Il caso

Il Politecnico di Losanna accusato di contribuire al «genocidio in corso» a Gaza

Un articolo del giornale studentesco «Le Canard Huppé» ha ripescato una collaborazione del 2003 fra l'EPFL e un'azienda israeliana produttrice di armi – L'istituto: «Abbiamo agito nel rispetto delle regole»
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Red. Online
21.02.2024 19:15

Che cos'è Le Canard Huppé? Risposta breve: è un giornale, impegnato politicamente, pubblicato da Unipoly, un'associazione studentesca dell'EPFL, il Politecnico federale di Losanna, e dell'UNIL, l'Università di Losanna. Bene, dallo scorso 13 febbraio la pubblicazione ha guadagnato non pochi riflettori. Quel giorno, infatti, il giornale ha pubblicato un articolo dal titolo accusatorio: «EPFL, il mito della neutralità o come la scuola ha aiutato Israele a sviluppare armi». L'articolo, evidentemente, non è piaciuto all'istituto. Che ha chiesto, e ottenuto, un diritto di replica. 

Di per sé, Le Canard Huppé non ha pubblicato nulla di nuovo. Anzi, ha riportato alla luce – come spiega il Blick – una vicenda di cui L'Hebdo si era occupato oltre vent'anni fa, nel dicembre del 2003. All'epoca, infatti, l'EPFL era oggetto di un'inchiesta penale della Procura federale svizzera per aver venduto, citiamo, «conoscenze all'avanguardia a un'azienda israeliana di armi» denominata Rafael. Nello specifico, l'EPFL per 70 mila franchi aveva formato per tre settimane specialisti israeliani nel proprio laboratorio di ricerca. Un macchinario era pure stato inviato ad Haifa, con l'attivazione per quindici ore di una linea telefonica. Al centro di quella collaborazione, leggiamo, c'erano materiali piezoelettrici, piccoli elementi in grado di trasformare il movimento meccanico in energia elettrica. Grazie a quella collaborazione, ancora, il produttore israeliano aveva potuto depositare venti brevetti contenenti tali componenti, stando a quanto riportato da Le Canard Huppé. Di qui l'accusa mossa dal comitato editoriale: «L'Università è responsabile di aver formato ingegneri per lo Stato israeliano e il suo supporto tecnologico ha, per estensione, probabilmente contribuito al genocidio in corso». A Gaza, si intende.

Se è vero che, dal 2003, l'EPFL intrattiene buoni rapporti con esponenti importanti dello Stato Ebraico, tant'è che Shimon Peres e Isaac Herzog hanno visitato il campus nel 2011 e nel 2022, è altrettanto vero che le accuse mosse all'istituto appaiono quantomeno esagerate. Nella sua risposta, l'EPFL ha respinto «qualsiasi legame tra questa collaborazione scientifica e l'attuale drammatica situazione a Gaza, in particolare l'ipotesi che ''il suo supporto tecnologico abbia, per estensione, probabilmente contribuito al genocidio in corso''». La visita di Shimon Peres, morto nel 2016, era «legata alla firma di un accordo di collaborazione in neuroscienze tra il Centro Edmond e Lilly Safra per le Scienze del Cervello dell'Università pubblica di Gerusalemme e l'EPFL».

La Scuola politecnica, ancora, si è opposta anche a «qualsiasi azione di boicottaggio accademico» poiché «la scienza è, per sua natura, internazionale». Di più, ha condannato «fermamente qualsiasi atto che contravvenga al diritto umanitario internazionale» e incoraggiato «la sua comunità e le associazioni che ne fanno parte, come Unipoly, a evitare l'escalation politica, per contribuire a calmare la situazione e promuovere una soluzione pacifica».

Nel suo comunicato, sia quel che sia, l'EPFL ha evitato accuratamente di rispondere ad alcune domande importanti. Contattato dal Blick per ulteriori chiarimenti, tramite il suo portavoce Emmanuel Barraud l'EPFL ha negato che le armi prodotte grazie alla collaborazione con il Politecnico federale siano attualmente in uso presso l'esercito israeliano: «La collaborazione di Rafael con l'EPFL ha permesso agli ingegneri dell'epoca di acquisire competenze specifiche nel campo dei materiali piezoelettrici. Si trattava di competenze di base». Queste conoscenze, insomma, «non erano specifiche per la produzione di armi». Non solo, «la procedura di verifica condotta all'epoca dalla Procura federale svizzera si è conclusa senza alcun seguito, il che dimostra che l'EPFL ha agito nel rispetto delle regole». Tradotto: l'EPFL non si è pentito di aver rispettato il contratto.

Quanto ai possibili usi militari frutto di queste collaborazioni, l'EPFL ha spiegato che in questi casi viene attivato un processo di analisi. Per rafforzare ulteriormente il processo, l'istituto è intenzionato a istituire un comitato etico.

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