa di vita alleggerirebbe pertanto l’onere dell’AVS. Stando ai dati del Governo, anche in caso di accettazione di questa iniziativa l’AVS scivolerebbe nelle cifre rosse nel 2033, seppur con un cuscinetto patrimoniale di circa 71 miliardi.

4) Quali sono le tesi dei favorevoli all’iniziativa?

Per i Giovani PLR la proposta permetterebbe di garantire pensioni sicure anche alle future generazioni, senza coprire i deficit dell’AVS attraverso aumenti delle imposte oppure attraverso ulteriori indebitamenti. «Non fare nulla porta al fallimento dell’AVS e alla violazione del contratto intergenerazionale», sostiene la sezione giovanile del Partito liberale radicale, secondo cui l’iniziativa garantisce che i costi legati all’aumento dell’aspettativa di vita siano distribuiti in modo più equo tra tutte le generazioni.

5) Quali sono le tesi dei contrari all’iniziativa?

Alleanza del Centro, PS, Verdi e sindacati sono contrari poiché a loro avviso un aumento dell’età pensionabile colpirebbe soprattutto i lavoratori a basso reddito e la classe media. Chi invece ha un reddito elevato potrà continuare ad andare in pensione anticipata. Già oggi accade così. Oltre a ciò, nel settembre del 2022 è stata approvata la riforma per alzare l’età pensionabile delle donne. Oggi è ancora troppo presto per incrementarla ulteriormente. Parlamento e Consiglio federale raccomandano di respingere l’iniziativa, sostenendo che si tratta di un sistema troppo rigido: l’età di pensionamento non può essere stabilita solo tramite una formula matematica. Per determinarla si devono prendere in considerazione più fattori, come ad esempio lo sviluppo dell’economia e del mercato del lavoro.

Il primo pilastro tra cifre nere e rosse

1) Che cos’è l’AVS? Come si finanzia? Quanto entra e quanto esce ogni anno?

In vigore dal 1948, l’AVS è il pilastro centrale della previdenza sociale. Funziona con il sistema della ripartizione (i pensionati vengono finanziati dagli attivi), mentre il secondo pilastro, la previdenza professionale, si basa sul risparmio individuale. L’AVS deve permettere di far fronte, perlomeno in parte, alla diminuzione o all’interruzione dell’entrata salariale causata dalla vecchiaia o dalla morte. Le entrate sono costituite dai contributi pagati dai dipendenti e dai datori di lavoro (73%), dai finanziamenti della Confederazione (20%, attingendo ai proventi dell’imposta, alle tasse sul tabacco e sull’alcol e alle sue risorse generali) e dai proventi di IVA e case da gioco (7%). Il contributo dipende dal salario individuale. L’importo da versare all’AVS è pari all’8,7% del salario. Metà è a carico del lavoratore e metà del datore di lavoro. Le uscite sono le rendite a favore dei pensionati. La differenza fra entrate e uscite è il cosiddetto risultato di ripartizione. Per cinque anni in rosso, dal 2020 il risultato di ripartizione ha fatto registrare un avanzo, grazie a una riforma votata dal popolo, che ha determinato maggiori entrate per circa 2 miliardi di franchi.

2) Com’è la situazione oggi e quali sono le prospettive dopo il 2030?

La situazione oggi è positiva. Quest’anno, secondo le previsioni della Confederazione, dovrebbe chiudersi con un risultato di ripartizione positivo per 3,2 miliardi di franchi. Grazie anche alla riforma AVS 21 (aumento dell’età di pensionamento delle donne e dell’IVA) il primo pilastro resterà nelle cifre nere fino al 2030. Il patrimonio crescerà passando dagli attuali 50 miliardi di franchi a 67,6. Dall’inizio del prossimo decennio, però, il quadro è destinato a peggiorare, complice il pensionamento della generazione del baby boom. Le uscite passeranno dai 50 miliardi di franchi dell’anno scorso ai 63,5 del 2032. Senza considerare le due iniziative in votazione, vale a dire in caso di doppio no popolare il prossimo 3 marzo, il risultato di ripartizione riprenderà a chiudere in negativo dal 2031 per -1,5 miliardi di franchi, per poi superare i -3 miliardi nel 2033.

3) Ma l’AVS non ha anche un patrimonio investito per sopperire a eventuali deficit?

Sì. Il Fondo di compensazione ha lo scopo di compensare eventuali oscillazioni del reddito nel breve termine dovute al sistema di ripartizione e alla situazione economica. Nonostante l’apporto degli investimenti, tuttavia, a medio termine gli esercizi cominceranno a chiudere in rosso: mezzo miliardo nel 2031 e 2,1 nel 2033, per poi peggiorare ulteriormente. Senza correttivi, per finanziare le rendite si dovrà svuotare il fondo di compensazione. Il deficit cumulato supererebbe i 100 miliardi franchi nel 2050. Per stabilizzare nuovamente il primo pilastro dal 2030, il Consiglio federale dovrà presentare un nuovo progetto di riforma entro la fine del 2026.

4) Come si presenta la questione demografica? In quanti ricevono l’AVS?

Oggi ricevono una rendita AVS più di 2,5 milioni di pensionati. Il problema è che il loro numero sta crescendo più velocemente di quello degli occupati (dai 21 ai 64 anni). Dal 1948 il rapporto fra chi paga i contributi e chi ottiene una rendita è sempre più sfavorevole. All’epoca, per ogni pensionato c’erano in media 6,5 persone in età attiva, mentre nel 2020 questo rapporto è sceso a 3,3. Di questo passo, nel 2050 il rapporto sarà di 2,2 attivi per pensionato. Ci sono poi altri due aspetti legati alla demografia. Innanzitutto la popolazione diventa sempre più longeva. Chi va in pensione ha una speranza di vita maggiore e riceve le rendite più a lungo. Nel 1948 la speranza di vita di un uomo dopo i 65 anni era di 12 anni e quella di una sua coetanea di 13. Nel 2020 la speranza di vita era di oltre 19 anni per gli uomini e di oltre 22 anni per le donne. In secondo luogo, come detto, è in atto il pensionamento della generazione del baby boom (1955-1970). Dalla fine degli anni Sessanta la Svizzera non ha più conosciuto tassi di natalità così elevati.