Berna-Bruxelles

Ignazio Cassis: «L’accordo non è un cambio di rotta»

Al via la consultazione, sino a fine ottobre, sull’intesa raggiunta con l’Unione europea – Il «ministro» degli Esteri: «Il Consiglio federale ritiene di aver trovato un equilibrio solido» – L’analisi dei negoziatori: «Nessuno ha fatto sconti, siamo fieri di quanto abbiamo raggiunto»
©ALESSANDRO DELLA VALLE
Luca Faranda
13.06.2025 22:45

Bruxelles ha voluto giocare d’anticipo. Già durante la mattinata, la Commissione europea ha deciso di pubblicare sul proprio sito Internet tutto il pacchetto negoziato tra Svizzera e UE, con le relative spiegazioni. E ciò prima ancora che il Consiglio federale si riunisse per approvare gli accordi. In realtà, giunti a questo punto, si trattava quasi di una formalità: dopo mesi di attese, il dossier da oltre 1.800 pagine è stato finalmente reso accessibile al pubblico.

Il tempo però stringe: il Governo, oggi, ha avviato la procedura di consultazione che si concluderà il prossimo 31 ottobre. Un aspetto particolarmente criticato negli scorsi mesi (in particolare dall’UDC e da chi si oppone all’intesa con l’Europa che li volevano resi pubblici già settimane fa), poiché il lasso di tempo non è sufficiente per analizzare a fondo il contenuto dei negoziati conclusi lo scorso dicembre.

«Les jeux sont faits»

Una cosa è certa. Quelli pubblicati oggi da Berna e da Bruxelles sono gli accordi definitivi. La vera partita inizia dunque ora: dapprima con la procedura di consultazione, poi con la battaglia in Parlamento e infine con una rovente campagna di votazione. Le prime reazioni non hanno tardato ad arrivare da ogni parte. I democentristi, che hanno iniziato da tempo la loro campagna, hanno già reagito con veemenza alla pubblicazione degli accordi: ora spetterà anche agli altri partiti profilarsi. Il PLR lo farà, ufficialmente, il prossimo 18 ottobre (nella stessa data verrà anche eletto il successore di Thierry Burkart alla testa del partito).

«Una tappa importante»

Negli scorsi mesi il Consiglio federale ha regolarmente aggiornato sugli sviluppi, ha tenuto a precisare il consigliere federale Ignazio Cassis. A dicembre il Governo ha preso atto della conclusione materiale dei negoziati.

Poi, lo scorso 21 maggio, c’è stata la parafatura dei negoziati. E oggi un’altra decisiva tappa. «È una giornata importante, una tappa importante lungo il percorso della Svizzera per stabilizzare e modernizzare le proprie relazioni con l’Unione europea», ha fatto sapere il «ministro» degli Esteri, ricordando che relazioni buoni e stabili con l’UE e i suoi Stati membri sono nell’interesse della popolazione, dell’economia e della ricerca.

Cassis ha poi spiegato che l’obiettivo non è di stravolgere la situazione, bensì di continuare e migliorare la via bilaterale. «Rimane la soluzione più vantaggiosa», ha detto, ricordando anche che dopo l’abbandono dell’accordo quadro istituzionale (nel maggio del 2021) il Consiglio federale aveva valutato a fondo quale strada intraprendere.

Nei ragionamenti sono entrati in linea di conto anche l’adesione all’UE, allo Spazio economico europeo (SEE) oppure, semplicemente, non fare nulla. Ma non esiste lo statu quo, ha avvisato Cassis, secondo cui ciò porterebbe a una partecipazione sempre più limitata al mercato interno. «Non è un’opzione», ha voluto ribadire il ticinese. A suo avviso, gli accordi negoziati «non sono un cambio di rotta della politica estera. Rappresentano né più né meno ciò che è necessario per mantenere la via bilaterale su basi solide». Il «ministro» degli Esteri ha anche ricordato che l’Unione europea è di gran lunga il partner principale della Svizzera:«Un franco su due guadagnati all’estero proviene dal mercato unico dell’UE».

