«Il no alla doppia maggioranza qui ci complica un po' le cose»

La questione europea aveva un potenziale disgregante nel PLR. La fase di avvicinamento all’assemblea dei delegati di sabato, a Berna, era stata contrassegnata da tensioni e divisioni, con protagonisti anche ex -consiglieri federali. Ma alla prova dei fatti l’esercizio è stato molto meno ostico di quanto si potesse pensare. La base del partito ha fatto quadrato attorno ai nuovi accordi con l’UE. Il 75% degli oltre 440 delegati presenti nella sala congressi del Wankdorf (330 sì, 104 no) ha approvato il pacchetto negoziato dal Consiglio federale. Questo appoggio così marcato, come è emerso dai commenti post-voto, disinnesca per il momento la minaccia di contrapposizioni interne suscettibili di spaccare il partito. Un risultato meno netto avrebbe sicuramente alimentato nuove tensioni. Nella risposta alla consultazione che sarà inviata entro fine mese, il partito chiederà comunque di migliorare alcuni aspetti critici relativi alle misure attuative interne, segnatamente a livello di ripresa dinamica del diritto e di immigrazione.
Due vincitori di giornata
Due i vincitori di giornata. Il primo è il consigliere federale Ignazio Cassis, responsabile del dossier. L’ampio sostegno incassato in casa dal suo pacchetto – da lui definito «la via liberale fra l’adesione all’UE e la strada solitaria» – è un buon viatico per la fase parlamentare, che inizierà l’anno prossimo. Il secondo è il presidente uscente Thierry Burkart, che si è assunto il rischio di far precedere la presa di posizione da un ampio dibattito interno, culminato però senza fratture e con una decisione chiara. In parte sorprendente è stata, invece, la seconda decisione, il no alla doppia maggioranza (popolo e Cantoni) quando si tratterà di sottoporre il pacchetto al giudizio delle urne. Con 231 voti contro 189 i delegati hanno avallato la linea del Consiglio federale in favore del referendum facoltativo (la decisione finale sul tipo di votazione spetterà comunque al Parlamento). Questa decisione sorprende nella misura in cui gli stessi favorevoli agli accordi, per venire incontro ai contrari, si erano detti disposti ad accettare il doppio ostacolo; ma in fondo è una conseguenza della prima, con i romandi (ben rappresentati in sala) che sono riusciti a imporre la loro visione.
L’UDC: «Pessimo inizio»
«Questa è una buona base per affrontare con slancio il processo parlamentare», ha dichiarato al «Tages-Anzeiger» il co-presidente del PS Cédric Wermuth. Mentre il capogruppo dell’UDC Thomas Aeschi non è andato per il sottile, specialmente alla luce del fatto che la nuova dirigenza liberale si sia espressa per la doppia maggioranza. «Si tratta di un massiccio voto di sfiducia e di un pessimo inizio». «Elettoralmente l’UDC ringrazia», gli ha fatto eco il collega Paolo Pamini, «ma per la Svizzera il sì all’accordo di sottomissione all’UE senza il voto a maggioranza di popolo e Cantoni è terribile».
«Esercizio riuscito, in parte»
Simone Gianini, che negli scorsi mesi si era attivato per evitare spaccature all’interno del partito, si dice da un lato sollevato «per l’unità salvata» e per la chiarezza della decisione dopo lunghe discussioni. Preoccupato dall’irrigidimento delle posizioni prima del 18 ottobre, il consigliere nazionale si era distanziato dalle due tesi «polarizzanti» del gruppo di lavoro preparatorio (di cui faceva parte), per cercare un punto d’incontro. «Da questo punto di vista l’esercizio è riuscito anche perché l’esito del dibattito interno e la volontà espressa dalla nuova presidenza hanno dato prova di tenere in considerazione le criticità evidenziate. Queste saranno recepite nella posizione del partito e nel lavoro del gruppo parlamentare, per migliorare quanto presentato dal Consiglio federale». Gianini ritiene pertanto che il confronto sia stato fruttuoso. Nel 1992, quando si votò sullo Spazio economico europeo, questo confronto interno non ci fu, e il PLR negli anni seguenti ne fece le spese perdendo molti aderenti a vantaggio dell’UDC.
Un altro vantaggio, a suo avviso, è che alla luce del voto di sabato sarà più difficile dissociarsi platealmente. In effetti, un esponente di primo piano dei contrari come il deputato bernese Christian Wasserfallen ha già detto che rispetterà il voto senza entrare in comitati contrari. «Ora mi aspetto che si lavori con più serenità, concentrando le energie sul potenziale di miglioramento che ancora c’è nell’applicazione interna di quanto negoziato con l’UE». Seppure importante, quello di sabato è stato solo un prologo. Ci saranno altre occasioni di confronto sul tema – nel giugno del 2026 si dovrebbe votare sull’iniziativa contro una Svizzera da 10 milioni di abitanti, che di fatto costituirebbe un blocco per la via bilaterale, e poi sul referendum obbligatorio per i trattati internazionali (con l’iniziativa Bussola). Su quest’ultimo punto, Gianini (favorevole alla doppia maggioranza) teme d’altro canto che il voto assembleare di sabato potrebbe avere ripercussioni. «Parte del compromesso che auspicavo passava anche dall’adozione della doppia maggioranza per il voto sui nuovi bilaterali, come peraltro richiesto dai delegati ticinesi. Il voto contrario, seppur risicato, rende il compito in Ticino un po’ più complicato». Gianini dice che in Parlamento continuerà a perorare la causa della doppia maggioranza. Riconosce, però, che se al Consiglio degli Stati i rapporti di forza sono più favorevoli, orientare diversamente il gruppo PLR al Nazionale sarà più difficile, soprattutto se – come emerso sabato – i colleghi della Svizzera romanda sono già così schierati sul sostegno ai nuovi accordi con un voto a maggioranza semplice.
La prima co-presidenza
Infine, l’assemblea ha ufficializzato (per acclamazione) il passaggio delle consegne fra Thierry Burkart e i suoi successori, la consigliera nazionale sangallese Susanne Vincenz-Stauffacher e il consigliere agli Stati glaronese Benjamin Mühlemann. È la prima volta che il PLR opta per una co-presidenza. Entrambi i nuovi dirigenti, nel discorso inaugurale, hanno posto al centro il tema della sicurezza. Spetterà a loro, adesso, gestire il dossier europeo ed evitare che si producano fratture interne.
