Energia

In Svizzera si torna a parlare di nucleare

Domani parte la raccolta di firme per ripristinare la possibilità di costruire nuovi impianti atomici, oggi vietati per legge - Secondo i promotori «non se ne può fare a meno» – Ma per i fautori della Strategia 2050 è «fumo negli occhi»
©PETER KLAUNZER

Si riaccende in piena regola il confronto sul nucleare, dopo le avvisaglie degli ultimi mesi su come far fronte alla crisi energetica. Un comitato di politici borghesi e di esponenti degli ambienti economici ha deciso di lanciare un’iniziativa popolare che mira ad annullare il divieto di costruire centrali atomiche, in vigore dal 2017, quando il 58% dei votanti approvò la Strategia energetica 2050. Gli impianti esistenti possono continuare a restare in attività finché sono considerati sicuri, ma per legge non ne possono essere realizzati di nuovi. Dopo il disastro di Fukushima, nel 2011, il Consiglio federale si era pronunciato per un abbandono progressivo del nucleare. Un divieto ritenuto ingiustificato e insensato dall’associazione Club Energia Svizzera, che domani inizierà a raccogliere le firme per revocarlo: «Non possiamo fare a meno delle centrali nucleari» ha dichiarato alla SonntagsZeitung la presidente del comitato d’iniziativa Vanessa Meury, che presiede anche la sezione solettese dei giovani UDC. In concreto, si vuole iscrivere nella Costituzione il principio che per la fornitura di energia elettrica sono consentiti tutti i tipi di produzione rispettosi del clima. Nel comitato siedono rappresentanti dell’UDC (che aveva promosso il referendum contro la Strategia 2050), del PLR e anche del Centro, unitamente a varie organizzazioni.

Un fallimento

La Strategia 2050, che punta sulle rinnovabili e che si affida alle importazioni durante l’inverno, è considerata un fallimento. Le centrali nucleari, per contro, sono ritenute una fonte sicura, indispensabile per la sicurezza dell’approvvigionamento e rispettosa dell’ambiente. Per questo, ha spiegato Meury, l’iniziativa mira a rovesciare il divieto di utilizzo della tecnologia atomica. Non solo. In tempi in cui il rischio di penuria si fa sempre più serio, i promotori vogliono anche rendere la Confederazione più responsabile in materia di fornitura di energia elettrica. Berna in futuro dovrebbe partecipare alla costruzione di nuove centrali elettriche, comprese quelle nucleari. «Se dovesse essere necessario garantire l’approvvigionamento in caso di carenza di energia, la Confederazione deve essere in grado di costruire autonomamente le centrali elettriche», ha dichiarato al domenicale Marcel Dobler, consigliere nazionale (PLR/SG) e membro del comitato direttivo di economiesuisse e del comitato d’iniziativa.

Il confronto ticinese

Considerata la votazione del 2017, non è comunque troppo presto per rimettere il tema sul tavolo? «No, anche perché la Strategia energetica 2050 è evidentemente fallita», ribadisce il consigliere nazionale dell’UDC Piero Marchesi. «Ora il Consiglio federale e gli esperti della Confederazione cercano di correre ai ripari, perché così come pensata non è attuabile». Basti pensare, aggiunge il deputato malcantonese, «che la strategia prevedeva di aumentare le importazioni di energia, ma recentemente la Germania (che ha adottato una strategia simile alla nostra) ha riattivato due centrali a carbone». Insomma, «di fronte a questo fallimento, occorre tornare davanti al popolo e correggere una scelta sbagliata, presa sulla base di promesse sbagliate». Di parere diametralmente opposto, il deputato socialista Bruno Storni, il quale ricorda che, oggi come oggi, «a prescindere dal divieto nessuno vuole investire nel nucleare poiché si tratta di tecnologie costose e poco sicure». E in questo senso, invece che puntare sul nucleare «bisognerebbe investire nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica, dove c’è ampio margine di miglioramento». Senza dimenticare, chiosa Storni, «che con le rinnovabili possiamo agire subito, mentre la costruzione di una nuova centrale, a patto che qualcuno voglia veramente farlo, richiederebbe 20 anni».

Un dibattito già avviato

Non sorprende che l’iniziativa giunga ora. Negli ultimi mesi, il movimento a favore del nucleare è tornato a crescere. Un anno fa, l’UDC aveva annunciato di voler rilanciare l’energia nucleare. A febbraio, dopo un acceso dibattito interno, il PLR ha adottato una risoluzione per non chiudere la porta a questa fonte di energia. Nel frattempo, la Francia ha annunciato di voler costruire 14 centrali, mentre l’UE ha classificato gli investimenti nel nucleare come favorevoli al clima.

Un castello di carte

La reazione degli ambienti favorevoli alla Strategia 2050 non si è fatta attendere. «Non c’è bisogno di nuove centrali nucleari non finanziabili che nessuno vuole costruire», ha fatto sapere a stretto giro di posta un’alleanza interpartitica di parlamentari, firmata tra gli altri dal consigliere agli Stati Ruedi Noser (PLR/ZH), dal consigliere nazionale e presidente dell’Alleanza del Centro Gerhard Pfister (ZG), dal suo collega alla Camera del popolo e presidente dei Verdi liberali Jürg Grossen (BE) e dal capogruppo socialista Roger Nordmann (VD).

«Le nuove centrali nucleari non trovano posto nella strategia energetica», dicono. «Oggi in Svizzera non esiste sul mercato un tipo di reattore che possa essere costruito rapidamente e gestito in modo affidabile. I costi dei nuovi reattori sono così alti che non rimarrebbero soldi per lo sviluppo delle energie rinnovabili. L’iniziativa sull’energia nucleare è un castello di carte per la lobby dell’energia nucleare che non risolverà alcun problema nella realtà». Bisogna pertanto continuare con la Strategia 2050, che finora ha raggiunto tutti i suoi obiettivi. Finora questi obiettivi sono stati poco ambiziosi e si sono basati troppo sulle importazioni. Tuttavia, il potenziale delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica è lungi dall’essere esaurito.

Cortina fumogena

L’energia nucleare è un «fattore di rischio centrale», critica da parte sua la Fondazione svizzera per l’energia (SES) , secondo cui la nuova iniziativa è distruttiva e non offre soluzioni praticabili. Mentre l’Associazione Aeesuisse, l’organizzazione mantello dell’economia per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, parla di «un’inutile cortina fumogena che complica e mina gli sforzi politici per trovare soluzioni reali». Nessuna azienda è disposta a investire nella tecnologia nucleare, dice, anzi: BKW ha smantellato la centrale di Mühleberg alla fine del 2019 per motivi economici. Per non parlare, conclude AEE, dei rischi per la sicurezza e lo stoccaggio delle scorie nucleari, ancora irrisolti.

Secondo un sondaggio di Tamedia e «20 Minuten», non c’è attualmente una maggioranza per la costruzione di nuove centrali. Solo il 39% degli intervistati è favorevole.