Diamo i numeri

A dare un’idea del lavoro svolto dai negoziatori è stato il segretario di Stato del DFAE Alexandre Fasel. In totale le pagine sono 1.889 (versione tedesca): 160 per le leggi, 799 per gli accordi e 930 per il rapporto esplicativo. «Le pagine che ho dovuto leggere sono in realtà 2.800, considerando le varianti scartate», ha detto dal canto suo Cassis. Nell’ambito del pacchetto, ha fatto sapere il Consiglio federale, «gli atti legislativi (atti giuridici dell’UE con carattere legislativo) rilevanti per la Confederazione sono 95. Ai fini dell’attuazione del pacchetto sono previste la modifica di 32 leggi svizzere (di cui 12 subiranno modifiche importanti e 20 solo adeguamenti di minore entità) e l’emanazione di tre nuove leggi». Non ci saranno pertanto modifiche costituzionali.

«Discussioni intense»

Ma, dunque, il trattato soddisfa le attese? Per i negoziatori, sì. «È stato un processo di negoziazione intenso. Nessuna delle due parti ha fatto sconti», ha detto da parte sua il capo negoziatore svizzero Patric Franzen, ricordando che le discussioni hanno coinvolto ben sei dipartimenti su sette (il DDPS è l’unico escluso). «Nessuno ci ha regalato nulla. Ma siamo fieri di quanto abbiamo raggiunto», gli ha fatto eco Helene Budliger Artieda, direttrice della Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Oltre ai negoziati con Bruxelles, infatti, c’è stato anche un «processo parallelo» in Svizzera con continue discussioni insieme a partner sociali e Cantoni, in particolare sulla tutela dei salari.

«Il Consiglio federale ritiene di aver trovato un equilibrio solido», ha commentato Cassis. Secondo quanto annunciato in aprile dal Governo, al Parlamento saranno presentati quattro decreti federali: uno per la «stabilizzazione» delle relazioni bilaterali e tre per il loro ulteriore sviluppo nei settori della sicurezza alimentare, dell’elettricità e della sanità. «La Svizzera è uno Stato sovrano e ha negoziato nuovi accordi con l’UE in modo sovrano», ha sottolineato il ticinese, aggiungendo che gli accordi rafforzano l’indipendenza invece di indebolirla.

La reazione da Bruxelles

Anche Bruxelles ha voluto prendere posizione sul via libera agli accordi del Consiglio federale. «Con questa straordinaria pietra miliare abbiamo l’opportunità non solo di modernizzare i nostri legami e metterli al passo con le sfide del nostro tempo, ma anche di sbloccare il loro pieno potenziale per il chiaro vantaggio di entrambe le parti, contribuendo a un’Europa più forte e più resiliente», ha indicato in un comunicato Maroš Šefčovič, commissario per il Commercio e la sicurezza economica, nonché responsabile delle relazioni tra la Svizzera e la Commissione europea.

Una lunga marcia prima delle urne

La consultazione durerà fino al 31 ottobre. Saranno interpellati i Cantoni, i partiti politici, le associazioni mantello nazionali dei Comuni, delle città e delle regioni di montagna, le associazioni mantello nazionali dell’economia e altri gruppi d’interesse. Il Consiglio federale intende presentare il messaggio al Parlamento nel primo trimestre del 2026. Ma l’iter non sarà celere. Da più parti si indica come possibile data per la votazione popolare il 2028; da un lato a causa dei tempi tecnici necessari per esaminare alle Camere il voluminoso pacchetto negoziato con Bruxelles e le leggi svizzere che lo accompagnano; dall’altro perché molti vogliono evitare una campagna di voto su un tema così divisivo nell’imminenza del rinnovo dei poteri federali. L’ultimo termine utile prima delle elezioni del 24 ottobre 2027 è il 6 giugno. Il Parlamento deve anche decidere se sottoporre il pacchetto a referendum facoltativo od obbligatorio (in favore di quest’ultimo è stata lanciata anche l’iniziativa popolare «Bussola»). Nel primo caso gli oppositori dovrebbero raccogliere le firme e alle urne farebbe testo solo la maggioranza popolare. Il Consiglio federale ha già optato per questa soluzione. Nel secondo, invece, si andrà direttamente alle urne ma servirà la maggioranza di popolo e Cantoni. L’ostacolo sarebbe più alto. Si stima che per avere anche la maggioranza dei Cantoni (storicamente, molti sono contrari, come il Ticino) servirebbe il consenso di almeno il 55-56% dei votanti contro il 50%+1 nel caso della maggioranza semplice. Intanto, il Movimento europeo Svizzera ritiene che la popolazione debba potersi esprimere entro il 2027. «Abbiamo perso abbastanza tempo. Ora è il momento di cogliere questa opportunità», ha commentato il presidente Eric Nussbaumer.