«È pericolosa la mancanza di un accordo sull'elettricità»

Alle elezioni federali del 2019 i Verdi liberali, insieme ai Verdi, avevano creato la sorpresa. Erano passati dal 4,6% al 7,8%, conquistando in totale 16 seggi al Nazionale (+9). Non erano riusciti, per contro, ad entrare nella Camera dei Cantoni. In seguito, hanno fatto ulteriori passi avanti anche a livello locale. Ma gli ultimi sondaggi li danno in calo. Di questo e altri temi d’attualità a livello federale parliamo con il presidente nazionale Jürg Grossen.
Dal 2019, i Verdi liberali hanno guadagnato 59 seggi nei parlamenti cantonali (due in Ticino) e due negli Esecutivi, ma ora gli ultimi sondaggi li danno in calo. L’onda verde si è esaurita?
«La politica verde liberale ha fatto passi avanti nei Cantoni, dove abbiamo conquistato nuovi seggi e nuovi elettori. Sono convinto che faremo meglio di quanto indicano i sondaggi, che tra l’altro presentano sempre un margine di errore. Quindi non sono preoccupato, anche perché non confonderei la nostra situazione con quella dei Verdi».
L'obiettivo del 10% il 22 ottobre è ancora realistico, con in sondaggi che vi danno al 7,3%?
«È uno scenario ottimistico, dal quale però non ho motivo di scostarmi. Resto ottimista».
E una candidatura al Consiglio federale? Può essere sostenuta senza avere rappresentanti agli Stati, dove mancate dal 2015?
«Senza essere presenti al Consiglio degli Stati è difficile nutrire ambizioni di Governo. Uno dei nostri obiettivi è di tornare alla Camera dei Cantoni. Io sono candidato nel Canton Berna, la capogruppo Tiana Moser a Zurigo. Le chance non sono altissime ma restano intatte. Sono elezioni dove contano più le persone dei partiti ed entrambi siamo conosciuti nei rispettivi Cantoni».
Vi viene rinfacciato di essere in realtà più verdi che liberali.
«Ce lo dicono da anni. In realtà, non abbiamo nessuna intenzione di mettere l’una contro l’altra la componente verde e quella liberale. Non si può avere successo sul piano economico senza comportarsi in modo ecologicamente sostenibile. Né si può fare ecologia senza tenere conto degli aspetti economici».
Al vostro ex presidente Martin Baeumle, tuttavia, non era andato giù l’appoggio all’iniziativa per imprese responsabili.
«Anch’io personalmente non la condividevo. Abbiamo lottato invano per un buon controprogetto, ma la soluzione alla fine non era soddisfacente. Il tema è stato discusso a fondo internamente. Siamo un partito di centro, dove non tutto è bianco o nero. Alla fine abbiamo deciso di sostenere l’iniziativa».


Che ne è stato dei vostri colloqui con il Centro? Un centro politico forte consentirebbe di avere due seggi in Consiglio federale?
«Abbiamo avuto colloqui solo per le congiunzioni elettorali e non per altre forme di collaborazione. Naturalmente, per il centro politico avrebbe senso disporre di due consiglieri federali, anche per evitare i blocchi continui fra sinistra e destra. Ma non possiamo sommare i nostri elettorati. Il nostro partito deve dapprima giustificare la sua pretesa di aver un consigliere federale. C’è anche chi dice che potremmo avere un consigliere federale insieme ai Verdi. Ma abbiamo posizioni economiche completamente diverse e anche metodi differenti per raggiungere gli stessi obiettivi. Con il Centro condividiamo il fatto di essere due partiti orientati al consenso e pronti al compromesso, ma loro sono più conservatori mentre noi ci reputiamo più progressisti. Per questo siamo molto diversi».
La svolta energetica è fallita, come dicono i suoi avversari, UDC in testa?
«Premetto che dal nostro punto di vista la strategia energetica 2050, pur essendo una buona cosa, è una mezza strategia. L’UDC ha respinto tutto quello che riguardava l’espansione delle energie rinnovabili. Anche il PLR e il Centro hanno contribuito a frenare il cambiamento. In ogni caso, grazie a questa strategia entrata in vigore nel 2018, negli ultimi due anni siamo riusciti a produrre 2 TWh di energia solare in più, vale a dire quanto dovrebbero produrre fino al 2030 i parchi solari alpini. La politica di sviluppo funziona. Quest’anno ci sarà un altro record. Quello che abbiamo deciso con il cosiddetto “Solar Express” e ora con l’“atto mantello” avrà effetti concreti fra tre o quattro anni. È assolutamente falso dire che la strategia 2050 è fallita. Anche se dimezzata, la parte restante funziona».
Il recente no dei vallesani alle procedure veloci per i parchi solari alpini è un segnale negativo per il l’espansione delle energie rinnovabili?
«È un segnale negativo, anche perché dimostra che i Verdi sono contrari a qualsiasi significativo intervento di espansione delle energie rinnovabili. In Vallese loro vogliono il fotovoltaico solo sui tetti delle case. Per noi, invece, bisogna farlo sia sulle case sia in altitudine, perché abbiamo bisogno di produrre più energia».
L’inverno 2022 è stato superato senza choc. Ma come assicurare l’approvvigionamento a lungo termine nei mesi invernali? Bastano le nuove energie rinnovabili?
«Tecnicamente, la Svizzera potrebbe diventare nel tempo completamente autosufficiente grazie alle energie rinnovabili e senza ricorrere a quella atomica. Ma ritengo anche che in questo momento ci serva un solido accordo con l’UE per assicurare l’approvvigionamento di gas ed elettricità. Abbiamo 41 punti di collegamento con la rete europea. Eppure dobbiamo spendere molti soldi per stabilizzare la nostra rete, costruire centrali d’emergenza e costituire riserve idriche».
Lei aveva detto che la mancanza di un accordo con l’UE sull’elettricità è la causa di quasi la metà del rincaro in bolletta del 2024. Ma che cosa potrebbe portare un accordo se l’UE stessa avesse problemi di approvvigionamento?
«Sono convinto che con l’UE si possa sottoscrivere un accordo che regga anche in tempi difficili. Se fossimo integrati nel mercato europeo non avremmo gli oneri a cui ho accennato prima. Non condivido quindi la posizione di Albert Rösti, che non considera questo accordo fondamentale. Per me, invece, la mancanza di un accordo è pericolosa».


