Ecco come l'accordo di libero scambio migliorerà i rapporti fra India e Svizzera

La diplomazia elvetica getta le basi per offrire nuove opportunità alla Svizzera in India e Bhutan. Le recenti elezioni, nel Paese con più abitanti al mondo, hanno riconfermato premier Narendra Modi, al suo terzo mandato. La democrazia, nella Repubblica parlamentare federale, sembrerebbe in buona salute e promette ulteriori progressi. L’India è un Paese che sta cambiando sempre più velocemente, ma anche una potenza economica in ascesa, che ha buoni rapporti con la Svizzera. In particolare dopo l’accordo di libero scambio, che vedrà nei prossimi anni 15 miliardi di franchi svizzeri di investimenti. Un traguardo importante, raggiunto dopo anni di trattative, che porterà anche notevoli risparmi sui dazi doganali. Abbiamo parlato con Ralf Heckner, ambasciatore svizzero in India e Bhutan, delle prospettive future dei rapporti bilaterali, all’indomani di alcune svolte politiche ed economiche nel subcontinente e nello Stato himalayano più felice del mondo. L’India si prepara a diventare la terza potenza economica mondiale e il Bhutan promette di stupire con il progetto di Mindfullness City, a Gelephu, voluto dal re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, che sta richiamando l’attenzione internazionale. La Svizzera è pronta a raccogliere sfide che la porteranno lontano. Partendo da storiche relazioni culturali. Negli anni Cinquanta, infatti, Le Corbusier fu chiamato da Jawaharlal Nehru a progettare la capitale del neonato Stato del Punjab, mentre l’industriale svizzero-tedesco Fritz von Schulthess-Rechberg creò un duraturo legame d’amicizia con l’allora re del Bhutan, Jigme Dorji Wangchuck.
Ambasciatore
Heckner, come è cambiata l’India negli ultimi anni?
«Se
il mondo di oggi cambia velocemente, l’India cambia ancor più rapidamente.
Credo che lo scopo di un rappresentante diplomatico svizzero sia anche quello
di informare Berna sul livello dei cambiamenti in atto nel Paese in cui è stato
inviato. L’India è la quinta potenza economica mondiale, ma nel futuro è molto
probabile che diventi la terza. Dai miei colloqui con gli indiani emerge una
visione decisamente ottimistica sul futuro del Paese che, secondo loro, non
potrà che migliorare. Gli svizzeri possono imparare molto dall’India. Sono
rimasto colpito dal livello di digitalizzazione del Paese e dal cosiddetto
India Stack, sviluppato già prima del governo Modi e realizzato durante i suoi
due mandati, che permette l’inclusione finanziaria di una grande maggioranza
della popolazione. Nello specifico, il progetto coinvolge tre elementi
fondamentali: l’identità digitale, i pagamenti cashless e il
data management».
Quali scenari futuri
si prospettano in India con la rielezione e il terzo storico mandato di Narendra
Modi?
«Penso
che la popolazione indiana abbia votato per avere stabilità e continuità
politica. Il premier Modi, al suo terzo mandato, continuerà a lavorare per
raggiungere un obiettivo ambizioso. Ovvero, che l’India nel 2047 diventi un Paese
economicamente avanzato. Questa è la missione del governo Modi, il quale darà
priorità politica all’economia e alle riforme. La Svizzera si è ben posizionata,
dato che l’India guarda con interesse ai nostri investimenti e al settore
dell’innovazione».
Tornando alle
recenti elezioni, che hanno riconfermato Modi, stiamo parlando di 642 milioni
di cittadini andati al voto, di cui 312 milioni di donne, e di un Paese
complesso, multilingue, multietnico e caratterizzato dal pluralismo religioso,
che vuole essere moderno. Quali sono i
segnali di un dibattito politico e sociale in un'India che desidera essere una
democrazia evoluta?
«La
popolazione indiana è andata al voto per scegliere il Parlamento e ha optato
per il governo Modi in modo da avere continuità e stabilità; tuttavia, anche l’opposizione
è uscita rafforzata dalle elezioni. Poi c’è tutto il discorso del federalismo
che è un fattore politicamente importante. L’India è una Repubblica federale e
in futuro ci saranno elezioni a livello dei singoli Stati, dopo quelle
nazionali. Il processo democratico del federalismo rispecchia l’immensa
diversità e varietà che caratterizza l’India. Per quanto riguarda la
rappresentanza femminile nel sistema politico, c’è un progetto di legge
importante, il Women’s Reservation Bill, votato durante il secondo governo Modi.
Questo prevede che un terzo dei seggi in Parlamento sia riservato alle donne,
ma entrerà in vigore solo dopo il prossimo censimento della popolazione. Il
censimento è una delle cose importanti che questo governo dovrà fare perché poi, appunto, potrà entrare in vigore la legge a favore di una maggiore partecipazione delle
donne alla vita politica».
Quali opportunità
dà alla Svizzera l’accordo di libero scambio con l’India siglato di recente
insieme ai Paesi dell’EFTA, European Free Trade Association, Liechtenstein,
Islanda e Norvegia?
«L’accordo
di libero scambio è stato concluso nel maggio di quest’anno, mentre la
ratificazione si farà nei prossimi mesi, poi ci sarà l’implementazione. Questo accordo offre un vantaggio notevole all’economia svizzera rispetto, per esempio, ai
Paesi europei che invece non hanno un accordo di libero scambio con l’India.
