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Il giornalismo romando è in ginocchio

Giornata drammaticamente storica per i media della Svizzera francese – A Ginevra e Losanna i redattori delle testate francofone del gruppo Tamedia hanno inscenato una protesta – E la RTS ha annunciato nuovi drastici tagli al personale
© KEYSTONE/Martial Trezzini
Paolo Galli
12.09.2024 22:33

«La Tribune de Zurich». Il personale della Tribune de Genève ha protestato così a Ginevra – sostenuto a Losanna dai colleghi di 24 Heures –, srotolando uno striscione che ha coperto per un’ora la propria testata. Una testata in crisi. Ma in crisi c’è un intero settore, in particolare proprio nella Svizzera francese. In questo caso, la manifestazione è stata organizzata in risposta alla ristrutturazione annunciata da parte di Tamedia, che intende tagliare novanta impieghi nelle redazioni e altri duecento posti di lavoro chiudendo le tipografie di Bussigny, nel canton Vaud, e di Zurigo. Secondo le stime, in gioco ci sarebbe un posto su tre nei giornali romandi del gruppo. «Siamo molto preoccupati per il futuro del panorama mediatico francofono», ha detto la consigliera di Stato vodese Isabelle Moret, presente al presidio. Una dichiarazione interessante, nel giorno che ha visto la RTS annunciare, dal canto suo, la soppressione di 55 posti di lavoro. Insomma, siamo di fronte a un problema che va al di là di un’unica testata.

L’identità dei cantoni

«Quelli che decidono per la qualità della stampa non sono in Svizzera romanda, ma a Zurigo. E in gran parte si tratta di manager tedeschi, che non hanno la minima idea di cosa sia il federalismo svizzero. È questa la principale differenza tra la situazione in Svizzera francese e in Ticino. Detto questo, anche voi avete vissuto alcune chiusure». Chantal Tauxe è stata direttrice aggiunta dell’Hebdo – fino alla sua chiusura nel 2017 – e tra le anime dell’associazione media Forti, creata proprio con l’obiettivo di sviluppare soluzioni per il settore tutto. Ci dice: «Non è un caso se nelle comunicazioni del gruppo Tamedia non figura mai il termine “cantoni”. Il loro obiettivo dichiarato è far sì che 24 Heures sia presente in tutti i cantoni romandi, ma non capiscono che la sua identità è molto vodese. Vogliono imporlo a tutta la Svizzera francese, ma agli occhi di Ginevra – la Ginevra internazionale – è un dramma. E pensare a una Tribune de Genève priva di mezzi per fare il proprio lavoro è disastroso per tutta la realtà ginevrina».

L’anima del giornale

In ballo, lo abbiamo detto, c’è più del futuro della TdG. Ma intanto, chi ci va di mezzo, sono proprio i singoli giornalisti. Rocco Zacheo è il rappresentante del personale per il quotidiano ginevrino. Ci spiega che l’ambiente, all’interno della redazione, è segnato al contempo da una «grande preoccupazione» – «Siamo scioccati», dice – ma anche dalla «voglia di far valere la nostra posizione, di chiarire che il piano immaginato da Tamedia, che ci mortifica, va oltre le dichiarazioni della direzione». Con l’azione simbolica inscenata oggi, «vogliamo far capire alla direzione che non accettiamo il suo piano, che siamo combattivi». Zacheo sottolinea che, attraverso i precedenti tagli, attuati nel 2016, 2018 e 2023, «il personale redazionale ha perso un terzo delle proprie forze produttive. E oggi siamo all’osso. Il taglio che si prospetta, a questo punto, va a toccare lo spirito, l’anima, del giornale. E allora sarà impossibile mantenere gli stessi contenuti, la stessa qualità di oggi». La CEO del gruppo, Jessica Peppel-Schulz, ha garantito che la Tribune avrà un futuro sia cartaceo che digitale. «Ma sappiamo che la realtà dei fatti è un’altra. Noi non saremo più in grado, dopo la ristrutturazione, di proseguire a fare un lavoro di qualità. Stanno insomma creando i presupposti per cancellare la testata. Le Matin era morto allo stesso modo, con il classico annuncio in stile “le abbiamo provate tutte, ma si chiude”. Rischiamo questo scenario». Una posizione condivisa anche da Chantal Tauxe: «Quelle di Peppel-Schulz sono solo parole. Attraverso ogni taglio, le testate perdono mezzi e forze, e poi finiscono male. All’Hebdo, alla fine eravamo rimasti in quindici: impossibile continuare a lavorare in un certo modo. Le redazioni hanno una taglia critica sotto la quale, semplicemente, si deve chiudere». La giornalista romanda poi fa un riferimento a quella che potrebbe essere la realtà della Tribune de Genève. «D’accordo concentrare alcune risorse, ma Tamedia in questo caso non ha neppure garantito la presenza di redattori romandi a Berna. Ci sono cose che si possono tradurre, certo, ma su alcune questioni, ci sono interessi che toccano l’intera Svizzera francese, e allora occorrono giornalisti e interlocutori romandi».

Si parla di democrazia

Ecco, arriviamo al punto. Aggiungendoci la RTS. Chantal Tauxe: «Bisogna economizzare, dicono. Si cerca di tenere la testa fuori dall’acqua. Ma anche la concentrazione di alcune redazioni a Ecublens preoccupa Ginevra. Stiamo parlando della seconda città svizzera. Figuratevi se succedesse la stessa cosa a Zurigo». Rocco Zacheo aggiunge: «Sì, la RTS ha già annunciato il suo piano di risparmio, ben prima della votazione. E altre testate non stanno meglio di noi, neppure quelle sostenute da fondazioni e mecenati. Parliamo di un intero ecosistema in difficoltà. È importante allora mettere i manager di fronte alle loro responsabilità morali sulla questione dei media. E questo perché i media non sono un bene come un altro, ma un bene comune, rappresentano un valore fondamentale in una democrazia che funziona». Sempre di democrazia, ci parla anche Chantal Tauxe: «Non dico nulla di nuovo quando ricordo il ruolo fondamentale dei media in una democrazia. In Svizzera avevamo un panorama diversificato, ma ora - una ristrutturazione dopo l’altra - stiamo andando troppo oltre. E i politici si sveglieranno troppo tardi: non capiscono i possibili danni del terremoto mediatico in corso». «Proprio per questo allora dobbiamo ricordare agli editori il loro ruolo. La responsabilità di un’eventuale desertificazione mediatica, con le relative conseguenze, è loro», replica Zacheo. «Stanno perdendo il senso di questa responsabilità». E sugli aiuti ai media, come si pone la Tribune de Genève? «Abbiamo sostenuto il pacchetto di misure a favore dei media nel febbraio del 2022. Registrato l’esito negativo della votazione, la questione si è trasferita a livello cantonale. Ma a rendere problematica una soluzione di questo tipo, agli occhi dei politici, c’è l’idea che l’eventuale sostegno finisca nelle tasche di un gruppo che genera profitti per decine di milioni di franchi. Bisognerebbe far sì che gli eventuali aiuti finiscano direttamente nelle redazioni, ma sarebbe un programma complicato da attuare. Qui tutto si decide a Zurigo, e tutto finisce a Zurigo».