Svizzera-Italia

Fuori dall’ultima black list fiscale, Vorpe: «Era una ripicca politica»

La Confederazione sarà stralciata dalla lista nera delle persone fisiche: rimosso un ostacolo amministrativo fra i due Paesi, che ora si apprestano a concludere un’intesa transitoria sul telelavoro
©CdT/Gabriele Putzu
Giovanni Galli
20.04.2023 20:30

Il capitolo delle liste nere fiscali si chiude dopo 24 anni. Berna e Roma hanno sottoscritto una dichiarazione politica che porterà allo stralcio della Svizzera dalla black list delle persone fisiche, l’ultimo elenco su cui figurava (dal 1999) come Paese a tassazione privilegiata. La dichiarazione è stata firmata dalla direttrice del Dipartimento federale delle finanze Karin Keller-Sutter e dal ministro dell’Economia e delle Finanze italiano Giancarlo Giorgetti. «Questa soluzione», dice il Consiglio federale, «elimina un ostacolo amministrativo nelle relazioni fiscali tra i due Paesi». Svizzera e Italia hanno trovato anche una soluzione transitoria sull’imposizione del telelavoro (cfr. articolo sotto). Questo accordo amichevole sarà firmato non appena l’Italia avrà varato le basi legali per lo stralcio effettivo della Svizzera dalla black list. «La dichiarazione dirime finalmente due importanti questioni fiscali aperte tra Svizzera e Italia», ha affermato Karin Keller-Sutter.

Negli ultimi anni, lo stralcio da questa black lista era stato reclamato a più riprese a Berna da diversi deputati ticinesi. Lo scorso novembre, anche Ignazio Cassis aveva nuovamente chiesto all’Italia di rimuovere la Svizzera dalla lista nera in occasione della visita a Berna del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La permanenza della Svizzera in questa lista aveva suscitato malumori, perché il solo fatto di figurarvi danneggiava la reputazione del Paese. Lo stralcio (che deve ancora seguire il suo iter) dovrebbe portare a una normalizzazione a livello istituzionale, anche se all’atto pratico la portata della misura è considerata per lo più marginale dagli addetti ai lavori, ancora in attesa di un passo concreto sul fronte dell’accesso al mercato dei servizi finanziari.

La decisione era attesa in Svizzera dal mese di luglio del 2016, quando era stato introdotto lo scambio di informazioni fiscali su domanda attraverso una modifica della Convenzione contro la doppia imposizione. Questa modifica era stata sottoscritta a Milano il 23 febbraio del 2015 dagli allora ministri delle Finanze Eveline Widmer-Schlumpf e Pier Carlo Padoan. In quel frangente era stata anche concordata una road map che prevedeva la rinegoziazione dell’intesa fiscale sui frontalieri e l’impegno da parte italiana a cancellare la Confederazione dalle liste nere riguardanti l’assenza di scambio di informazioni.

Ai tempi un paradiso fiscale

Con questa misura, Roma intendeva dare la caccia a persone facoltose che dichiaravano una residenza fittizia all’estero per eludere il fisco. Nel 1999 la Svizzera era considerata un paradiso fiscale. Siccome non c’era uno scambio di informazioni in materia fiscale secondo gli standard dell’OCSE, l’Italia non poteva sapere dalle autorità elvetiche se un suo cittadino si era trasferito oltre frontiera. Non potendo provarlo, Roma ribaltava quindi l’onere probatorio. «Allora questa misura aveva un senso, ma da otto anni a questa parte non lo ha più. Per tutto questo tempo è stata una misura unilaterale italiana, che ha penalizzato la Svizzera senza una ragione», commenta Samuele Vorpe, responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI.

«Prova diabolica»

«Lo stralcio dalla lista è quindi da salutare positivamente. Questa decisione permette di non ostacolare oltremodo i trasferimenti di residenza di cittadini italiani dall’Italia alla Svizzera. In pratica viene a cadere il ribaltamento dell’onere probatorio, secondo il quale tocca alla persona dimostrare all’Agenzia delle entrate che il suo domicilio fiscale non è più in Italia. È sempre stata una prova diabolica». In futuro, i cittadini italiani che hanno cambiato la residenza dall’Italia alla Svizzera non dovranno più dimostrare al fisco che la loro residenza non è fittizia. Oggi questi cittadini vengono considerati alla stregua di residenti se si sono trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Non basta l’iscrizione all’Anagrafe dei residenti all’estero. Questa cancellazione non è una questione secondaria, anche se tocca solo i cittadini italiani e, a differenza di precedenti black list, non ha alcuna ripercussione diretta sulle imprese svizzere che intendono investire in Italia. «Con la black list», spiega ancora Vorpe, «il cittadino italiano che prende la residenza in Svizzera rischia, in sede di un eventuale accertamento, sanzioni amministrative e penali per non aver presentato la dichiarazione fiscale e di dover pagare le imposte arretrate in Italia (fino a cinque anni) se non riesce a dimostrare di aver interrotto qualsiasi legame con il suo Paese».

Le prime cancellazioni nel 2016

Il sistema delle liste nere (Paesi a tassazione privilegiata o nulla) e bianche era stato introdotto da Roma negli anni Novanta. La Svizzera figurava su tre elenchi. Il 1. gennaio 2016 l’Italia ha abrogato la lista nera del 2001 relativa alle società estere controllate (concernente le persone giuridiche con base in Svizzera al beneficio di statuti fiscali privilegiati, ma detenute a titolo maggioritario da azionisti residenti in Italia) e quella del 2002 applicata alle imprese domiciliate in un Paese che beneficia di un regime fiscale privilegiato e prevede la non deducibilità dei costi fiscali di operazioni con società italiane.

Perché quella del 1999 è rimasta in vigore? Secondo Vorpe è stata «una misura di ritorsione, una ripicca politica per non agevolare i trasferimenti di cittadini italiani in Svizzera, ma che non aveva nessun senso, perché la Svizzera nel frattempo ha iniziato a scambiare tutte le informazioni fiscali. Da un punto di vista pratico, ora possiamo immaginare che ci sarà un ostacolo in meno per avere in Ticino globalisti provenienti dall’Italia».

In dirittura d’arrivo

Intanto, è alle battute finali a Roma la ratifica parlamentare dell’Accordo sull’imposizione dei frontalieri. Il Senato aveva già dato l’adesione a inizio febbraio. La Camera dei deputati inizierà la discussione il 26 aprile. La decisione potrebbe essere presa il giorno seguente. Relatore in aula sarà il deputato di Fratelli d’Italia Marco Osnato, milanese, presidente della Commissione delle finanze. In Svizzera, l’Assemblea federale aveva già avallato l’intesa nel mese di marzo dell’anno scorso.