Governo

F-35, il prezzo è fisso solo per Berna

Il «ministro» della Difesa ha provato a fare chiarezza sulla spesa per i jet: «Sì all'acquisto, ma serve una soluzione diplomatica con Washington» – Per gli USA i sei miliardi concordati non bastano: la Svizzera deve farsi carico di costi supplementari - Possibile aumento tra 750 milioni e 1,3 miliardi di dollari
©ENNIO LEANZA
Luca Faranda
25.06.2025 22:00

Ogni tentativo di rinnovare la flotta aerea, in Svizzera, è spesso stato accompagnato da polemiche e ha sempre scaldato gli animi della politica. Dallo «scandalo dei Mirage», scoppiato nel 1964, fino ad arrivare all’acquisto degli F-35.

La Confederazione ha acquistato 36 jet da combattimento F-35 Lightning II del produttore statunitense Lockheed Martin. Lo ha fatto tramite il governo degli Stati Uniti, con un contratto firmato nel settembre 2022. Per l’acquisto dei nuovi aerei non possono essere spesi più di 6 miliardi di franchi, come votato dalla popolazione nel settembre del 2020 (vedi sotto). Oggi, la fattura d’acquisto dovrebbe essere di 6,035 miliardi di franchi. Già, dovrebbe. Tra Berna e Washington c’è però «un malinteso».

Perizie e diplomazia

Il Consiglio federale ribadisce che il prezzo è fisso. Lo hanno confermato alcune perizie, così come l’ambasciata degli Stati Uniti a Berna in un comunicato del giugno 2022. Poi qualcosa si è rotto. «Il governo statunitense non si sente obbligato a rispettare il prezzo inizialmente concordato con la Svizzera», ha spiegato oggi a Berna il capo dell’armamento Urs Loher, aggiungendo che i potenziali costi aggiuntivi potrebbero essere tra 750 milioni e 1,3  miliardi di dollari.

Perché? Tra agosto 2024 e metà giugno 2025, il Dipartimento della Difesa statunitense (il Joint Program Office, competente per tutti i progetti legati all’F-35, nonché la Defense Security Cooperation Agency, ovvero il partner contrattuale) hanno indicato a Berna che «il prezzo fisso è stato frutto di un malinteso» e che sarebbero potuti insorgere costi più elevati. La Svizzera, secondo le autorità USA, «deve farsi carico dei costi supplementari dovuti all’elevata inflazione degli ultimi anni registrata negli Stati Uniti e al forte aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia come conseguenza della pandemia di COVID». Ma c’è il rischio che il prezzo sia influenzato anche dalle questioni relative ai dazi, dall’insicurezza geopolitica e dalla guerra in Medio Oriente, poiché il governo statunitense negozia con il produttore Lockheed Martin gli importi per specifici slot di produzione. Qui c’è il «malinteso»: per prezzo fisso, le autorità statunitensi si riferiscono a quello negoziato con il produttore Lockheed Martin al momento della produzione. Per la Svizzera, invece, è il prezzo concordato al momento della firma del contratto nel settembre del 2022.

L’avvertimento

Eppure, già nel luglio 2022 il Controllo federale delle finanze (CDF) aveva bacchettato l’Ufficio federale dell’armamento. «Il CDF ritiene che per l’acquisto degli F-35A non vi sia la garanzia legale di un prezzo fisso, ossia un importo forfettario ai sensi della giurisprudenza svizzera». Pertanto, il CDF raccomandava ad armasuisse di aggiungere questi aspetti finanziari all’inventario dei rischi. Stando a Pfister, la Svizzera da allora ha ottenuto vari chiarimenti giuridici anche da parte statunitense. Pertanto, chi lo ha preceduto (Viola Amherd, ndr) ha concluso che si trattava di un prezzo fisso. Ora, però, si deve correre ai ripari.

