Disoccupazione non sempre ottenibile con il lavoro su chiamata

Un lavoratore su chiamata non ha diritto alla disoccupazione parziale oltre i due anni se i suoi incarichi sono troppo irregolari per ricavarne un tasso di occupazione medio. Il Tribunale federale (TF) chiarisce la sua prassi in materia con un sentenza pubblicata oggi.
Il caso riguarda una cinquantenne che aveva ottenuto le indennità giornaliere dall’assicurazione contro la disoccupazione durante i termini quadro, dal 1° agosto 2016 al 31 luglio 2018. Dal luglio 2017 aveva però trovato un lavoro come ausiliaria su chiamata e l’assicurazione aveva preso in considerazione questo reddito come reddito intermedio.
Alla fine dei termini quadro, la donna aveva chiesto di continuare a ricevere l’indennità. La sua domanda era stata respinta dalla cassa con la motivazione che non c’era un lavoro perso da poter prendere in considerazione, ai sensi della legge. Il suo ricorso era stato accolto dal Tribunale amministrativo del canton Berna, ciò che aveva spinto l’Ufficio cantonale di assicurazione contro la disoccupazione ad appellarsi al TF.
Nella sua sentenza, i giudici del Primo Tribunale di diritto sociale, con sede a Lucerna, ricordano che, in linea di principio, un dipendente su chiamata non subisce una perdita di reddito ai sensi della Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (LADI) nei periodi in cui non svolge un incarico. Non ha quindi diritto a una disoccupazione parziale.
Secondo il TF, è però opportuno discostarsi da questo principio quando il lavoro su chiamata presenta una certa regolarità per un periodo più o meno lungo. In questo caso, la cassa disoccupazione deve stabilire un orario di lavoro «normale» basandosi sulla media delle ore lavorate durante tutto l’anno.
Nel caso in questione, il Tribunale amministrativo aveva riconosciuto che le chiamate della donna erano troppo irregolari per stabilire una media lavorativa. Aveva però tenuto conto del fatto che l’impiego superava il minimo di 12 mesi richiesti per iniziare un nuovo periodo quadro. I giudici avevano inoltre constatato che la lavoratrice aveva cercato attivamente altri posti di lavoro e accettato tutti gli incarichi offerti dal suo datore.
Da parte sua, la cassa disoccupazione aveva ha ritenuto che, se la durata di 12 mesi era stata raggiunta, altre condizioni che danno diritto ad un nuovo periodo quadro per l’indennità non erano invece state raggiunte.
Nelle sue considerazioni, il TF conferma la posizione della cassa disoccupazione. Quando un lavoratore a tempo pieno perde il lavoro e accetta un lavoro su chiamata, siamo di fronte a una soluzione dettata dalla necessità di ridurre i danni, che deve essere definita provvisoria.
Se la situazione perdura, perde il suo carattere provvisorio e diventa permanente, il che è contrario allo spirito dell’assicurazione contro la disoccupazione. Chi prima lavorava a tempo pieno, ma ora si accontenta di lavorare a tempo parziale o di essere reperibile, non ha più diritto a un’indennità per un ulteriore periodo quadro.
Il TF ritiene che non vi sia motivo di accettare una disparità di trattamento tra i lavoratori a tempo pieno che riducono la loro attività e i lavoratori su chiamata.