Difesa

La lotta per infoltire i ranghi di esercito e protezione civile

Dal giro di vite sulle ammissioni al servizio civile alla reintroduzione dell'esame di coscienza, fino all'obbligo di prestare servizio di sicurezza: oggi le Camere discutono una serie di proposte per rimediare al calo degli effettivi delle forze armate e della PCi
©GIAN EHRENZELLER
Giovanni Galli
18.06.2025 06:00

La questione occupa la politica ormai da molti anni. Mentre l’esercito lamenta un calo degli effettivi, un terzo delle domande di ammissione al servizio civile viene da giovani che hanno già ultimato la scuola reclute. Nel 2024, su 6.799 ammissioni (l’equivalente di una brigata), 2.294 concernevano persone che volevano smettere i panni militari; troppe per chi ritiene che il servizio civile debba tornare ad adempiere il suo scopo originario: offrire una soluzione di carattere speciale per persone che si trovano in una situazione particolare e non un’alternativa al servizio militare motivata da ragioni diverse dal conflitto di coscienza. Da un sondaggio è emerso che il 92% dei civilisti ritiene facilmente conciliabile il servizio civile con la vita privata e che il 72% vi trova un valore aggiunto per la carriera professionale. 

Obiettivo 4 mila

Sullo sfondo c’è il problema dell’alimentazione dei ranghi dell’esercito. Avanti di questo passo, entro fine decennio le forze armate non saranno più in grado di garantire l’effettivo reale di 140 mila militi. Un primo tentativo di alzare l’asticella per passare dal grigioverde al servizio civile fallì clamorosamente nel 2020. In votazione finale, il Nazionale rifiutò la riforma che in precedenza aveva approvato. Oggi ci sarà il secondo tentativo. La nuova legge, non molto diversa da quella caduta cinque anni fa, prevede sei misure: un minimo di 150 giorni di servizio civile da prestare in ogni caso; l’applicazione anche per i sottufficiali e gli ufficiali del fattore 1,5 per determinare i giorni di servizio civile ancora da prestare; escludere l’impiego dei medici, nel servizio civile, nel rispettivo settore specialistico; la non ammissione per i membri dell’esercito con zero giorni di servizio residui (si evita così che possano sottrarsi al tiro obbligatorio); l’introduzione di un obbligo d’impiego annuale a partire dall’ammissione; l’obbligo di prestare il cosiddetto «impiego di lunga durata» al più tardi nell’anno civile successivo all’ammissione se la domanda viene presentata durante la scuola reclute. Si stima che le ammissioni dovrebbero scendere dalle oltre 6.700 attuali a circa 4 mila all’anno. Si prevede, come allora, una discussione animata. Ci sono già minacce di referendum. Secondo la maggioranza commissionale, l’evoluzione degli effettivi è «drammatica» e i passaggi dal grigioverde al servizio sostitutivo comportano un notevole indebolimento dell’obbligo di prestare servizio militare. Secondo la minoranza, invece, il servizio civile è il bersaglio sbagliato: sarebbe più giusto, dice, rispondere alla sfida posta dall’apporto di effettivi all’esercito con misure volte ad aumentare l’attrattiva del servizio militare.

Ritorno al passato?

La Commissione della politica di sicurezza del Nazionale, tramite un postulato, chiede anche di valutare la reintroduzione dell’esame di coscienza come criterio di ammissione al servizio civile. Questo “test” era stato soppresso nel 2008 (allora le ammissioni erano meno di 2.000 all’anno) e sostituito dalla cosiddetta prova dell’atto. La disponibilità a prestare servizio civile per una durata significativamente superiore a quella del servizio militare è considerata una prova sufficiente del conflitto di coscienza vissuto dalla persona. La durata del servizio civile è di 1,5 volte quella del servizio militare. «La libertà di scelta tra servizio militare e civile, che oggi di fatto esiste, significherà la fine del nostro esercito di milizia a lungo termine», ha dichiarato al Tages-Anzeiger Stefan Holenstein, presidente dell’Associazione delle società militari svizzere. Secondo la minoranza, invece, una reintroduzione dell’esame non farebbe che generare costi e oneri amministrativi inutili. La libertà di coscienza è un diritto fondamentale e la prova dell’atto si è dimostrata valida. Se il Nazionale dirà di sì, il Governo dovrà indicare in un rapporto se e come la reintroduzione dell’esame di coscienza possa contribuire a ridurre il numero di persone che abbandonano l’esercito e ad assicurarne gli effettivi a lungo termine.

Fondere servizio civile e PCi

In fatto di effettivi la protezione civile non sta meglio. Una decina di anni fa era stato fissato l’obiettivo nazionale di 72 mila militi. Tuttavia, nel 2024 l’effettivo reale si attestava a soli 60 mila, con la prospettiva di scendere a circa 50 mila nel 2030. Da diversi anni si sta discutendo a Berna su un ulteriore sviluppo dell’obbligo di prestare servizio. In discussione ci sono due varianti: una denominata “obbligo di prestare servizio di sicurezza”, l’altra “Obbligo di prestare servizio orientato al fabbisogno”. La prima prevede la possibilità di prestare servizio nell’esercito oppure in una nuova organizzazione per la protezione contro le catastrofi, di competenza dei Cantoni, che riunirà il servizio civile e la protezione civile. Il Governo ha chiesto al DDPS approfondimenti entro il 2027 visti i costi dell’operazione. Il Nazionale, tuttavia, spinge per una soluzione più rapida. Nella prima settimana di sessione ha deciso che l’obbligo di prestare servizio di sicurezza, preferito dai Cantoni, venga introdotto il più rapidamente possibile. Sinistra e Verdi liberali si sono opposti al progetto, considerato uno smantellamento del servizio civile. «Resterebbero solo due ambiti in cui i civilisti sarebbero attivi: l’ambiente e le cure», ha dichiarato Patrick Hässig (PVL/ZH).

Per la comunità

Sul tavolo delle Camere c’è anche l’iniziativa «Per una Svizzera che si impegna (Iniziativa Servizio civico)», promossa da un comitato interpartitico. In marzo, il Nazionale l’aveva bocciata nettamente. Oggi tocca agli Stati esprimere un preavviso. L’iniziativa vuole dare espressione concreta all’uguaglianza di genere nel servizio comunitario. Si passerebbe così da un obbligo di servizio esclusivamente militare e maschile a un impegno di milizia per tutti. La libera scelta auspicata dall’iniziativa rischia di sottrarre effettivi alla difesa e alla protezione civile, secondo le forze « borghesi». Anche la sinistra è contraria perché imponendo ai cittadini l’adempimento di compiti a favore della collettività si svilirebbe l’impegno volontario di molte persone nei contesti più diversi e si violerebbero le disposizioni internazionali contro il lavoro forzato.