Edilzia

Contratto nazionale mantello: «Gli impresari fanno pretattica»

I delegati di Syna-OCST approvano la lista delle rivendicazioni in vista delle imminenti trattative con la SSIC Locatelli: «Strumento indispensabile, ventilare un vuoto è folle» - Bagnovini: «L’esempio dei falegnami fa riflettere»
Le trattative per rinnovo del Contratto nazionale mantello partiranno a febbraio 2022. ©CDT/Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
22.11.2021 06:00

Una parola: «Irresponsabile». Talmente «irresponsabile da ritenere che sia tutta pretattica». Paolo Locatelli, sindacalista OCST, non usa mezzi termini nel commentare l’uscita degli Impresari costruttori svizzeri: «Negli scorsi mesi, la SSIC ha pubblicato uno studio secondo cui un vuoto contrattuale nel settore principale dell’edilizia non avrebbe ripercussioni sulla redditività delle imprese. E che non avrebbe conseguenze neppure a livello di dumping».

Dichiarazioni «folli» che sabato hanno animato la conferenza dei delegati del ramo dell’Edilizia di Syna-OCST. Ancora Locatelli: «Rimanere senza contratto nazionale mantello (CNM), soprattutto per una regione di frontiera come il Ticino, vorrebbe dire trasformare il settore in una giungla». Locatelli si affida a una metafora. «Senza CNM sarebbe come una Ferrari senza freni. Alla prima curva si schianterebbe».

Ottantamila lavoratori

Sullo sfondo, come è noto, ci sono le trattative per il rinnovo del CNM, uno dei principali contratti collettivi svizzeri che disciplina salari e condizioni di lavoro di circa 80 mila lavoratori edili. «Le trattative inizieranno a febbraio 2022». Interpelliamo, allora, per una reazione puntuale, il presidente della SICC-Ticino, Nicola Bagnovini: «Gli impresari costruttori sono senza dubbio favorevoli a un contratto nazionale mantello. Il CNM è importante. Noi lo abbiamo sempre sostenuto e ricercato. Lo abbiamo ribadito più volte anche durante l’assemblea nazionale dei delegati. Non possiamo tuttavia accettare rivendicazioni che non sono più attuali. Dunque: sì a un CNM, ma non a tutti i costi». Che dire allora dello studio? Ancora Bagnovini: «Lo studio è stato commissionato a un professore dell’Università di Basilea. Le conclusioni sono sue, non della SSIC. Venendo ai fatti, possiamo tuttavia ricordare che, a livello nazionale, i falegnami, dall’inizio del 2021, non hanno un contratto mantello. E di riduzioni salariali non ce ne sono state». Pronta la replica di Locatelli: «Con queste dichiarazioni, gli impresari vogliono mettere il sindacato nella condizione di “lavorare in difensiva” in vista di febbraio. Ovvero, vogliono fare in modo che i lavoratori non avanzino ulteriori rivendicazioni rispetto al contenuto attuale del contratto». Solo pretattica, dunque? «Ribadisco l’esempio dei falegnami», tira dritto Bagnovini.

Al tavolo negoziale

Quali sono allora le rivendicazioni che i sindacati porteranno al tavolo negoziale? «La conferenza di sabato dei delegati Syna-OCST serviva proprio a questo: iniziare a individuare alcuni temi, frutto di un sondaggio interno tra i lavoratori edili, in vista delle trattative di febbraio. Vogliamo arrivare al tavolo con sei priorità, condivise con il sindacato UNIA. Tra queste, già ora, possiamo individuare tre proposte. Uno: alleggerire il carico settimanale delle ore di lavoro. Due: remunerare il tempo di viaggio dalla sede al cantiere. Tre: controllare con maggiore rigore la presenza preoccupante di lavoratori interinali nel settore». Alla conferenza del ramo, spiega Locatelli, particolare attenzione è stata data al tema dei salari. «Adducendo margini di guadagno troppo esigui, la SSIC si oppone nuovamente a un aumento generalizzato dei salari».

Pronto il commento di Bagnovini: «I sindacati dimenticano troppo facilmente che nei primi due anni di contratto abbiamo dato 160 franchi al mese di aumento generalizzato. Ora tornano alla carica, dimenticando tuttavia che lo scorso anno il carovita era negativo. Quanto alla riduzione del carico settimanale, la nostra richiesta va nella direzione di una maggiore flessibilità, ossia, lavorare di più quando c’è lavoro e di meno quando scarseggia, proprio per salvaguardare i posti di lavoro e il benessere dell’impresa».