Coronavirus

Chiusi nove valichi minori ma frontiere aperte

La misura è stata voluta per incanalare il traffico verso le dogane maggiori, facilitando i controlli sulle auto che entrano dall’Italia - In Svizzera si contano al momento 645 casi, in Ticino sono 120 - IL VIDEO
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Red. Online
11.03.2020 11:30

Sale ancora il numero dei casi di coronavirus. In Ticino si contano al momento 120 contagi, mentre in Svizzera sono 645. Nella conferenza stampa organizzata in mattinata a Berna, oltre alla diffusione del virus, si è anche toccato il tema delle frontiere. Per ora nessuna chiusura, ma l’Amministrazione federale delle dogane ha fatto sapere che 9 valichi minori sono stati chiusi per incanalare il traffico verso le dogane più grandi e facilitare così i controlli dei veicoli in ingresso dall’Italia.

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645 casi in Svizzera, 120 in Ticino

«In Cina l’epidemia sta rallentando, mentre nel resto del mondo assistiamo a un’accelerazione», ha esordito Patrick Mathys, capo della sezione Gestione delle crisi e cooperazione internazionale dell’Ufficio della sanità pubblica. In Europa sono 44 i Paesi toccati dal virus e 80 mila i contagi, con oltre 700 vittime. In Italia sono oltre 10 mila i casi registrati, ha sottolineato Mathys, ma anche in Francia i contagi vanno aumentando rapidamente. In Austria finora ci sono 51 nuovi casi, per un totale di 182: è l’unico Paese confinante con la Svizzera a non avere decessi. Anche in Svizzera i casi sono «aumentati notevolmente», siamo a 645 casi positivi. Gran parte - 613 - confermati. Quattro invece i decessi, mentre 8 mila sono i test effettuati. I cantoni in cui il virus è già arrivato sono 23. Il Ticino è il cantone più toccato, con 120 casi, seguito dal Canton Ginevra.

Lavoro ridotto, tempo di preavviso ridotto a 3 giorni

Da parte sua Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, direttrice SECO, ha spiegato che questa settimana si sono susseguiti diversi incontri. «Abbiamo ricevuto molte sollecitazioni dalle aziende». L’indennità per il lavoro ridotto è lo strumento più utile, ha sottolineato. «Oggi saranno emanate disposizioni che permettono di alleggerire le regole per ottenimento delle indennità per lavoro ridotto, con un preavviso che passa da 10 a 3 giorni». Inoltre, anche la procedura verrà semplificata, con il minimo dei documenti necessari. Questo anche perché, vista la situazione, non c’è motivo per respingere la richieste.

Chiusi 9 valichi minori

Christian Bock, direttore dell'Amministrazione federale delle dogane, ha invece parlato delle misure al confine. «Da lunedì al confine sud è attivo un monitoraggio per far rispettare il decreto italiano», ha spiegato. Sono 83 i punti di controllo. «Chi non si reca qui per lavoro viene invitato a tornare in Italia», ha chiarito. «In Ticino si è subito deciso di chiudere 9 dogane con l’Italia, mantenendo il monitoraggio solo alle dogane principali: è una misura tecnica, non si tratta di una chiusura delle frontiere», ha chiarito.

La lista dei valichi chiusi e quelli da usare in alternativa

- Pedrinate -> Chiasso strada (Ponte Chiasso)
- Ponte Faloppia -> Novazzano Brusata (Bizzarone) o Chiasso stradaNovazzano Marcetto -> Novazzano Brusata (Bizzarone) o Chiasso strada
- San Pietro di Stabio -> Stabio Gaggiolo
- Ligornetto Cantinetta -> Stabio Gaggiolo
- Arzo -> Stabio Gaggiolo o Brusino Arsizio
- Ponte Cremenaga -> Fornasette o Ponte Tresa
- Cassinone -> Fornasette
- Indemini -> Dirinella (Zenna)

«Non si può vietare gli ingressi dall’Italia»

Al momento non è possibile vietare l’entrata in Ticino di cittadini italiani in seguito ai controlli, ma solo raccomandare di tornare indietro, è stato chiarito da Bock. «Perché si possa vietare l’ingresso è necessaria una decisione del Consiglio federale».

Responsabilità individuale per frenare il contagio

Per quanto riguarda l’epidemia, «è fondamentale frenare i contagi», ha sottolineato Patrick Mathys. L’obiettivo centrale rimane quello di proteggere gli anziani e chi ha patologie pregresse. «Le misure igieniche e tenere le distanze sono tra le cose più semplici ed efficaci che possiamo fare», ha aggiunto. Per poi precisare: «Se non fate parte di una categoria a rischio ma avete sintomi riconducibili al coronavirus state a casa, non andate al pronto soccorso, ma telefonate al medico di famiglia». «Facciamo appello alla responsabilità individuale di ognuno: tutti noi possiamo contribuire a proteggere le persone più a rischio». Per ora si è deciso di rinviare le operazioni chirurgiche non urgenti, invece per quanto riguarda i posti nel reparto di cure intense, è stato spiegato che «la creazione di nuovi posti è una sfida ma è fondamentale soprattutto avere il personale sanitario specializzato».

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