Camere federali

Contro i coloni violenti non ci saranno sanzioni

Gli Stati hanno respinto l'adozione di misure restrittive nei confronti di Israele – La Confederazione dovrà esercitare la propria influenza per impedire che vengano commessi gravi crimini a Gaza e per garantire l'accesso degli aiuti umanitari
© KEYSTONE/Peter Klaunzer
Red. ConfederazioneeAts
08.09.2025 22:23

La Svizzera non deve adottare alcuna sanzione nei confronti dei coloni israeliani violenti, né altra misura di carattere economico contro Israele, ma esercitare la propria influenza per impedire che vengano commessi crimini gravissimi a Gaza e per garantire l’accesso degli aiuti umanitari e il rilascio di tutti gli ostaggi e dei prigionieri politici. È quanto prevede il primo punto, giudicato meno problematico di tutti, di una mozione di Carlo Sommaruga adottata dal Consiglio degli Stati con 23 voti contro 18 e 2 astensioni. La proposta dovrà ancora passare al vaglio del Nazionale.

Per il «senatore» ginevrino non v’è dubbio che a Gaza sia in corso un genocidio che causa sofferenze indicibili alla popolazione civile, oggetto di una carestia pianificata a tavolino. La Svizzera, quale depositaria delle Convenzioni di Ginevra che garantiscono il diritto internazionale umanitario, non può più fare finta di nulla e, sulla spinta anche delle richieste della società civile, fra cui esperti di diritto internazionale e decine di ex ambasciatori elvetici, deve finalmente agire concretamente affinché tutto questo finisca. Concretamente, Sommaruga chiede l’adozione di sanzioni, sull’esempio dell’UE, contro i coloni israeliani che hanno commesso violenze specie in Cisgiordania, e l’introduzione dell’obbligo di etichettatura per i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani costruiti in violazione del diritto internazionale in Cisgiordania e sulle alture del Golan. Inoltre, auspica la sospensione di qualsiasi collaborazione militare con Israele e dell’accordo di libero scambio finché lo Stato ebraico non avrà adempiuto i propri obblighi internazionali. Richieste sostenute in parte anche da altri «senatori», come Charles Julliard (Centro/JU) e Mauro Poggia (UDC/GE), secondo i quali l’inazione della Confederazione non rende onore al suo ruolo di depositaria delle Convenzioni di Ginevra. Anche se la Svizzera è un piccolo Paese, la sua voce viene ascoltata, ha affermato Poggia, che ha anche parlato di «codardia elvetica», visto che la Confederazione ha subito aderito alle sanzioni contro la Russia ma non fa lo stesso per i coloni violenti.

Unica voce fuori dal coro a sinistra, Daniel Jositsch (PS/ZH) ha invitato i presenti a bocciare tutti i punti della mozione, a suo dire puramente declamatori che non portano a nulla e non avranno alcun effetto sulle sofferenze della popolazione. A suo parere, la Svizzera deve adoperarsi affinché si giunga alla pace, magari ospitando i colloqui sul proprio territorio. Jositsch ha puntato l’indice contro Hamas perché sta usando la popolazione come arma per perpetuare il conflitto, e perché sa benissimo che in altri Paesi ci sono persone come Sommaruga «che stanno cadendo in questa trappola comunicativa o propagandistica». Da parte sua, il vice presidente del Consiglio federale, Guy Parmelin, si è detto sconvolto dalle sofferenze umane nella Striscia di Gaza. In qualità di Stato firmatario delle Convenzioni di Ginevra, ha aggiunto, la Svizzera sfrutta anche i propri contatti bilaterali e multilaterali per sottolineare l’importanza del rispetto del diritto internazionale umanitario e per impegnarsi a favore di una soluzione politica del conflitto. Il Consiglio federale chiede a entrambi i belligeranti di garantire l’accesso senza restrizioni agli aiuti umanitari e di dichiarare subito il cessate il fuoco a Gaza. Per quanto riguarda i coloni e gli aspetti militari ed economici, Parmelin ha spiegato che la politica del governo si basa su una ponderazione di interessi di politica estera ed economica. A livello militare, poi, non esiste alcuna cooperazione. La Svizzera non esporta armi verso Israele da anni.

La protesta dei camici bianchi

Mentre a Palazzo si discuteva, sulla Piazza federale era in atto sin dal mattino uno sciopero della fame organizzato dalla rete nazionale «Operatori sanitari svizzeri contro il genocidio», che riunisce persone del settore medico e infermieristico (Swiss Healthcare Workers Against Genocide www.shwag.ch). L’azione durerà per tutta la sessione. Fra i promotori ci sono, fra gli altri, anche i medici Franco Cavalli, Michele Ghielmini, Marco Franzi, Flavio Del Ponte e Pietro Majno-Hurst. Lo scopo è di sollecitare il Consiglio federale ad applicare sanzioni mirate fino a quando il governo israeliano non avrà dimostrato di rispettare il diritto internazionale umanitario nei confronti della popolazione di Gaza e degli altri territori occupati e a riconoscere lo Stato di Palestina. «Gli appelli alla moderazione del DFAE, ripetuti ma privi di qualsiasi misura concreta, non hanno avuto alcun effetto, in contrasto con i principi che guidano la nostra etica professionale» sostengono i rappresentanti della Shwag, che questa sera si sono riuniti per esaminare il lancio di un’iniziativa volta a sancire il riconoscimento dello Stato di Palestina nella Costituzione svizzera.

Domani gli Stati esamineranno una iniziativa cantonale di Ginevra per un riconoscimento dello Stato di Palestina.

© KEYSTONE
© KEYSTONE
In questo articolo: