In Svizzera sempre più persone lasciano la Chiesa cattolica

L'anno scorso quasi 34'600 persone hanno lasciato la Chiesa cattolica in Svizzera, circa 380 in più rispetto al precedente record del 2021. Anche la Chiesa evangelica riformata ha registrato un picco di abbandoni lo scorso anno.
Alla fine del 2022, il numero di membri della Chiesa cattolica in Svizzera ammontava a circa 2,89 milioni, ha indicato l'Istituto svizzero di sociologia pastorale (SPI) in un comunicato stampa odierno, confermando una notizia del SonntagsBlick. L'SPI prevede che le partenze aumenteranno ancora quest'anno, dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi sessuali commessi all'interno della Chiesa cattolica dalla metà del XX secolo.
«La reputazione della Chiesa cattolica si è deteriorata nel corso delle ultime settimane e mesi», scrive l'SPI. «Il rapporto sulla vicenda degli abusi sessuali e la sua ricezione da parte dei media e dell'opinione pubblica hanno ampiamente minato la fiducia nella Chiesa».
I cantoni di Basilea Città, Argovia e Soletta hanno registrato il maggior numero di abbandoni nel 2022. Quelli di Ginevra, Vallese, Neuchâtel e Vaud non hanno fatto segnare praticamente nessuna uscita dalla Chiesa, poiché questi cantoni non hanno una struttura di affiliazione istituzionale legata all'obbligo di pagare l'imposta ecclesiastica, dalla quale le persone potrebbero uscire.
A differenza degli abbandoni, gli ingressi nella Chiesa hanno ristagnato a un livello basso per anni, secondo l'SPI. Nel 2022, 1080 persone hanno raggiunto la Chiesa cattolica.
La Chiesa riformata non sta meglio
Stando sempre all'SPI, non è solo la Chiesa cattolica a registrare un alto numero di partenze: 30'102 persone hanno lasciato la Chiesa evangelica riformata l'anno scorso, rispetto alle 28'540 del 2021. Alla fine del 2022, la Chiesa evangelica riformata in Svizzera contava circa 1,92 milioni di membri.
Le statistiche ecclesiastiche dell'SPI si basano in parte su indagini parrocchiali proprie e in parte su dati provenienti da terzi, in particolare dall'Ufficio federale di statistica (UST).
Rappresentati svizzeri per la decentralizzazione
I rappresentanti svizzeri hanno chiesto una decentralizzazione della Chiesa cattolica in occasione del Sinodo dei vescovi, chiusosi ieri a Roma. Per la prima volta hanno potuto votare uomini e donne «non vescovi», tra cui la delegata elvetica Helena Jeppesen-Spuhler.
Gli svizzeri che hanno partecipato al sinodo auspicano che le Chiese locali possano decidere da sole su alcune questioni, stando a un comunicato della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) diramato oggi. La CVS auspica inoltre «una maggiore partecipazione e coinvolgimento da parte di tutti, e mette in evidenza le questioni del celibato dei preti e dell'ordinazione delle donne».
La delegazione svizzera, guidata da Monsignor Felix Gmür, presidente della CVS, comprendeva anche Claire Jonard, coordinatrice del Centro romando per le vocazioni.
Il Sinodo, che si è aperto il 4 ottobre, è il culmine di una consultazione mondiale lanciata da papa Francesco nel 2021 per coinvolgere tutti i credenti in una riflessione su come rafforzare la Chiesa. Presentata come una priorità, la questione del posto delle donne ha suscitato grandi controversie.