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«Il reato di assassinio non va prescritto dopo 30 anni»

Lo ha deciso oggi il Consiglio degli Stati per 34 voti a 5 – Il dossier va al Nazionale
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Ats
13.03.2025 10:54

Chiunque - ad eccezione di un minore - si macchi di assassinio, reato che implica una condanna a vita, non deve beneficiare della prescrizione, attualmente di 30 anni. Lo ha deciso oggi il Consiglio degli Stati per 34 voti a 5. Il dossier va al Nazionale.

La modifica del Codice penale fa seguito a un'iniziativa del Canton San Gallo approvata dalle Camere nel 2021. Rispetto al testo dell'iniziativa, la commissione preparatoria ha considerato solo il crimine di assassinio, e non tutti i "reati gravi" passibili di una pena detentiva "a vita".

Attualmente il diritto penale prevede l'imprescrittibilità per il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e gli atti terroristici qualificati, nonché i reati sessuali o pedopornografici commessi su bambini.

Con la sua iniziativa, San Gallo voleva abolire la prescrizione per chi ha commesso un reato grave. Nelle motivazioni dell'iniziativa, si sottolinea che i termini attuali potrebbero impedire la risoluzione di taluni casi. In particolare, i progressi delle analisi genetiche consentirebbero agli inquirenti di trovare le prove della colpevolezza di un sospetto molti anni dopo i crimini.

Riflessioni quest'ultime fatte proprie dal relatore della commissione preparatoria, Daniel Jositsch (PS/ZH), secondo cui i 30 anni di prescrizione potrebbero impedire la risoluzione di alcuni casi, oggi possibile grazie ai progressi nell'analisi del DNA che consentono agli investigatori di trovare prove a distanza di molti anni.

Il "senatore" zurighese ha anche accennato alle discussioni avute con i parenti delle vittime. Chi resta preferirebbe l'apertura di un procedimento anche a molti anni di distanza piuttosto che il caso rimanga irrisolto.

Nel suo intervento, Carlo Sommaruga (PS/ZH) ha sostenuto invece che la disposizione si applicherebbe solo agli omicidi per i quali la prescrizione non è ancora scaduta. In questi casi, il progresso scientifico ha già permesso di risolverli. In relazione ai parenti, Sommaruga teme che quest'ultimi possano rimanere delusi giacché l'imprescrittibilità non è sinonimo per forza di risoluzione di un "cold case".

Per Sommaruga, al pari del "ministro" di giustizia e polizia Beat Jans, dimostrare la colpevolezza decenni dopo un reato diventa infatti sempre più complicato e improbabile: spesso non è sufficiente una traccia di DNA per identificare l'autore; a tal fine, di regola, occorrono ulteriori prove. Inoltre un'assoluzione per insufficienza di prove in molti casi non è solo una delusione, ma può causare un ulteriore trauma a chi resta.

Per Jans, gli interessi delle vittime e dei loro congiunti sono senz'altro importanti, ma non sono l'unico aspetto determinante per la punizione dell'autore del reato. L'esercizio della prerogativa statale di punire ha soprattutto una finalità sociale: con un procedimento penale lo Stato difende l'ordinamento giuridico e mostra di non tollerare la violazione delle regole. Però questo aspetto perde importanza con il passare del tempo. Il legislatore deve ponderare attentamente questi interessi per raggiungere un equilibrio.