Berna

Colore della pelle e nazionalità, la polizia ora attende la politica

Il Consiglio nazionale è chiamato a esprimersi su un’iniziativa che impone alle autorità di indicare anche la provenienza degli autori di reati - Le nuove disposizioni della fedpol per il sistema di ricerca Ripol non piacciono ad alcuni Cantoni: «Poco utile»
©Chiara Zocchetti
Luca Faranda
11.09.2025 23:00

La polemica è servita. La nuova direttiva dell’Ufficio federale di polizia (fedpol), che invita i corpi di polizia cantonali a non più indicare il colore della pelle nel sistema di ricerca Ripol, ha sollevato un polverone. La questione è approdata a Palazzo federale: i consiglieri nazionali Mike Egger (UDC/SG) e il leghista ticinese Lorenzo Quadri - tramite mozione, ma se ne parlerà anche lunedì all’Ora delle domande - hanno invocato l’intervento del Consiglio federale. Per i due deputati, il Governo deve «revocare la decisione dell’Ufficio federale di polizia». Per una ricerca efficace, è fondamentale che la polizia sia autorizzata a registrare tutte le caratteristiche rilevanti ai fini dell’identificazione. Secondo Egger, il colore della pelle è una delle caratteristiche più immediatamente visibili e rapidamente identificabili di una persona. Dello stesso avviso Quadri, secondo cui con questa modifica, «che ha una manifesta motivazione politico-ideologica», si rende più difficile il lavoro della polizia e si nuoce alla sicurezza pubblica. Per il ticinese, «la protezione dei delinquenti viene priorizzata (ancora una volta) rispetto a quella delle vittime».

Le proteste dei Cantoni

I primi a reagire sono però stati alcuni Cantoni. A Zurigo, il consigliere di Stato e responsabile del Dipartimento della sicurezza cantonale zurighese Mario Fehr - alla NZZ - ha parlato di una decisione «poco utile» e «motivata politicamente». E non la seguiranno. A Berna, il consigliere di Stato Philippe Müller ha espresso il malcontento in una lettera di protesta inviata a fedpol, definendo la decisione «oggettivamente errata», in quanto complica l’operato delle forze dell’ordine. Oltre a ciò, il consigliere di stato bernese si è detto sorpreso, poiché fedpol ha rinunciato a coinvolgere i Cantoni e le polizie cantonali. Contattata dal CdT, la Conferenza dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (CDDGP) ha confermato che «tale modifica è stata apportata a livello operativo da fedpol, senza che la CCDGP fosse coinvolta o partecipasse alla decisione». Per il momento non intende però pronunciarsi in merito. Bocche cucite anche dalla Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali, presieduta dal ticinese Matteo Cocchi.

Strumentalizzazione politica

Quando si parla di profilazione razziale, il rischio di strumentalizzazione politica (da destra a sinistra) è elevato e da anni al centro di dibattito. Un esempio è l’obbligo di menzionare la nazionalità degli autori nei comunicati di polizia e del ministero pubblico.

Ne sanno qualcosa anche gli elettori del Canton Zurigo, che nel 2021 si sono recati alle urne per votare un’iniziativa cantonale dell’UDC. Il testo dei democentristi chiedeva di indicare nei comunicati di polizia nazionalità, età e sesso dei presunti autori di reati, ma anche l’eventuale passato migratorio di persone naturalizzate. Il Parlamento zurighese aveva poi elaborato un controprogetto per escludere le informazioni sul passato migratorio. Il risultato? L’iniziativa era stata respinta da oltre il 56,2% dei voti, mentre il controprogetto era stato accolto dal 55,2%.

Prassi uniforme in tutto il Paese

La polemica relativa alla direttiva della fedpol giunge a pochi giorni dal dibattito alla Camera del popolo - previsto durante questa sessione, verosimilmente già la prossima settimana - su un’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Benjamin Fischer (UDC/ZH) proprio su questo tema.

Lo zurighese chiede di modificare l’articolo 74 (relativo all’Informazione del pubblico) del Codice di procedura penale (CPP). A suo avviso, l’informazione fornita alla popolazione deve includere «l’indicazione dell’età, del sesso e della nazionalità degli autori dei reati». Non solo. la polizia deve anche menzionare - con qualche eccezione - la nazionalità degli indiziati e delle vittime. I corpi di polizia comunali e cantonali già indicano la nazionalità degli autori, ma l’obiettivo di Fischer è di «creare una prassi uniforme a livello nazionale».

Clima di sospetto

La Commissione degli affari giuridici, con 15 voti contro 9, invita il plenum a non dare seguito all’iniziativa. Nel suo rapporto, evidenzia che «la richiesta dell’autore dell’iniziativa ha provocato un’accesa discussione». Per la maggioranza, infatti, c’è il rischio di strumentalizzazione politica. «Il fattore esplicativo pertinente quando si tratta di criminalità non è la nazionalità bensì il profilo socio-economico». Oltre a ciò, tale pratica (che in realtà è già utilizzata in molti cantoni) potrebbe alimentare i pregiudizi e favorire un clima di sospetto generalizzato. Il fronte di destra, che parla di interesse pubblico, «ritiene invece che la sovrarappresentazione degli stranieri nelle statistiche sulla criminalità sia un dato di fatto e che la popolazione abbia il diritto di essere informata in modo trasparente ed esaustivo da parte delle autorità di polizia».