Sicurezza

Il Governo: «Sottovalutate presenza e attività delle mafie»

Giovanni Galli
04.09.2021 06:00

Contro le organizzazioni criminali di stampo mafioso in Svizzera bisogna fare di più. Il fenomeno negli ultimi decenni è stato sottovalutato. Questa, in sostanza, la risposta del Consiglio federale a un’interpellanza presentata dal consigliere nazionale del Centro Marco Romano sulle infiltrazioni della criminalità organizzata. L’atto parlamentare aveva preso le mosse da una conferenza pubblica, tenuta in maggio a Lugano, dalla direttrice della Polizia federale, Nicoletta della Valle. Lei stessa aveva parlato di una differenza rilevante tra la «situazione reale» e lo «stato delle conoscenze» e di sottovalutazione dello stato di infiltrazione delle mafie in Svizzera. Stavolta però l’ammissione viene direttamente dal Consiglio federale: «Dalle informazioni scambiate con i partner esteri», si legge nella risposta, «si è evinto che negli ultimi decenni la presenza e le attività delle organizzazioni di stampo mafioso in Svizzera sono state sottovalutate».

I rischi correlati alle organizzazioni criminali non riguardano solo una determinata regione, bensì tutta la Svizzera, precisa il Governo, anche sulla base delle informazioni fornite dai partner esteri, quali Interpol, Europol, autorità italiane e la piattaforma di collaborazione «Countering Organised Crime». La creazione di quest’ultima piattaforma (acronimo COC), che prevede la partecipazione di autorità appartenenti a diversi livelli statali, è ritenuto un primo importante passo nella lotta alle organizzazioni criminali.

Della Valle aveva accennato anche ad infiltrazioni nel privato e nell’amministrazione federale e aveva in particolare sottolineato il ruolo della «agromafia». Romano aveva chiesto se il fenomeno interessava anche i livelli istituzionali inferiori e se esiste un approccio coordinato per fare emergere irregolarità a fini criminali. Il Consiglio federale dice che diverse autorità hanno un ruolo da svolgere (perseguimento penale, migrazione, doganale, finanziaria, acquisti pubblici, affari esteri) ma che la consapevolezza dei rischi e della minaccia rappresentata dalle organizzazioni criminali «non ha raggiunto ovunque lo stesso livello in seno alle autorità e deve essere ulteriormente rafforzata».

Si conferma inoltre che la criminalità organizzata cerca anche di influire sulle istituzioni statali. Per motivi di confidenzialità e di protezione dei dati, tuttavia, Berna dice che non è possibile fornire informazioni concrete su indagini di polizia o procedimenti penali in corso. Indirettamente c’è comunque una conferma che le autorità giudiziarie si sono già attivate su casi concreti.

«Un passo avanti»

«Se in un atto ufficiale il Consiglio federale dice che il problema c’è e che esiste scarsa sensibilità nell’amministrazione, a mio avviso è stato fatto un notevole passo avanti», commenta da parte sua Marco Romano. «La situazione in Ticino è conosciuta. Purtroppo, nel resto della Svizzera, non lo è abbastanza. Quella del Governo è un’ammissione molto forte».

La richiesta di informazioni comunque non si fermerà qui. Faranno seguito altri atti parlamentari. «Personalmente chiederò un’analisi del livello di “contaminazione” dell’amministrazione federale, perché ci sono casi concreti. Bisognerà però lavorare su altri fronti, a cominciare quello degli appalti pubblici. Dal Ticino le segnalazioni sono già giunte. Il problema riguarda tutto il Paese se solo pensiamo al denaro che ruota attorno a servizi e costruzioni».

Speranza nel nuovo PG

Il Governo ha rilevato che non c’è dappertutto la stessa consapevolezza del fenomeno. A che livelli si dovrebbe intervenire? «Spero innanzitutto che con l’arrivo del nuovo procuratore generale della Confederazione (ndr, in settembre dovrebbe essere eletto il comandante della polizia cantonale bernese Stefan Blättler) ci sia un cambio di passo. Se la fedpol ha riconosciuto che il fenomeno è stato sottovalutato, da parte della Procura federale si relativizza ancora troppo e c’è ancora titubanza ad andare a processo». Servono però anche cambiamenti a livello legale. «Gli uffici che per primi assistono a dinamiche sospette (fisco, registro di commercio, registro fondiario) dovrebbero avere, se non l’obbligo, almeno la facoltà di segnalarle alla Polizia federale. Il Ticino si sta già muovendo, ma a livello nazionale manca questa consapevolezza».