«Bisogna mirare a una soluzione diplomatica», ha detto il «ministro» della Difesa Martin Pfister. Anche perché nell’ambito di questo sistema d’acquisto non esiste la possibilità di risolvere la controversia in tribunale. «Le divergenze di opinioni devono essere risolte politicamente o diplomaticamente», ha aggiunto il consigliere federale, precisando che verranno valutate tutte le opzioni. Ad esempio comprare meno aerei (garantendo per meno tempo la sicurezza dello spazio aereo elvetico) per restare nei sei miliardi a disposizione. Oppure un credito aggiuntivo (alcuni deputati socialisti chiedono già di sottoporre il decreto a referendum facoltativo). «Sono possibilità che non vogliamo discutere oggi. Prima biosgna trattare con gli Stati Uniti», ha detto ancora Pfister.

L’obiettivo è di negoziare un accordo sulla base del prezzo fisso. Ma il Consiglio federale ha incaricato Pfister e il suo DDPS di elaborare delle varianti per assicurare la difesa aerea nel caso in cui non si riesca a trovare una soluzione. L’ultima spiaggia potrebbe anche essere la rescissione del contratto con gli Stati Uniti.

«Notevoli conseguenze»

Il Consiglio federale, però, vuole continuare per la sua strada: gli F-35 vanno acquistati. «Una rescissione del contratto con il governo degli Stati Uniti avrebbe notevoli conseguenze», ha avvertito Pfister, secondo cui la Svizzera senza questi jet non sarebbe più in grado di garantire la sicurezza dello spazio aereo oltre il 2032. Gli F-35 (scelti anche da Italia, Germania e altri Paesi europei) sostituiranno infatti gli obsoleti F-5 Tigers e gli F/A-18 dell’esercito svizzero, ormai sempre più vicini alla fine del loro ciclo di vita.

Fino alla consegna dei jet, tuttavia, la Svizzera potrebbe disdire il contratto in qualsiasi momento. Non è prevista una penale contrattuale, aveva reso noto lo scorso marzo il Governo. Tuttavia, Berna dovrebbe sostenere tutti i costi derivanti da una cancellazione. «Non abbiamo ancora calcolato i costi per un ritiro dal contratto», ha detto Loher. Berna, per gli F-35, ha già effettuato pagamenti per un totale di circa 700 milioni di franchi.

«Fermarsi subito»

Le reazioni all’annuncio del Consiglio federale non si sono fatte attendere. Chi già considerava gli aerei scelti troppo costosi, tecnicamente carenti e inadatti alle esigenze della Svizzera, ora ha un’arma in più: è il caso del Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE), secondo cui «è più chiaro che mai che questa acquisizione deve essere fermata immediatamente». A suo avviso, il Consiglio federale «sta costruendo la sua politica di sicurezza sulla sabbia». In un comunicato, il GSsE parla anche a nome dell’alleanza «Stop F-35», che include anche PS e Verdi.

Tra gli ecologisti, il consigliere nazionale zurighese Balthasar Glättli ha già chiesto in una mozione di sospendere l’acquisto degli F-35, sottolineando che è «meglio una fine drastica che un tormento senza fine». Per il PS, la Svizzera dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla cooperazione con i suoi partner europei. Non mancano le critiche all’indirizzo di Viola Amherd: per l’UDC  la responsabilità principale è da attribuire alla vallesana. «Si aggiunge alla lista di gravi errori per la sicurezza della Svizzera commessi dall’ex consigliera federale del Centro».

Lo «scandalo dei Mirage»

Nonostante le controversie finanziarie relative agli acquisti di aerei, è opportuno oggi fare il paragone con lo «scandalo dei Mirage»? Difficile dirlo. Nel 1961 il Parlamento approvò l’acquisto di 100 caccia per 871 milioni di franchi. La spesa però sfuggì di mano: nel 1964 il Consiglio federale domandò un credito aggiuntivo di 576 milioni di franchi. Uno scandalo che portò alle dimissioni dell’allora «ministro» della Difesa Paul Chaudet. E, soprattutto, a una drastica riduzione della flotta. La Svizzera rinunciò a 43 aerei.