Berna

In futuro, una persona condannata alla prigione a vita dovrà trascorrere almeno 17 anni in carcere

È quanto prevede una modifica del Codice penale adottata oggi dal Consiglio nazionale per 131 voti a 64
©Chiara Zocchetti
Ats
10.09.2025 10:51

In futuro, una persona condannata alla prigione a vita dovrà trascorrere almeno 17 anni in carcere, invece di 15 come adesso, prima di poter beneficiare di una liberazione con la condizionale. È quanto prevede una modifica del Codice penale adottata oggi dal Consiglio nazionale per 131 voti a 64.

Nel corso dell'esame di questo progetto, il plenum ha poi stabilito - diversamente dagli Stati che hanno già trattato questo dossier - che le nuove disposizioni non devono valere anche per chi sta già scontando una pena detentiva a vita.

Questa mini-riforma, come è stata chiamata più volte in aula, scaturisce da una mozione adottata dal Parlamento inoltrata dal «senatore» Andrea Caroni (PLR/AR) che voleva fare chiarezza sulla prassi attuale in merito alla liberazione condizionale. Attualmente, infatti, una persona condannata alla prigione a vita può beneficiare di una liberazione con la condizionale dopo 15 anni, in caso di preavviso positivo. Lo scarto è lieve con una persona condannata a 20 anni di reclusione (liberazione dopo 13,3 anni). Per l'Appenzellese, la differenza tra i due termini dovrebbe essere aumentata, per tenere conto maggiormente delle gravità della pena.

Oggi in aula, solo la sinistra si è opposta a questo inasprimento. Per il campo rosso-verde, un incremento di due anni non avrà alcun effetto sulla sicurezza della popolazione, ma potrebbe addirittura pregiudicare la risocializzazione delle persone interessate (16 al momento) che purgano una pena a vita per crimini molto gravi. Tra l'altro, le liberazioni con la condizionale concesse per questi casi sono rarissime.

Gli altri gruppi hanno invece sostenuto questo giro di vite per motivi di sicurezza, sottolineando la necessità di lanciare un segnale alla popolazione e alle vittime di reati gravi. Per l'UDC, peraltro, questa mini-riforma non si spinge abbastanza lontano. Nei confronti di coloro che si macchiano di reati gravissimi, come l'assassinio o la violenza carnale, bisognerebbe essere ancora più severi. Una pena a vita dev'essere veramente a «vita», senza prevedere sconti.

Sebbene la maggioranza «borghese» si sia espressa per l'inasprimento, quest'ultima si è divisa su un punto rispetto agli Stati, decidendo che le nuove regole andrebbero applicate solo ai «nuovi» condannati, e non a coloro che stanno già espiando la pena. Si tratta di rispettare il principio giuridico basilare della non retroattività. Non sarebbe giusto, nemmeno nei confronti di questi condannati, cambiare le regole del gioco.

Il dossier ritorna al Consiglio degli Stati.