Berna

Filo diretto con il Blick? E Berset è di nuovo sotto tiro

Il «ministro» è tornato nel mirino delle critiche dopo la pubblicazione degli interrogatori del suo ex responsabile della comunicazione, che avrebbe anticipato a Ringier informazioni riservate sulle misure anti-COVID – La replica: «Indiscrezioni illegali e piuttosto scandalose»
© KEYSTONE / PETER KLAUNZER
Giovanni Galli
15.01.2023 18:52

In carica da pochi giorni come presidente della Confederazione, Alain Berset si trova di nuovo sotto attacco; stavolta non per vicende private ma per una presunta fuga di informazioni nel suo dipartimento durante la pandemia di coronavirus. Sabato, la «Schweiz am Wochenende» ha riferito che l’ex capo della comunicazione di Berset, Peter Lauener, ha ripetutamente passato a Ringier, casa editrice di diverse testate, prima fra tutte il «Blick», informazioni confidenziali sulle misure per contrastare il COVID previste dal Consiglio federale. Il giornale, secondo proprie informazioni, si basa su e-mail e verbali di interrogatori a disposizione della redazione. Queste informazioni sono venute alla luce nel quadro delle indagini avviate dal procuratore pubblico straordinario della Confederazione Peter Marti per violazione del segreto d’ufficio, relativa alla questione Crypto (la società di Zugo che in passato aveva prodotto apparecchi radio manipolati per conto della CIA e del BND tedesco). Lo stesso Lauener, sotto inchiesta insieme ad altri funzionari per aver passato informazioni ai media, era stato incarcerato alcuni giorni. Marti ha poi esteso le sue indagini ad altri possibili casi di violazione del segreto d’ufficio in relazione alla politica del Consiglio federale durante la pandemia.

Scambio segreto

Secondo quanto riportato sabato dal giornale, Lauener avrebbe avuto un filo diretto con il CEO di Ringier Marc Walder e lo avrebbe ripetutamente informato, tramite un indirizzo mail privato, sulle imminenti decisioni del Consiglio federale. Queste informazioni sono poi apparse in esclusiva sul «Blick», come nel caso dell’acquisto dei vaccini alla fine del 2020 o della possibilità (marzo 2021) di allargare a dieci il numero di persone autorizzato a prendere parte a incontri privati. Nelle mail al direttore della casa editrice zurighese, Launener aggiungeva note del tipo «Come sempre confindenziale», o «che resti tra noi». In cambio di questi favori alla stampa scandalistica, il «ministro» della Sanità avrebbe ricevuto un trattamento benevolo delle sue misure. A detta del settimanale, anche Walder e Alain Berset sono stati ascoltati in qualità di personse informate dei fatti da Peter Marti. Davanti al magistrato, alla domanda sul perché Lauener avesse ripetutamente mandato informazioni al capo di Ringier, Berset ha risposto: «Non lo so. Non posso saperlo nemmeno io». Berset ha inoltre negato che vi siano stati accordi tra Ringier e il suo dipartimento.

«Si lasci lavorare la giustizia»

Alain Berset ha preso posizione sabato sera, parlando di «indiscrezioni illegali», che però non vuole commentare ulteriormente. In considerazione di un procedimento in corso, che non è diretto contro di lui, non può dire nulla in proposito, ha dichiarato il consigliere federale al programma «Forum» della radio svizzero romanda. Ha parlato tuttavia di indiscrezioni «piuttosto scandalose». Si deve ora lasciar lavorare la giustizia, ha detto, aggiungendo di potersi immaginare che queste indiscrezioni saranno perseguite d’ufficio.

Ci sarà un seguito

Il mondo politico ha reagito subito alle rivelazioni puntando l’indice contro Berset. È probabile che la vicenda avrà un seguito. Sul tappeto, come rilevato dalla SonntasgZeitung, ci sono tre domande: il «ministro» era a conoscenza dello scambio tra Launener e Ringier? L’ex capo della comunicazione ha agito o meno per conto del suo superiore? Ci sono stati accordi tra Berset e la casa editrice? Secondo il vicepresidente del PLR Andrea Caroni la versione di Berset non è plausibile. Il consigliere agli Stati appenzellese non concepisce che Berset non fosse al corrente di nulla. «Un consigliere federale non può comportarsi in questo modo con il proprio Governo collegiale», messo sotto pressione dalle indiscrezioni di stampa. Severo anche il capogruppo dell’UDC Thomas Aeschi: «Si pone la questione se un tale comportamento da parte di un consigliere federale sia accettabile». Alla fine del procedimento penale bisognerà esaminare l’opportunità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta.