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«Keller-Sutter avrebbe dovuto incontrare Trump in Scozia, o utilizzare metodi non convenzionali»

È l'opinione di Thomas Borer, ex diplomatico di punta della Confederazione: «Ora si brancola nel buio e bisogna tentare ogni possibilità, anche per esempio passando attraverso il presidente della Fifa Gianni Infantino»
© KEYSTONE/Jean-Christophe Bott
Ats
03.08.2025 20:17

La presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter avrebbe fatto meglio a incontrare Donald Trump in Scozia: ma ora che sono arrivati i dazi americani del 39% si tratta di reagire, magari anche con metodi non convenzionali, per esempio passando attraverso il presidente della Fifa Gianni Infantino, nonché attivando finalmente anche il consigliere federale Ignazio Cassis. È l'opinione di Thomas Borer, ex diplomatico di punta della Confederazione.

«Col senno di poi è sempre facile essere più intelligenti», afferma il 68.enne in un'intervista pubblicata oggi dal portale Watson. «All'inizio di aprile la Svizzera era tra i paesi che più si battevano per raggiungere rapidamente un accordo con gli Stati Uniti. Credevamo di essere sulla buona strada. Sarebbe stato meglio essere tra i primi stati a raggiungere un'intesa con il presidente Trump: in questo modo avrebbe potuto vendere l'accordo con la Svizzera come una vittoria. Dopo l'accordo con l'Unione Europea e il Giappone, per il presidente americano siamo diventati un evento secondario, che difficilmente poteva essere sfruttato a livello mediatico».

«Il Consiglio federale ha fatto affidamento sul fatto che negli Stati Uniti valgano le consuete prassi diplomatiche e che un accordo negoziato a livello ministeriale venga approvato dai vertici», spiega l'esperto molto noto per aver guidato fra il 1996 e il 1999 la task force «Svizzera - Seconda guerra mondiale» durante la crisi dei fondi ebraici. «Ma il presidente Trump non si considera un politico normale. Vuole sempre ottenere personalmente il meglio per il suo paese e rinegoziare. Ora dobbiamo convivere con questa realtà».

Trump - riferisce il giornalista di Watson era evidentemente di cattivo umore al momento della telefonata con la presidente della Confederazione Keller-Sutter, perché i dati sul mercato del lavoro negli USA erano molto peggiori di quanto si aspettasse, è stato sbagliato chiamarlo? «Quando non ci si conosce bene personalmente, le videoconferenze sono sempre delicate», risponde lo specialista. «Gli incontri di persona sono migliori perché consentono di percepire l'interlocutore. Sarebbe stato meglio se la nostra presidente fosse andata in Scozia alla fine di luglio, quando Trump, appassionato golfista, era di umore migliore».

«Un negoziatore esperto avrebbe chiesto durante la telefonata: 'Caro signor presidente, quali concessioni ritiene che il governo svizzero debba ancora fare?'», argomenta il consulente aziendale. «Si sarebbero potute discutere immediatamente le proposte, che ora potrebbero essere presentate al Consiglio federale. A quanto pare ciò non è avvenuto: si brancola nel buio».

«La Svizzera deve fare ulteriori concessioni agli Stati Uniti, che si orientino a quelle dell'Unione Europea», prosegue l'ex ambasciatore elvetico a Berlino (1999-2002). «Ciò significa offerte miliardarie nel settore degli armamenti, acquisti di petrolio e gas e probabilmente anche concessioni in campo agricolo. Il problema ora è che il presidente Trump non ha ancora preso una decisione definitiva. La Svizzera non può dire: abbiamo soddisfatto le richieste che lei ha avanzato durante la conversazione telefonica. Trump può chiedere ancora di più in qualsiasi momento».

«Secondo le mie informazioni, una parte della delegazione svizzera incaricata dei negoziati voleva sin dall'inizio presentare agli Stati Uniti un'offerta più generosa. Per il presidente Trump è importante includere i prodotti agricoli, poiché si sente in dovere nei confronti dei suoi elettori del Midwest. L'accordo tra gli Stati Uniti e il Giappone prevede l'esportazione di prodotti agricoli, il che può essere presentato da Trump come una vittoria».

Anche l'industria farmaceutica elvetica è sotto i riflettori, Trump chiede una forte riduzione dei prezzi dei farmaci negli Stati Uniti: Novartis e Roche dovrebbero cedere su questo punto? «Secondo le mie informazioni, il presidente Trump imporrà questa misura in tutti i casi. Se ciò è nell'interesse della Svizzera nei negoziati in corso, il Consiglio federale dovrebbe prendere in considerazione questa ulteriore concessione».

L'ex alto funzionario federale esprime anche critiche al governo di Berna. «Non capisco perché voglia riunirsi solo lunedì: avrebbe dovuto farlo domenica. Sarebbe poi stato opportuno che la segretaria di stato Helene Budliger Artieda si fosse recata a Washington per presentare al governo americano la nuova offerta della Svizzera. Infine, la Confederazione dovrebbe insistere affinché si tenga un incontro tra il presidente Trump e la presidente Keller-Sutter o il vicepresidente Guy Parmelin». Sono insomma necessari contatti a entrambi i livelli: tra i team negoziali e tra i vertici politici.

«Ora bisogna tentare ogni possibilità», insiste il giurista con dottorato conseguito all'Università di Basilea. «La questione ha la massima priorità nella politica estera e nella politica economica estera della Svizzera: mi sembra opportuno che anche il ministro degli esteri Ignazio Cassis si metta finalmente in contatto con il suo omologo americano Marco Rubio».

Che cosa dire in generale del rapporto fra i due stati? «La Svizzera considera gli Stati Uniti come una repubblica sorella, poiché nel XIX secolo erano le uniche democrazie esistenti. La storia delle relazioni bilaterali è però sempre stata caratterizzata dall'atteggiamento severo della sorella maggiore nei confronti della sorella minore».

«Nella maggior parte dei casi è così, poiché i rapporti di forza sono chiaramente a nostro sfavore: ciò non significa però che la Svizzera non difenda con le unghie e con i denti i propri interessi», chiosa il padre di tre figli. «Abbiamo ottimi negoziatori nell'amministrazione a Berna. Qualcuno ha anche proposto il presidente della Fifa Gianni Infantino: non mi sembra una cattiva idea. Con il cancelliere tedesco Friedrich Merz un simile intervento non servirebbe a nulla, ma Trump funziona in modo diverso, Infantino va d'accordo con lui. Se dicesse a Trump: 'Signor Presidente, mi dia 15 minuti' e poi portasse con sé la segretaria di stato Budliger, pronta a fare concessioni, allora 15 minuti diventerebbero rapidamente 30 o più e forse porterebbero a un risultato».

«I metodi diplomatici classici funzionano solo in misura limitata con Donald Trump: bisogna anche agire in modo non convenzionale, bisogna provare tutto», si dice convinto Borer. «Allora forse la Svizzera potrà abbassare i dazi al 15%». Non più quindi al 10% - chiede il cronista - come a quanto pare era previsto nella dichiarazione d'intenti congiunta? «Temo che ormai sia troppo tardi», conclude.

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