Chi danneggia un edificio pubblico protetto va perseguito d'ufficio

Chiunque danneggi un edificio o un monumento pubblico protetto va perseguito d'ufficio. È quanto chiede una iniziativa parlamentare di Céline Amaudruz (UDC/GE) approvata oggi dal Consiglio nazionale con 109 voti contro 75 e 3 astenuti.
Oggi non esiste una protezione penale specifica contro i danni arrecati da terzi a beni di particolare valore. L'articolo 144 del Codice penale punisce sì i danni alla proprietà, ma la natura del bene colpito, di regola, non incide sull'applicazione della norma.
Eppure, per Amaudruz è evidente che edifici e monumenti pubblici meritano una tutela rafforzata: sono molto visibili, hanno un forte valore simbolico e diventano bersagli ideali. La grande notorietà di simili edifici e monumenti li espone oggi alla minaccia accresciuta di chi, con un pretesto politico, non esita a imbrattarli e danneggiarli nella speranza di attirare i riflettori dei media sulla loro causa, ha aggiunto Simone Gianini (PLR/TI) a nome della commissione.
Secondo Amaudruz non sono semplici danni materiali: «è un attacco al nostro patrimonio comune e alla nostra identità». In Francia la distruzione o il danneggiamento di beni protetti può essere punita con fino a 7 anni di prigione e 100.000 euro di multa; in Italia perfino semplici graffiti su monumenti storici possono comportare pene severe, ha sottolineato la ginevrina che propone una pena detentiva sino a cinque anni o una pena pecuniaria di almeno 90 aliquote giornaliere.
Inutile l'opposizione di Meret Schneider (Verdi/ZH), che ha ricordato come già oggi chi danneggia un edificio o un monumento viene punito. Per la zurighese la proposta contiene un difetto importante: punisce il colpevole non in base alla sua colpa ma in base all'oggetto danneggiato.
Instaurando una distinzione tra edifici pubblici e privati, si creerebbero diverse categorie di proprietà che godrebbero di livelli di protezione differenti, ha sottolineato l'ecologista, ricordando che tale argomento era stato sollevato anche dalla Commissione degli affari giuridici (CAG-S) del Consiglio degli Stati. Schneider ha anche denunciato il sovraccarico di lavoro per la giustizia, che dovrà in ogni caso aprire un procedimento, anche quando vi siano indizi sull'autore del reato.
L'atto parlamentare passa ora all'esame del Consiglio degli Stati, la cui CAG-S in prima lettura aveva respinto la proposta con 10 voti contro 2. Qualora i «senatori» dovessero confermare il «niet» della propria commissione, l'iniziativa parlamentare verrebbe archiviata.