Il vescovo Morerod pubblica la lettera di Roma sugli abusi

«Sono stato eletto perché, vista soprattutto l’età di diversi membri della Conferenza, ero l’unico eleggibile. È vero. Avremmo potuto “postulare” un altro vescovo. Detto questo, l’elezione non è stata problematica ». Il capo della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo, Charles Morerod, replica così a chi, sulla stampa, aveva detto che la sua elezione a presidente dalla Conferenza dei vescovi svizzeri (per il triennio 2025-2027) era avvenuta per mancanza di alternative. Il prelato ha pubblicato sul sito della diocesi anche la lettera (in italiano) inviata dal Dicastero per i Vescovi della Curia romana e che lo concerne in relazione ai casi di abuso nella Chiesa. Nello scritto, dice, ci sono «sia espressioni di fiducia sia due critiche». Morerod era stato chiamato in causa dall’ex vicario generale Nicolas Betticher che lo aveva accusato di essere a conoscenza di abusi commessi da tre sacerdoti e di non averli denunciati. Lo scorso dicembre, il procuratore generale del Canton Friburgo, Fabien Gasser, aveva deciso di non entrare in materia sulle accuse a Morerod e su quelle di dissimulazione nei confronti di altri religiosi, tra i quali l’attuale amministratore apostolico della diocesi di Lugano Alain de Raemy (all’epoca vescovo ausiliare). Gli aspetti positivi menzionati nella missiva inviata a Morerod dal Vaticano riguardano «l’assenza di qualsiasi occultamento», a conferma di quanto pubblicato dal procuratore dopo aver discusso con i suoi colleghi della Svizzera francese, scrive Charles Morerod. «La lettera mi ringrazia per la mia vicinanza alle vittime».
Il vescovo aggiunge di essere «stato criticato per non aver sempre aperto un’indagine canonica: questo è vero». «Circa quattro mesi dopo essere diventato vescovo ( n.d.r. dicembre 2011), ho incontrato delle vittime che mi hanno detto di non fidarsi più delle procedure interne della Chiesa e chiedevano l’istituzione di una commissione indipendente». Per fare fronte a tale richiesta, ho aiutato queste persone «a creare la CECAR - una commissione ad hoc, n.d.r. -». «E ho tenuto conto delle loro osservazioni sulle procedure interne, deferendo la questione alla giustizia statale». «È anche in risposta alle richieste delle vittime che, da quasi 10 anni, trasmetto le denunce ai tribunali, anche se la persona interessata non vuole, per evitare altri episodi del genere », prosegue il vescovo. La seconda critica riguarda la «mancanza di discernimento» nell’assunzione dei collaboratori, in relazione al caso del vicario generale Bernard Sonney, al quale erano state rivolte accuse di abusi e che nel settembre del 2023 si era ritirato dall’incarico «per non interferire nell’inchiesta in corso».
«Dopo la mia ultima comunicazione su questo argomento, ho avuto modo di discutere il caso con il firmatario della lettera, il cardinale Robert Francis Prevost», osserva Morerod. «Sonney mi ha chiesto come poteva difendersi da un’accusa di cui non era a conoscenza in modo preciso, e come poteva essere revocata la prescrizione per qualcosa detto a un uomo maggiorenne. Seguendo le indicazioni del cardinale Prevost, ho appreso che mons. Sonney non è stato accusato di alcun reato, e che il fatto di lasciarlo in carica dipendeva dalla scelta del vescovo. Poiché non c’è alcuna giustificazione legale per una sanzione, egli continuerà il suo ministero come sacerdote, e insieme vedremo quale forma assumerà questa ripresa », afferma Morerod.
La lettera recapitatagli da Roma, inviata al termine di un’inchiesta canonica, era stata finora comunicata solo parzialmente. «Abbiamo dato una sintesi, ma il fatto che non sia stata pubblicata fa pensare a un caso di insabbiamento», ha ammesso Morerod. Inizialmente, i vescovi interessati avevano deciso di comune accordo di non divulgare il documento per non incorrere nel rischio «di dover sempre pubblicare ciò che viene da Roma».
Roma aveva emesso riprensioni canoniche nei confronti di vari prelati a causa di omissioni, errori e mancanze nel trattare le segnalazioni di abusi sessuali. Le procedure previste dal diritto canonico non erano state seguite adeguatamente. Il Vaticano aveva anche precisato che non erano emerse prove di reati punibili, insabbiamento, negligenze o errori tali da richiedere l’avvio di un procedimento penale interno alla Chiesa.