Il nucleare potrebbe essere un’opzione?
«Fino a quando le nostre centrali sono considerate sicure è giusto che continuino a restare in funzione. Nonostante la diffusione delle auto elettriche e l’impiego di termopompe, negli ultimi 20 anni i consumi sono rimasti stabili. Ma in futuro, con la sempre maggiore elettrificazione della mobilità e degli impianti di riscaldamento, ci sarà un aumento. Le centrali atomiche forniscono energia di banda, questa produzione tuttavia non è basata sul fabbisogno. La Svizzera ha dovuto costruire un sistema che obbliga ogni notte ad accendere 950 mila boiler elettrici per scaldare l’acqua e prevedere prezzi inferiori al consumo perché abbiamo troppa energia di banda. Anche l’energia solare non è basata sul fabbisogno, perché viene prodotta solo di giorno. Ma essendoci sempre più energia fotovoltaica, le centrali atomiche produrranno energia di banda superflua per tre quarti dell’anno».
Una nuova centrale atomica avrebbe la possibilità di passare a livello popolare?
«No, se si spiega bene alla popolazione quali problemi pratici comporta l’energia nucleare. Si parla di centrali di nuova generazione, ma finora non ce ne è una sola connessa alla rete. La Svizzera non ne avrà bisogno. Ne potremo ridiscutere quando sarà presentata l’iniziativa “Stop al blackout”».
La transizione energetica riuscirà comunque? Non fate previsioni troppo ottimistiche sulle energie alternative?
«Certo che riuscirà. Lo vedo con la mia azienda a Frutigen, dove ogni mese produciamo sufficiente energia fotovoltaica per soddisfare i nostri bisogni, anche in inverno. E immagino che le resistenze che incontrano oggi certi progetti di espansione delle rinnovabili le incontrerebbero a maggior ragione anche quelli di nuove centrali nucleari. In tutti i progetti, in particolare quelli più grandi, è possibile incontrare delle resistenze».
Siete l’unico partito ad avere preso chiaramente posizione per l’accordo istituzionale con l’UE. Che tipo di soluzione volete con Bruxelles?
«Vogliamo un nuovo accordo quadro 2.0 o in alternativa entrare nello Spazio economico europeo. Anche gli accordi settoriali di cui si parla oggi ci andrebbero bene, purché si arrivi ad una buona intesa. La Svizzera ha convissuto bene con i bilaterali, ma adesso questi si stanno erodendo. Fra la mancata partecipazione a Horizon e l’assenza di un accordo sull’energia, quanto dolore vogliamo ancora infliggerci? Se avessimo sottoscritto l’accordo quadro, oggi non avremmo molti problemi. Ne avremmo altri, ma certo non gravi. E poi oggi non possiamo sedere ai tavoli in cui vengono prese importanti decisioni che ci riguardano direttamente e alle quali possiamo solo adeguarci».
Anche quest’anno è arrivata una stangata sui premi di cassa malati. La politica finora sta fallendo nel regolare il sistema.
«Il PS ha la sua parte di responsabilità. Già diversi anni fa, un gruppo di lavoro presieduto dalla nostra rappresentante Verena Diener aveva pubblicato un rapporto che indicava per filo e per segno dove stavano i problemi e le possibili soluzioni. In 12 anni alla guida del dipartimento, Alain Berset non è mai riuscito a metter mano a questi problemi. Che cos’ha fatto per la digitalizzazione e altri progetti potenzialmente utili? Nulla. E il Parlamento, va detto, non lo ha aiutato. Trovo promettente, invece, il tentativo di organizzazione sanitaria integrata in atto nell’Arco giurassiano, tramite un modello pubblico-privato con un’assicurazione di base alternativa. Non credo, invece, all’abolizione dell’assicurazione obbligatoria e ad altri modelli che tendono a creare una medicina a due velocità».
Nella prossima legislatura si dovrebbe votare anche sul tema della neutralità. Da che parte staranno i Verdi liberali?
«La neutralità integrale invocata dall’UDC è un’assurdità, che non corrisponde alla realtà dei fatti. La neutralità è sempre stata un concetto elastico. Il Consiglio federale deve avere la possibilità di adattarla alle diverse situazioni. In Ucraina c’è stata da parte russa una crassa violazione del diritto internazionale. Non consentire l’export indiretto di armi, opporsi al sequestro di beni o non aderire alle sanzioni crea complicità con l’aggressore. Oggi la Svizzera si sta nascondendo dietro la neutralità. Vorrei che il Consiglio federale mostrasse una chiara posizione e una leadership, perché adesso sta commettendo molti errori».

