La Conferenza ONU sui ghiacciai parla del Birch: «Un monito allarmante»

Il crollo spettacolare del ghiacciaio Birch, nella Lötschental, costituisce un allarmante monito per le popolazioni che vivono all'ombra dei ghiacciai fragili del pianeta, in particolare in Asia, secondo gli esperti riuniti a Dushanbe, in Tagikistan, per la Conferenza internazionale sui ghiacciai, organizzata sotto l'egida dell'ONU.
«Il cambiamento climatico e il suo impatto sulla criosfera avranno ripercussioni crescenti sulle società umane che vivono vicino ai ghiacciai, vicino alla criosfera, e che da essa dipendono in un modo o nell'altro», ha dichiarato Ali Neumann, consulente per la riduzione dei rischi di catastrofi presso la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC).
Sebbene il ruolo del cambiamento climatico nel caso degli eventi in Svizzera debba ancora essere scientificamente provato, esso ha un chiaro impatto sulla criosfera, la parte della Terra in cui l'acqua si trasforma in ghiaccio, ha sottolineato l'esperto elvetico durante la conferenza.
L'evacuazione preventiva dei circa 300 abitanti del villaggio di Blatten, ai piedi del ghiacciaio Birch, ha evitato una catastrofe umana, anche se una persona risulta dispersa.
«Ciò dimostra che con le giuste competenze, l'osservazione e la gestione di un'emergenza è possibile ridurre in modo significativo la portata di questo tipo di catastrofi», ha sottolineato Neumann.
Per Stefan Uhlenbrook, direttore del dipartimento Acqua e Criosfera dell'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), ciò dimostra la necessità per le regioni vulnerabili come l'Himalaya di prepararsi adeguatamente.
«Dal monitoraggio alla condivisione dei dati, dai modelli di simulazione numerica alla valutazione dei pericoli e alla loro comunicazione, l'intera catena deve essere rafforzata», ha affermato Uhlenbrook, secondo cui «in molti paesi asiatici i dati non sono sufficientemente collegati».
I geologi svizzeri utilizzano sensori e immagini satellitari per monitorare i ghiacciai. Tuttavia, nonostante l'Asia sia stata la regione più colpita da catastrofi legate al clima e ai rischi meteorologici nel 2023, molti paesi non dispongono delle risorse necessarie per fare altrettanto.
Secondo un rapporto del 2024 dell'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di disastri (UNDRR), due terzi dei paesi della regione Asia-Pacifico dispongono di sistemi di allerta precoce. Ma i paesi meno sviluppati, molti dei quali sono in prima linea nel cambiamento climatico, hanno la copertura peggiore.
«Il monitoraggio esiste, ma non è sufficiente», sottolinea il geologo Sudan Bikash Maharjan dell'International Centre for Integrated Mountain Development (ICIMOD) in Nepal. «Il nostro territorio e le nostre condizioni climatiche sono complessi, ma ci mancano anche le risorse per una raccolta intensiva di dati».
Per il geoscienziato Jakob Steiner, che lavora sull'adattamento climatico in Nepal e Bhutan, non si tratta però semplicemente di esportare le soluzioni tecnologiche svizzere. «Si tratta di catastrofi complesse; lavorare con le popolazioni locali è altrettanto importante, se non di più», sostiene.
I ghiacciai dell'Himalaya, che forniscono acqua a quasi due miliardi di persone, si stanno sciogliendo più rapidamente che mai, esponendo gli abitanti di questa regione a catastrofi imprevedibili e costose, avvertono gli scienziati.
Negli ultimi decenni sono comparsi centinaia di laghi formatisi dallo scioglimento dei ghiacci: essi possono essere devastanti quando si riversano improvvisamente nella valle. L'ammorbidimento del permafrost aumenta il rischio di frane.
Secondo Declan Magee, del Dipartimento per il cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile della Banca asiatica di sviluppo, il monitoraggio e gli allarmi preventivi non sono sufficienti. «Dobbiamo riflettere sui luoghi in cui costruiamo (...) e su come ridurre la loro vulnerabilità».
L'attivista per il clima e regista nepalese Tashi Lhazom ha descritto come il villaggio di Til, vicino a casa sua, sia stato devastato da una frana all'inizio di maggio. Le 21 famiglie che vi abitavano sono riuscite a fuggire, ma per un soffio.
«In Svizzera l'evacuazione è avvenuta giorni prima, qui abbiamo avuto solo pochi secondi». «Questa disparità mi rattrista ma mi fa anche arrabbiare. Le cose devono cambiare», ha detto.
Secondo Christophe Lambiel, esperto di geoscienze dell'Università di Losanna, l'evento verificatosi a Blatten è «assolutamente inedito nelle Alpi». Questo tipo di frana è invece abbastanza comune in catene montuose come le Ande o l'Himalaya, ha dichiarato oggi alla radio pubblica romanda La Première.