Dopo cinque anni a spacciare cocaina ne rischia nove e mezzo di carcere

«Lei ci deve spiegare perché praticamente tutti gli spacciatori della regione la odiano, poverino». La frase, grondante sarcasmo, è stata pronunciata da un esasperato giudice Amos Pagnamenta, presidente della Corte delle assise criminali chiamata a sentenziare su un 36.enne albanese che, secondo la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, fra il 2018 e il 2023 avrebbe spacciato almeno 11 chili di cocaina soprattutto nel Luganese, nel Locarnese e neiGrigioni. Un’esasperazione, quella di Pagnamenta, figlia dell’atteggiamento processuale dell’uomo, il quale ammette solo in parte - circa due chili e mezzo - i quantitativi, ma lo fa a fronte di diverse chiamate in correità da parte di persone che non si conoscevano una con l’altra e che non avrebbero avuto motivo di mentire. Chiamate in correità - ha precisato Lanzillo, la quale ha chiesto una condanna a nove anni e sei mesi e l’espulsione dalla Svizzera per quindici - «fatte senza astio né volontà di ripicca, e quando non c’era alcun rischio di collusione». Qualche dubbio al riguardo lo ha invece sollevato la patrocinatrice dell’uomo, avvocata Cristina Faccini, che si è battuta per una condanna massicciamente ridotta rispetto a quella prospettata dalla pubblica accusa: «Non è un boss e non ne ha la stoffa: stava per lasciare la Svizzera per via dei debiti accumulati». La sentenza è attesa per domani pomeriggio, mercoledì. L’uomo è in carcere dall’estate del 2023 e al momento è in espiazione anticipata della pena.
Era o non era un boss?
Il sospetto è dunque che stavolta alla sbarra non via sia il solito «cavallino», bensì un elemento più apicale di quei gruppi criminali che sull’asse Albania-Italia importano ingenti quantità di droga nel nostro territorio. L’inchiesta di Lanzillo è stata complessa e poderosa, con oltre una ventina di verbali fra interrogatori e confronti, e secondo la procuratrice da essa emerge che l’imputato non solo spacciasse, ma anche gestisse il flusso di droga, di spacciatori e di denaro da e per l’Albania (una delle accuse è anche di riciclaggio di denaro). «Aveva tanti soprannomi: Frank, Michel, Antonio. Addirittura qualcuno lo chiamava Logistica». L’uomo ha precedenti per spaccio d’eroina inFrancia e negli ultimi anni ha cambiato cognome tramite un matrimonio di comodo per rendersi meno riconoscibile alle autorità.
Anche sotto questo aspetto, qualche dubbio sul reale ruolo dell’uomo nell’organizzazione criminale è stato sollevato dall’avvocata Faccini. Non risulterebbe infatti che si sia particolarmente arricchito e i correi - in gran parte già condannati - hanno avuto insolitamente poche ritrosie a fare il suo nome, in un contesto solitamente omertoso. Si tratterebbe insomma, di una spacciatore sui generis: «Alla fine dava a tutti il suo nome e cognome. Addirittura raccomandava ai consumatori di non esagerare e nel frattempo ha chiesto scusa a tutti».