La Borsa di Zurigo conquista la vetta dei 10 mila punti

LUGANO - La Borsa svizzera ieri ha superato per la prima volta la soglia dei 10 mila punti. Nel corso delle contrattazioni ha toccato 10.011,39 punti, per poi ripiegare leggermente e chiudere a 9.988,55 punti.
Gli ultimi giorni sono stati molto favorevoli per la Borsa svizzera, che martedì 11 giugno aveva stabilito un nuovo record storico, con l’indice dei valori guida SMI che aveva toccato 9844,85 punti, in progressione dello 0,98% rispetto alla chiusura precedente. Il precedente valore di primato, 9786,51 punti, risaliva all’inizio di maggio.
Ma quali sono le ragioni alla base di questa forza? Quali possono essere gli scenari futuri, e anche i rischi che possono influire sull’evoluzione del listino elvetico? Lo abbiamo chiesto a due analisti della piazza finanziaria ticinese.
«Il mercato svizzero - afferma Mario Cribari, responsabile della strategia di investimento e partner di BlueStar Investment Managers di Lugano - sta sfidando ogni legge di gravità e si trova ai massimi nonostante anche questa volta si discuta della sua sopravalutazione sia assoluta sia relativa ad altri mercati».
«A favorire il listino elvetico - continua - è stata una perfetta combinazione di titoli di qualità, la percezione, seppur limitata invero alle grandi capitalizzazioni, di una maggiore difensività e stabilità oltre che la ricerca di elevati dividendi in un periodo dove i tassi di interessi, attesi in rialzo, sono invece scesi».
«Oltre a ciò - pro segue - a favorire il mercato svizzero è stato anche il premio Paese e il premio valutario viste le caratteristiche del sistema Svizzera all’interno della disastrata zona europea. Noi riteniamo che tutti questi elementi possano restare intatti. Nella migliore delle ipotesi la ripresa delle azioni europee, in un quadro macro e geopolitico migliore, potrebbe far perdere terreno relativo ma non assoluto al listino svizzero, ma comunque favorirne l’economia e le esportazioni. Nella peggiore delle ipotesi le sopra citate caratteristiche dovrebbero favorire ancora, relativamente parlando, il listino elvetico».
«Da favorire in Svizzera - precisa - sono i tre grandi Roche, Nestlé e Novartis, oltre alle piccole e medie capitalizzazioni. Non vediamo problemi per la attuale forza del franco se questo resta stabile». «Certamente - conclude - a livello più generale i rischi per i mercati sono molti, anche se nessuno in particolare legato prettamente alla Svizzera. In particolare citiamo tre rischi: quello geopolitico, che è quello meno importante e più difficilmente prevedibile, legato all’area mediorientale, quello della guerra commerciale, visto che un accordo tra USA e Cina non è affatto scontato e per lo meno rischia un nuovo rinvio, e infine il rischio economico, visto che la congiuntura globale sta mostrando segnali di debolezza. Ovviamente una correzione generale non potrebbe non avere effetti anche sul mercato svizzero pur conservando come spiegato una buona capacità di tenuta».
«La settimana scorsa - spiega dal canto suo Stefano Ambrogi, responsabile dell’Investment advisory della Julius Bär di Lugano - l’indice SMI svizzero ha fatto registrare un massimo storico, superato nuovamente oggi (ieri per chi legge, ndr). Questo buon andamento non è ristretto solo alla Borsa domestica, poiché molte piazze internazionali si sono ben comportate nel 2019. Alla base vi è una ripresa mondiale stabile, seppur non eccezionale, politiche monetarie espansive praticamente ovunque e risultati aziendali in crescita».
La validità del «modello svizzero»
«Ma la borsa di Zurigo - illustra - ha caratteristiche aggiuntive, connaturate al ‘modello svizzero’: stabilità politica, competenza ed affidabilità che fungono da sub-strato fertile per aziende con prodotti e servizi di qualità e dal giro d’affari internazionale, che travalicano di molto la dimensione nazionale: si pensi a Nestlé, Roche e Novartis, alle aziende del sistema finanziario, o del lusso/orologeria. In tale contesto istituzionale ed economico, la valuta non può che essere forte».
«Ma questo - precisa - nel medio-lungo periodo non è mai stato, ne sarà, un problema: paradossalmente, il franco forte obbliga le aziende ad essere competitive ed oculate, poiché sanno che nessun aiuto arriverà da una moneta che si svaluta, ed in molti settori rende le importazioni a buon mercato, mentre sarebbe diverso se fossero aziende manifatturiere di beni a basso valore aggiunto».
«Noi riteniamo - rileva - che la seconda metà del 2019 possa essere positiva per le Borse mondiali, e la Svizzera è annoverata tra le piazze finanziarie che più ci piacciono. Alla base di questa positiva previsione globale abbiamo l’appianarsi, almeno temporaneamente, dei contrasti tra USA e Cina, e in tal senso il G20 dei prossimi giorni fornirà importanti indicazioni, un quadro globale macroeconomico equilibrato le cui condizioni monetarie, ossia i tassi di interesse bassi o negativi per talune valute, sono di sostegno all’economia e alle aziende, e, per un investitore, rendono l’investimento azionario parte irrinunciabile, visto il suo maggior rendimento atteso».
Il listino elvetico è «difensivo»
«In aggiunta a ciò - conclude - la Borsa di Zurigo è interessante per le citate caratteristiche di stabilità del Paese, per la difensività fornita dalla composizione dell’indice e dalla valuta. Si badi: non sono tutte rose e fiori. Aleggiano svariati rischi all’orizzonte, in primis la guerra commerciale, che se sfuggisse di mano, potrebbe togliere 0,5% di crescita del PIL agli USA e 1% alla Cina, e le misure non tariffarie, o anche le ritorsioni, su aziende estere da parte delle due superpotenze».