I Paesi Bassi vogliono convincere i ciclisti a usare il casco: ma come siamo messi in Svizzera?

Da alcune settimane, il governo dei Paesi Bassi sta promuovendo l’uso del casco in bicicletta con una campagna mirata, denominata Zet ‘m op, letteralmente «mettilo», in risposta all’aumento di incidenti stradali gravi che coinvolgono, sempre di più, cicliste e ciclisti. Nel Paese, come noto, la bicicletta è un mezzo oltremodo diffuso. Di qui, appunto, la necessità di intervenire. Gli esperti di sicurezza stradale e le associazioni di ciclisti, scrive al riguardo il Post.it, hanno però criticato la mossa. Definendola una risposta «inefficace e poco centrata al problema».
Nei Paesi Bassi, l’anno scorso, 246 ciclisti sono deceduti in incidenti stradali, per un aumento del 23% rispetto alla media fra il 2000 e il 2022 (199). Il 60% delle morti è dovuto a un trauma cranico. Il governo, di riflesso, ha pensato a una campagna per ridurre l’incidenza di questi episodi. Il risultato? Secondo gli esperti, un (quasi) obbligo a indossare il casco potrebbe spingere le persone a prediligere l’automobile e ad abbandonare la bici. Possibile?
Per capirne di più, e soprattutto per fare un paragone con la Svizzera, abbiamo interrogato l’Ufficio prevenzione infortuni (UPI). «L’anno scorso, in Svizzera, il 59% dei ciclisti indossava il casco» ha spiegato il portavoce dell’UPI Christoph Leibundgut. «Questa cifra rappresenta un nuovo record, come dimostrano le ultime indagini dell’UPI sul comportamento degli utenti della strada. L’uso del casco rimane più frequente nei viaggi di piacere (64% nel 2024 e 51% nel 2023) e meno frequente nei viaggi legati agli acquisti (30% nel 2023 e 2024). Questi risultati mostrano che la tendenza si sta muovendo nella giusta direzione, ma anche che c’è ancora del lavoro da fare, soprattutto per quanto riguarda i viaggi brevi».
Sull’utilità del casco, in ogni caso, nessun dubbio. Ancora il nostro interlocutore: «Il casco è un modo semplice ed efficace per ridurre il rischio di lesioni alla testa in caso di incidente». In effetti, «la riduzione è del 50% e addirittura del 70% per le lesioni gravi». Di qui a un obbligo generalizzato, tuttavia, ce ne passa. L’UPI, spiega Leibundgut, preferisce sensibilizzare e, al riguardo, «raccomanda di indossare sempre un casco adatto alla propria testa quando si guida una bicicletta tradizionale o elettrica, sia che si vada al lavoro, a fare la spesa o a fare un lungo allenamento. L’UPI sottolinea costantemente l’importanza di indossare il casco in ogni occasione».
Detto dell’obbligo generalizzato, su un punto in particolare l’Ufficio prevenzione infortuni insiste. E pure con forza: «L’UPI, in effetti, chiede che il casco sia reso obbligatorio per i bambini fino ai 14 anni. Tutti i bambini dovrebbero poter beneficiare della protezione offerta da un casco da bicicletta, anche quelli i cui genitori non sono consapevoli di questo problema. Questa particolare esigenza di protezione dei bambini dovrebbe essere sancita addirittura dalla Costituzione».
Rispetto ai Paesi Bassi, in Svizzera sembrerebbe esserci maggiore consapevolezza rispetto all’uso del casco. Anche per le cosiddette e-bike. Per le elettrocicliste e gli elettrociclisti, scriveva l’UPI lo scorso ottobre, il tasso d’uso del casco nel 2024 si è confermato più elevato rispetto alle biciclette tradizionali. Sulle e-bike veloci (assistenza alla pedalata fino a 45 km/h) l’86% lo scorso anno indossava il casco. Un dato notevole, ancorché incompleto se pensiamo che per questo tipo di bicicletta la protezione, per legge, è obbligatoria. Sulle biciclette elettriche lente (fino a 25 km/h) il tasso nel 2024 era invece del 70%. «Mentre il numero di incidenti gravi in bicicletta è diminuito, il numero di incidenti che coinvolgono le e-bike è aumentato notevolmente negli ultimi dieci anni» ha concluso Leibundgut. A conferma che, al di là delle singole politiche, il problema di per sé è centrale. Di seguito, vi proponiamo i grafici con i dati aggiornati e che comprendono gli incidenti (e le morti) per tipo di bicicletta.