Dazi, sul tavolo delle trattative c’è l’addio alla «Digital Tax»

«Commercio digitale e tecnologia». Sarebbe questo il titolo di uno dei capitoli più controversi dell’offerta che il Consiglio federale avrebbe fatto a Donald Trump per cercare di ridurre i dazi (oggi al 39%) sui prodotti svizzeri esportati negli Stati Uniti. Il condizionale è d’obbligo, ma a svelare una piccola parte del piano elaborato del Governo è il domenicale NZZ am Sonntag. Per convincere il presidente statunitense, una delle concessioni offerte da Berna riguarderebbe la rinuncia alla «Digital Tax».
Già solo l’idea di regolamentare i colossi del web ha incontrato vari ostacoli: il 5 aprile 2023, il Consiglio federale aveva incaricato il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) di elaborare un progetto di consultazione sulla regolamentazione delle piattaforme di comunicazione e dei grandi motori di ricerca. Tra questi figurano ad esempio Google, Facebook e YouTube.
A tutela degli utenti
Il motivo è semplice: attualmente le piattaforme sono poco regolamentate. Il Governo intende rafforzare i diritti degli utenti in Svizzera e richiedere più trasparenza alle piattaforme, senza limitarne gli effetti positivi sulla libertà di espressione. «Laddove opportuno, le nuove disposizioni si devono basare sulla legge sui servizi digitali dell’Unione europea». Tale «Digital Services Act» (a cui si aggiunge il «Digital Markets Act») è stato approvato da Bruxelles nell’estate del 2022. Prevede obblighi per le grandi piattaforme e regole chiare: ciò che è illegale offline, lo deve essere anche online. E ciò a tutela degli utenti, anche per rafforzare la protezione dei minori da contenuti illeciti.
Oltre alla questione della regolamentazione, c’è però anche una questione finanziaria: la «tassa digitale» o anche Web Tax - riscossa ad esempio in Francia e in vari Paesi UE - è argomento d’attualità anche in Svizzera. Non è però ancora dato sapere in che modo ed entro quando si agirà nei confronti dei GAFAM (acronimo che sta per Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft). Il DATEC aveva tempo fino a marzo 2024 per elaborare un avamprogetto per le grandi piattaforme di comunicazione. Tuttavia, lo scorso aprile - quasi all’inzio delle tensioni commerciali con gli USA - il Consiglio federale ha deciso di posticipare il progetto a una data futura e ancora incerta.
A vari atti parlamentari, in cui si chiede al Governo di agire su più fronti per regolare le piattaforme (ad esempio contro lo sfruttamento sessuale dei bambini in rete o contro le fake news), il Consiglio federale ha dato nelle ultime due settimane le stesse risposte: «Il progetto di consultazione è stato elaborato. Il Consiglio federale se n’è già occupato più volte e prenderà una decisione in un momento successivo». La Svizzera, a quanto si apprende dalla NZZ am Sonntag, potrebbe fare un ulteriore passo indietro. Nella bozza di accordo negoziata con Washington, il primo punto elencato al capitolo «Commercio e tecnologia digitale» riguarda proprio questo aspetto. Ovvero che la Svizzera rinuncerà all’introduzione di una «tassa digitale».
Il messaggio su Truth
Per la consigliera nazionale Franziska Ryser (Verdi/SG), citata dal domenicale, «i giganti della tecnologia sono gli oligarchi di Trump». Ha pertanto criticato la decisione del Consiglio federale di mettere sul tavolo questa concessione. La libertà economica dei giganti del web e della tecnologia è un argomento che potrebbe far presa su Donald Trump, che a più riprese ha minacciato gli Stati che cercano di regolamentare e tassare le attività di queste multinazionali.
Solo pochi giorni fa (era il 26 agosto), in un post sulla sua piattaforma Truth, Trump ha minacciato dazi supplementari o restrizioni sui chip nei confronti dei Paesi che «discriminano» la tecnologia statunitense imponendo tasse digitali o regolamentazioni più severe.