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Difesa, un budget di 7 miliardi e in tasca una lista della spesa

Entro il 2030, all'esercito sarà destinato un importo pari all'1% del PIL – Obiettivo: recuperare i ritardi e ammodernare le truppe – Amherd: «Ecco dove intendiamo intervenire. Non serviranno programmi di risparmio»
Una seconda tranche di mortai da 12 cm montati su veicoli Pirahna potrà essere acquistata più rapidamente. © Keystone / Gian Ehrenzeller
Giovanni Galli
10.05.2022 06:00

La guerra in Ucraina ha cambiato le coordinate della politica di sicurezza e spingerà verso l’alto le spese militari svizzere. Entro il 2030, il budget dell’esercito sarà portato gradualmente dagli attuali 5,6 a 7 miliardi di franchi. Il Consiglio nazionale ha dato mandato al Governo, tramite una mozione, di proporre un aumento progressivo delle spese a partire dal 2023, in modo da raggiungere almeno l’1% PIL per la fine del decennio. Attualmente, la Confederazione spende per la difesa l’equivalente dello 0,7% del prodotto interno lordo. Dalla fine della guerra fredda, la quota delle spese militari è drasticamente diminuita. Se nel 1990 il Paese destinava alle forze armate il 15,7% delle sue spese totali, ora questa percentuale è scesa al 6,8%. La mozione è stata approvata con 111 voti (UDE, PLR e Centro) contro 79 (PS, Verdi e Verdi liberali) e 2 astensioni. Il mandato diventerà vincolante quando anche il Consiglio degli Stati, probabilmente in giugno, darà il suo benestare ad una proposta identica, già accolta dalla sua Commissione della politica di sicurezza. 

Non solo F-35 e Patriot

Il Consiglio federale è d’accordo. Il DDPS ha dato la massima priorità al rinnovo della difesa aerea, prevedendo l’acquisto di 36 aerei da combattimento F-35 e di cinque sistemi di difesa missilistica terra-aria Patriot, per un totale di 8 miliardi di franchi. Questo grosso investimento, finanziato col budget ordinario dell’esercito, ha ritardato l’acquisto di altri sistemi d’arma. Con l’aumento delle risorse a disposizione potranno essere anticipate una serie di spese, a vantaggio soprattutto delle truppe di terra. «Adesso possiamo colmare le lacune più velocemente», ha detto la ministra della Difesa. La sostituzione di sistemi d’arma che sono già giunti al termine del loro ciclo di vita ma che per ragioni finanziarie era prevista solo entro la fine del decennio, potrà essere anticipata. È il caso dei mortai da 12 cm, montati su veicoli Pirahna, che dal 2024 dovranno sostituire i lanciamine ritirati nel 2009. L’acquisto di una seconda tranche, pianificato da tempo, non poteva avere luogo a causa della mancanza dei mezzi. Piani concreti già esistono, adesso basta solo attuarli. 

Sarà anticipato anche l’acquisto di posti di comando mobili, equipaggiati con nuove apparecchiature radio e meglio protetti contro gli attacchi informatici, per migliorare la capacità delle truppe di terra. Stesso discorso per i mezzi di difesa informatici. Progetti sono già in corso, come la costituzione di un battaglione ciber (appena costituito), ma a causa del progresso tecnologico serviranno ulteriori investimenti, che potranno essere accelerati grazie alla maggior disponibilità di risorse. Grazie a questa dotazione, potranno essere ammodernati i mezzi di esplorazione e di aiuto alla condotta. «Sono tutti progetti già valutati o pianificati. I fondi saranno usati in modo attento».

«Nessuno deve soffrire»

Secondo Amherd un esercito moderno e bene equipaggiato è anche la base per una più forte cooperazione con l’estero. «La Svizzera può e deve contribuire all’architettura di sicurezza europea e internazionale ma possiamo farlo solo se siamo equipaggiati di conseguenza». Ma dove andare a prendere i fondi supplementari? Amherd ha garantito che l’aumento annuale del budget sarà conforme al freno all’indebitamento. Dal 2023 potranno essere stanziati 300 milioni all’anno in più «senza la necessità di programmi di risparmio e di aumenti di imposte. «Nessuno deve soffrire per le maggiori spese dell’esercito». Né ci sarà una crescita sproporzionata delle spese per la sicurezza. Al contrario, ha detto Amherd, la crescita del bilancio federale e quella del bilancio dell’esercito dovrebbero svilupparsi più o meno allo stesso modo».

Perché spendere di più

«La guerra in Ucraina è stata un elettroshock» ha detto a nome della maggioranza borghese Jean-Luc Addor (UDC, VS), secondo cui il conflitto ha portato alla luce le debolezze dell’esercito svizzero. Un esempio? Su 17 battaglioni di fanteria, solo 10 possono essere completamente equipaggiati. Gli altri, nel caso dovessimo mobilitarli tutti insieme, esistono solo sulla carta. «Secondo Rocco Cattaneo (PLR), dalla caduta del Muro di Berlino la Svizzera ha dormito per trent’anni. «L’unico settore sul quale si è risparmiato è quello della difesa. Oggi le spese per la difesa risultano essere ancora inferiori al 1990», ha aggiunto, convinto che ora sia necessario un cambiamento di rotta e che si debba sospendere la distribuzione dei cosiddetti dividendi della pace. «Il conflitto bellico in Ucraina ci mostra come in Europa guerre convenzionali siano ancora possibili. Siamo convinti che un graduale aumento della spesa per l’esercito permetterebbe di accelerare i processi di ammodernamento in corso, di colmare le lacune esistenti e di mettere in pratica più velocemente i progetti di acquisto di armamenti».

Il no di sinistra e Verdi liberali

Pur favorevoli all’esercito, i Verdi liberali hanno votato con la sinistra. Con François Pointet (VD) hanno detto di essere contrari ad agire con precipitazione e favorevoli invece a una riflessione di fondo sulle vere esigenze dell’esercito per far fronte alle sfide del futuro. Il campo rossoverde, con i socialisti Franziska Roth (SO) e Pierre-Alain Fridez (JU) ha sottolineato la necessità di pensare a un «esercito diverso». Un eventuale aumento della spesa per le forze armate va essere discusso in un quadro più ampio. Prima occorre un’analisi approfondita dell’attuale situazione di conflitto e delle sue conseguenze. La Svizzera non può far niente contro la minaccia nel campo ciber e gli attacchi missilistici». 

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