Poi c’è l’accesso a un gradissimo mercato e ci sono risparmi importanti sui
dazi doganali, che si aggirano sui 160 milioni di franchi svizzeri. Un accordo
di libero scambio ha come scopo anche quello di promuovere il commercio. La Svizzera
ha promesso all’India un pacchetto di investimenti fino a 100 miliardi di
franchi nei prossimi 15 anni. Si tratta di un accordo bilanciato e favorevole
per entrambi i partner: la Svizzera e i Paesi EFTA godono di un accesso
preferenziale al grande mercato indiano, mentre l’India riceve investimenti che
creano posti di lavoro per i suoi giovani. Inoltre, l’India ha promesso il
tappeto rosso per le imprese svizzere e delle condizioni di investimento
favorevoli. Questo accordo è quindi cruciale per l’industria dei macchinari
(machine tool industry) e per le piccole e medie imprese».
Come vede la
posizione dell’India e dei BRICS alla Conferenza di pace tenuta di recente in
Svizzera per la soluzione del conflitto Russia-Ucraina?
«Sono
un osservatore della diplomazia indiana. In quanto tale, posso dire che per
quanto riguarda il conflitto in corso, la diplomazia indiana si è espressa
contro la guerra, a favore del dialogo e della pace, cosa che spiega anche la
presenza dell’India al recente summit tenuto in Svizzera. Questa partecipazione
è stata vista molto positivamente dalla Svizzera. Sia per il fatto che l’India è uno
dei Paesi BRICS sia perché potrà avere, in futuro, un ruolo maggiore per quanto
riguarda la costruzione della pace in Ucraina».


Nel
1952 Jawaharlal Nehru, allora primo
ministro indiano, invitò Le Corbusier a disegnare il progetto di una capitale
per il neonato Stato del Punjab. Che significato assume oggi l’opera del grande
architetto svizzero in India?
«Le
Corbusier è uno dei costruttori dei nostri rapporti bilaterali: ha progettato
la capitale del Punjab dopo l’indipendenza dell’India e la separazione dolorosa
tra India e Pakistan. Chandigarh si è adattata allo sviluppo della popolazione,
dell’economia e alle esigenze di chi vi abita. È inoltre una delle città più
vivibili dell’India. L’eredità di Le Corbusier, come pianificatore e
costruttore di Chandigarh, rimane intatta fino a oggi. L’architettura svizzera
ha un’ottima reputazione in India e me
ne sono reso conto soprattutto quest’anno, quando abbiamo avuto ospite
l’architetto svizzero Peter Zumthor. Gli indiani hanno mostrato un grande
interesse per il vincitore del Pritzker Prize 2009, hanno riempito le sale e si
sono mossi dal sud al nord del subcontinente per ascoltarlo e incontrarlo nel
tour di conferenze tenute da Delhi a Chandigarh, fino a Mumbai. Questo mi ha
fatto capire che l’architettura è uno dei pilastri del nostro Paese in India. Qui
gli architetti svizzeri hanno costruito non solo città e monumenti importanti, ma hanno anche contribuito alla
costruzione dei nostri rapporti bilaterali fino a oggi».
Lei è anche
ambasciatore in Bhutan, il piccolo Stato himalayano, famoso per la «felicità
interna lorda» che è considerata uno dei suoi pilastri. Come sono le relazioni tra Svizzera e Bhutan?
«Nei
nostri rapporti con il Bhutan, la cosa sorprendente è vedere come alcuni svizzeri
abbiano avuto un profondo impatto in questo Paese. Mi riferisco, per esempio,
all’imprenditore svizzero-tedesco Fritz von Schulthess-Rechberg, che già negli
anni Cinquanta era amico del re Jigme Dorji Wangchuck. Abbiamo una storia
bilaterale lunga con questo Paese: la Svizzera è stata dapprima presente con un
industriale e poi attraverso la Cooperazione e delle ONG svizzere. Dopodiché, abbiamo
deciso di operare un cambiamento strategico, optando per una cooperazione
economica e commerciale con il Bhutan. Abbiamo organizzato varie delegazioni,
che hanno portato a risultati importanti dal punto di vista dello sfruttamento delle
potenzialità delle ditte svizzere nel Paese himalayano. Ora guardiamo con
interesse al progetto di Mindfullness City, voluto dal re Jigme Khesar Namgyel
Wangchuck. Il sovrano è convinto che il Bhutan debba avere un approccio diverso
al mondo di oggi, che cambia velocemente. Questa sfida si sente molto chiaramente
nella volontà di creare a Gelephu una città attraente non solo per gli
investimenti stranieri, ma anche per persone di alto livello intellettuale,
professori e innovatori con interesse verso la natura e i valori del buddismo. Il
progetto riflette una nuova visione di città in grado di cogliere lo Zeitgeist
e basata sull’immagine e i valori del Bhutan».
Ha partecipato
alla presentazione ufficiale del re del Bhutan del progetto di Mindfulness City
alla comunità internazionale?
«Ho
incontrato a lungo in marzo il re del Bhutan e il gruppo di persone
responsabili della realizzazione del progetto, tra le quali l’ex premier. In seguito
a questi incontri abbiamo deciso di organizzare una delegazione economica
svizzera a fine agosto, per gettare le basi di una collaborazione con Mindfulness
City. Questo è il progetto più importante per il re e il governo del Bhutan, nonché
per il futuro dei nostri rapporti».
Dopo il volume
dedicato a Giovanni Battista Pioda, consigliere federale e diplomatico svizzero
in Italia, ha in cantiere altri libri?
«La
storia è da sempre la mia passione, ma in famiglia la persona che pubblica
libri è mia moglie, rimasta nel mondo accademico».