Parlamento

Cresce il malcontento: Beat Jans alla prova del fuoco

Neuchâtel minaccia la chiusura del Centro federale d’asilo - Durante la sessione si aprirà il dibattito sui controlli sistematici alle frontiere, ma salta nuovamente quello sul cambio di prassi della SEM per le donne afghane
©Gabriele Putzu
Luca Faranda
26.02.2024 23:45

Beat Jans è in carica solo dal primo gennaio 2024, ma la sua agenda è già fitta d’impegni. Dopo la visita a Chiasso della scorsa settimana, il consigliere federale dovrà presentarsi per la prima volta in Parlamento per difendere la sua politica d’asilo e - in parte - per giustificare l’operato di chi l’ha preceduto: Elisabeth Baume-Schneider. Il nuovo responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) deve però anche fare i conti con un crescente malumore tra la popolazione.

Boudry diventa un caso

Chiasso, infatti, non è l’unica cittadina a segnalare disagi al consigliere federale. A Boudry, nel canton Neuchâtel, attorno al Centro federale d’asilo (CFA) cresce l’insoddisfazione e aumentano anche le tensioni fra i residenti e i richiedenti asilo. A tal punto che il Cantone -stando alla SRF - sta valutando la possibilità di rescindere anticipatamente il contratto del centro se non ci saranno miglioramenti nella gestione dei casi più problematici.

In una lettera indirizzata al Consiglio federale, le autorità neocastellane minacciano di non prorogare o addirittura di disdire gli accordi (attualmente validi fino al 2033). Beat Jans ha risposto alla missiva, ammettendo tuttavia che a breve termine non ci sono soluzioni facili. Il cantiere, tuttavia, è avviato. A confermarlo è stato lo stesso Jans, che in occasione della sua visita nel Mendrisiotto ha proposto un pacchetto di misure.

Turchia

Ora, però, la destra – con l’UDC in testa – osserverà con attenzione le promesse fatte da Jans a Chiasso. La pressione sul fronte migratorio proseguirà anche nel 2024 - come per il 2023, sono attese circa 30 mila nuove domande - e l’UDC vuole mantenere alta l’attenzione fin da subito.

Nel corso delle prossime tre settimane, il «ministro» responsabile dell’asilo dovrà anche affrontare una sessione straordinaria dal tema «Protezione delle frontiere nazionali svizzere». I dibattiti - in programma il 13 marzo agli Stati e il giorno seguente al Nazionale - riguardano alcuni atti parlamentari firmati dall’UDC: una prima mozione chiede al Consiglio federale di introdurre controlli sistematici alle frontiere, mentre una seconda vuole negare l’asilo ai cittadini provenienti da Stati membri del Consiglio d’Europa (tra cui la Turchia). Nel 2023, la Turchia - con 5.675 domande - è risultato il secondo principale Paese di provenienza di richiedenti l’asilo.

Maghreb

Quasi un quarto delle domande - nel 2023 - arrivavano invece da richiedenti provenienti da Paesi con scarse probabilità di ottenere l’asilo (meno dell’1%, come ad esempio Algeria, Marocco e Tunisia). Per chi arriva da questi Paesi, il DFGP intende accelerare le procedure nei CFA, cercando di evaderle entro 24 ore. Questi richiedenti asilo dovranno dapprima motivare la loro domanda per iscritto. La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) sta ancora verificando se questa prassi è praticabile a livello giuridico, ma con questo giro di vite Jans ha inevitabilmente scoperto il fianco alle critiche provenienti anche dal suo campo: l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) ha criticato la linea che vuole intraprendere il basilese, sostenendo - tra le altre cose - che non è possibile valutare correttamente in 24 ore una domanda d’asilo.

Afghanistan

Jans, inoltre, questa mattina avrebbe dovuto sostenere il «cambio di prassi» per le domande d’asilo delle cittadine afghane. Ma non lo farà: il tema tornerà sui banchi del Nazionale presumibilmente nel corso del mese di aprile.

L’Afghanistan è per distacco il principale Paese di provenienza di richiedenti l’asilo: solo nel 2023 sono state 7.934 le domande presentate. A causa dell’ascesa al potere del regime talebano, nell’agosto del 2021, la situazione in Afghanistan è drasticamente peggiorata soprattutto per le donne. Dallo scorso 17 luglio, la Segreteria di Stato della migrazione - allora sotto la guida di Baume-Schneider - concede alle richiedenti asilo afghane lo statuto di rifugiate.

In precedenza, invece, potevano rivendicare lo statuto di persona ammessa provvisoriamente, spiega il consigliere nazionale Gregor Rutz (UDC/ZH), che tramite una mozione chiede al Consiglio federale di annullare questo cambio di prassi. A suo avviso, c’è il rischio di rendere la Svizzera più attrattiva come Paese di migrazione (il cosiddetto «pull effect»), provocando un aumento del flusso di rifugiati.

Si attende il parere del Governo

Il tema era d’attualità già lo scorso dicembre, ma Nazionale e Stati hanno entrambi deciso di passare prima dalle rispettive Commissioni delle istituzioni politiche.

La Commissione del Nazionale - che propone, di misura, di respingere l’atto parlamentare di Rutz - ha elaborato una nuova mozione che in sostanza approva la prassi della SEM, ma a condizioni ben chiare: ad esempio, è necessario garantire che le domande siano sempre esaminate individualmente e che, in caso di ricongiungimento familiare, i coniugi (ovvero i mariti afghani) siano sottoposti a un controllo di sicurezza per escludere che siano membri del regime talebano. Il Governo, però, non si è ancora espresso su quest’ultima mozione e così il dibattito previsto questa mattina al Nazionale è saltato - all’ultimo istante - per la seconda volta.